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Achille Lauro non è il primo a prendersi gioco della religione. E dunque sia

Giovanni Ricciardi

Un dio per i blasfemi. Da Alexamenos a Napoleone. Una recita, così come un graffito, magari non fatti per odio ma per noia o per moda

"Alexamenos adora il suo Dio”. Pochi sanno che la più antica raffigurazione del Crocifisso è un graffito del colle Palatino, in cui un servo dell’imperatore ironizza – verbo fin troppo gentile – sulla fede cristiana di un suo compagno, raffigurato nell’atto di sollevare il braccio in segno di venerazione verso un Gesù con una testa d’asino. Siamo verso la fine del II secolo e nel palazzo imperiale il Re dei Re entra sbeffeggiato, come del resto accadeva sul Golgota, altro colle regale, ma d’altro segno: regnum meum non est de hoc mundo. 

 
“Donne di Gerusalemme, non piangete su di me”, dice Cristo di fronte allo sconforto di chi, senza paura d’essere riconosciuto, lo accompagna nell’ultimo tratto del suo cammino terreno. “Piangete su di voi e sui vostri figli”.
Se si torna al Vangelo, sine glossa, non può scandalizzare un Achille Lauro in più o in meno. Che poi, più o meno come il compagno di Alexamenos, magari il suo graffito non lo fa per odio, ma per noia o per moda.
E dunque sia.

 

Il tempo della chiesa trionfante e a braccetto del potere è finito da tempo. Cristo entra in Gerusalemme in sella a un asino. Gli stendono tappeti, ma gli preparano il Golgota. “Perché se trattano così il legno verde, che ne sarà del legno secco?”. Lo scriveva Pasolini, poco meno di 50 anni fa: “Ma la rivoluzione del sistema d’informazioni è stata ancora più radicale e decisiva. Per mezzo della televisione, il centro ha assimilato a sé l’intero paese, che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. Ha imposto cioè i suoi modelli: che sono i modelli voluti dalla nuova industrializzazione, la quale non si accontenta più di un uomo che consuma, ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo. Un edonismo neo-laico, ciecamente dimentico di ogni valore umanistico e ciecamente estraneo alle scienze umane.  L’antecedente ideologia voluta e imposta dal potere era, come si sa, la religione: e il cattolicesimo, infatti, era formalmente l’unico fenomeno culturale che ‘omologava’ gli italiani. Ora esso è diventato concorrente di quel nuovo fenomeno culturale ‘omologatore’ che è l’edonismo di massa: e, come concorrente, il nuovo potere già da qualche anno ha cominciato a liquidarlo. Non c’è infatti niente di religioso nel modello del Giovane Uomo e della Giovane Donna proposti e imposti dalla televisione” (“Scritti corsari”, 1973).
E dunque sia.

 

Altro modello è il Battesimo di Cristo in Piero della Francesca. La stessa immagine di Sanremo: l’Uomo a torso nudo, diritto, con le mani giunte, la conchiglia o scodella sulla testa, l’acqua versata sul capo. Solo che Achille se la versa da solo, Gesù la riceve dal Battista. Che poi sarà decapitato su piatti d’argento, a premio di danze e canti, che piacquero al re, che poi se ne dispiacque, ma non voleva perdere la reputazione di fronte agli invitati. 

 
Ultimo modello: l’imperatore. Fine dell’ancien régime. La scena si svolge il 2 dicembre 1804: Napoleone a Notre Dame s’autoincorona, il Papa è lì ma è tappezzeria. Lui, il re dei re – ma con la minuscola – neppure lo guarda, anzi, nel celeberrimo dipinto di J. L. David, gli volta proprio le spalle. Oggi J. L. David è una catena di parrucchieri.

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