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Gran Milano

Giù dalle torri: le banche svuotano e affittano, così cambia Milano

Mariarosaria Marchesano

Spazi di lavoro sempre meno utilizzati e possibilità di riconversione degli edifici lavorativi in stabili abitabili. Una città che si evolve insieme ai lavoratori da remoto "ma ci sarebbe qualche ostacolo"

Unicredit conferma al Foglio che sta per subaffittare una delle tre torri di Piazza Gae Aulenti: 21 piani dove fino a poco fa lavorava un migliaio di persone della sede centrale della banca guidata da Andrea Orcel, che ha concentrato dipendenti e funzioni negli altri due grattacieli. Se il lavoro da remoto ha reso necessario rendere più razionale ed efficiente l’uso degli spazi, Unicredit ha fatto di necessità virtù: si è accordata con il proprietario degli immobili (il gruppo Coima) per far subentrare un nuovo affittuario (il nome è top secret). Anche la non lontana Bnp Parisbas cerca un coinquilino che possa occupare parte della “Diamond Tower” di Porta Nuova (detta anche “Panettone”) sede milanese della banca. E il gruppo Axa fa sapere di stare valutando un ulteriore ripensamento degli spazi dopo aver riunito tutti gli uffici di Milano nella “Palaxa” di corso Como. Se zona Garibaldi è in gran fermento, Citylife, altro importante centro direzionale milanese, è attenta a non far trapelare notizie di cambiamenti nonostante Generali (Torre Hadid), Allianz (Torre Isozaki) e Pwc (Torre Libeskind) facciano ampio uso dello smart working. E’ solo questione di tempo? Si vedrà. Intanto, il gruppo Cisco ha lasciato le Torri Bianche di Vimercate per affittare uno spazio molto più piccolo ma più scenografico e di rappresentanza adiacente al Museo della Scienza in Sant’Ambrogio. E’ il segnale che tra i grandi gruppi che hanno collocato la sede fuori Milano c’è chi ora medita di rientrare. E si potrebbe andare avanti con gli esempi per dire quanto i nuovi modelli organizzativi del lavoro, che da alcune aziende soprattutto della finanza e del fintech sono stati adottati stabilmente dopo la pandemia, possono cambiare l’assetto urbanistico di Milano.

 

Questo mutamento storico si inserisce in un quadro di contrazione del mercato immobiliare, e del settore uffici in particolare, cominciato a fine 2022 e proseguito nel primo trimestre di quest’anno a causa dell’aumento dei tassi di interesse e dell’indebolimento del quadro macro. Dall’ultima indagine dell’Ipi, emerge, infatti, che sul mercato milanese la capacità di assorbimento di spazi locati a uso ufficio si è ridotta del 16 per cento a gennaio-marzo 2023 rispetto allo stesso periodo del 2022. Un dato che conferma il trend in calo che si era visto nell’ultimo trimestre 2022 quando, secondo Nomisma, gli investimenti “corporate”, categoria nella quale sono compresi anche il commercio e la logistica, sono calati in città del 47 per cento rispetto allo stesso periodo del 2021. 

 

Insomma, a Milano servono meno uffici e più case, che funzionino un po’ anche come luoghi di lavoro. E allora perché non si può fare come a New York dove il sindaco, l’ex funzionario di polizia Eric Leroy Adams, ha istituito un gruppo di lavoro per riconvertire rapidamente i grattacieli semivuoti del financial district in residenze contribuendo così al ripopolamento del centro? Lo abbiamo chiesto all’assessore alla Casa, Pierfrancesco Maran, che sul Foglio di ieri suggeriva una ricetta simile a quella introdotta dal governo spagnolo di Pedro Sanchez, vale a dire un sostegno pubblico per il settore. Ma non sarebbe meno oneroso per le casse del Comune e dello Stato permettere agli operatori di riconvertire i grattacieli direzionali in residenze? “E’ un’opzione possibile per incrementare il patrimonio abitativo – risponde Maran – ma ci sarebbe qualche ostacolo da superare rappresentato non tanto dagli oneri per i cambi di destinazione d’uso, che pure dovrebbero essere pagati dai richiedenti, ma dai costi delle bonifiche che in Italia sono particolarmente stringenti per le aree degli immobili residenziali”. In pratica, se gli uffici di una torre direzionale venissero trasformati in appartamenti, il proprietario dovrebbe caricarsi l’onere di migliorare le bonifiche già eseguite sui terreni dove è stato costruito l’immobile inizialmente destinato agli uffici? “Esatto, è quello che prevedono le nostre leggi che in questa materia sono le più severe d’Europa, senza contare le difficoltà per riconvertire spazi pensati per luoghi di lavoro, penso alle finestre che non si aprono e ai bagni ciechi, in spazi abitativi”. Milano come può evolvere, quindi? “La flessibilità acquisita nel mondo del lavoro è destinata a restare – dice Mariano Corso, presidente dell’Osservatorio sullo smart working del Politecnico – I cosiddetti remote worker sono in aumento in tutto il mondo e lo dimostrano tutte le più recenti indagini. Dappertutto crescono nuovi ambienti di lavoro, come i coworking, e questo comporterà una riprogettazione degli uffici stessi con maggiore benessere e inclusività. Milano sta già assecondando le nuove tendenze grazie al suo dinamismo, ma non mi pare sia ancora nata una riflessione approfondita a livello di sistema”. E le Torri che un tempo erano il simbolo della città che lavora? “Probabilmente manterranno la destinazione terziaria, ma dovranno organizzarsi con più spazi di condivisione”.
 

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