Foto LaPresse

Sanremo 2023

Il Festival inclusivo che prevede sfilate coi tacchi e monologhetti

Salvatore Merlo

Le donne sul palco di Sanremo devono scendere le scale coi tacchi (“hai paura eh?”), devono recitare il monologhetto (“l’hai scritto da sola?”). Si fa presto a dire inclusione

Sanremo, dal nostro inviato. Giornata e serata liscissime per i papaveri della Rai a Sanremo. Ormai è finita, la sfida televisiva è stata vinta, lo share infranto, la concorrenza sbaragliata, ed è ormai tutta una discesa verso la finale. Stefano Coletta, direttore dell’Intrattenimento Rai, uno che sembra nato prima che inventassero il sorriso, miracolosamente sorride pure lui. E sorride anche l’amministratore delegato Carlo Fuortes che è tornato nella sua stanza all’hotel Nazionale, proprio accanto al Casinò dove ogni sera, se ci andasse, troverebbe i dipendenti della sua azienda che si giocano lo stipendio alle slot machine senza nemmeno togliersi dal collo quel Pass su cui si legge bene bene “Rai pubblicità”. Ma il clima è rilassato, si diceva. E l’attenzione è già a stasera. Alla finale, appunto. Per esempio: Chiara Ferragni che dovrà fare? Fa un altro monologo? E si apre così la questione donna, a Sanremo. Ebbene a Sanremo “la donna deve ruotare”. Che non è l’intercettazione di una telefonata del 2015 tra Silvio Berlusconi e Gianpaolo Tarantini. Attenzione. Lì dicevano “la patonza deve girare”.

 

Ma è piuttosto la brillante escogitazione degli autori (maschi) del Festival, di quelli che il programma lo scrivono. A Sanremo i maschi sono fissi, Gianni Morandi e Amadeus, la donna invece è mobile come in un’aria di Giuseppe Verdi. Chiara Ferragni, Paola Egonu, Francesca Fagnani, Chiara Francini. Loro non solo devono ruotare, scendere dalla scala con i tacchi (“quanto sei bella, hai avuto difficoltà a fare le scale? Hai avuto paura, eh?”) ma ciascuna di loro deve anche fare il suo monologhetto in maniera tale da consentire allo spettatore medio che si stiracchia sul divano di casa un commento che suona all’incirca così: “Vedi? Hanno invitato una donna con la testa”. Sanno persino parlare le donne. E davvero sembra quella battuta surreale di Diego Abantuono nel film “Attila”, quando lui, maschio stupido e troglodita, riceve un suggerimento intelligente dalla sua compagna che gli dice “io ho un’idea…” e lui allora le risponde: “Ah, adesso viene fuori che anche le donne hanno le idee”.

 

D’altra parte il modulo sanremese, quello del Festival “inclusivo”, per citare Coletta e Amadeus, è in realtà, e in tutta evidenza, mutuato da Miss Italia. Avete presente quando alla ragazza bellissima i maschi che fanno tutto e organizzano tutto chiedono: “Cosa pensi della guerra?”. Addirittura, sia a Paola Egonu sia a Chiara Ferragni è stato rivolto questo surreale complimento: “Brava, te lo sei scritto da sola il monologo”. Ma perché non lo fa Gianni Morandi, il monologo? E perché Amadeus non se li mette lui i tacchi e scende la scalinata di Sanremo? Ovviamente finisce che le co-conduttrici ruotanti vengono criticate praticamente per ogni cosa: per quello che hanno detto, per come lo hanno detto, per come erano vestite… Egonu in conferenza stampa si è addirittura abbandonata a un autodafé: scusatemi se sono alta, nera e così impulsiva da dire a volte cose che vengono interpretate male. Ferragni si è vittimizzata parlando alla se stessa bambina. E poi praticamente tutte, pure Chiara Francini ieri, hanno detto di essere “grate di essere state chiamate”. Ma perché? Stasera si scoprirà se Ferragni dovrà ancora una volta parlare per “dare voce alle altre”, offrendo un’idea di vittimistica debolezza femminile che in realtà sta solo nella testa di quei maschi che il Festival lo hanno scritto, pensato, prodotto e interpretato.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.