Cristina e Benedetta Parodi nella prima puntata della loro edizione di “Domenica In” (foto LaPresse)

Una domenica mostruosa

Andrea Minuz

Il pomeriggio davanti al paese della tv generalista. L’identità confusa della Rai, come quella del Pd

Quando”, l’ultimo romanzo di Veltroni, racconta il risveglio nell’Italia di oggi di un ex ragazzo di sinistra entrato in coma nel 1984, durante i funerali di Berlinguer. Giovanni si desta cantando L’Internazionale, “custodita nella mente da quel pomeriggio di giugno in piazza San Giovanni”, per scoprire ben presto che il mondo è andato avanti senza di lui, senza Pci e senza Berlinguer. Suggeriamo subito a Walter un reboot. Titolo: “Perché”. Giovanni cade in stato vegetativo alla metà degli anni ottanta davanti a “Domenica In” con Pippo Baudo e si risveglia trent’anni anni dopo con le sorelle Parodi. “Apre gli occhi di colpo sullo sbalordimento del nuovo, di fronte a una mutazione cui non era preparato”, prendendo qui a prestito le parole spese da Ezio Mauro recensendo il romanzo veltronico. Il nostro Giovanni resta a lungo sgomento davanti alla tv, ipnotizzato dalla sigla cantata in playback fuori sincrono, dal balletto incerto delle Parodi, da Panatta e Claudio Lippi scazzatissimi sul divano, dal sosia di Carlo Conti e l’orchestra vestita à la “Sgt. Pepper”, cercando di capire cosa sia successo, quando, come, “perché”. Si sa che la domenica televisiva è dura per tutti, per chi la vede e per chi la fa. La soglia critica si abbassa. Il pranzo di festa, la famiglia, la narcosi digestiva che scioglie gli ultimi freni inibitori e predispone al peggio. Se non si è particolarmente attratti dal calcio, dal ronzio postprandiale del Gp di Formula Uno, se non si è abbonati a “Sky cinema classics”, ecco che si sprofonda in un lungo, ferale pomeriggio “culturalmente regressivo”, come direbbe Habermas, davanti al paese della tv generalista. Nessun telecomando può salvarci dal torpore della domenica e dei suoi due programmi “monstre”: duecentoventi minuti di “Domenica In”, duecentonovanta di “Domenica Live”. Un’abbuffata “all you can eat”. Ma anche se eravamo preparati a tutto, l’improvvisa trasformazione di “Domenica In” in “Cantando, Ballando” su “Canale Italia”, tra la sagra del Cinghiale e il carnevale di Orbetello, sembra chiederci troppo. La differenza tra il garbo tè-e-pasticcini nel salotto a casa di zia e il trash “no limits” di “Domenica Live” pare sfumata. Così, a un mese dall’avvio del programma, il pubblico è emigrato dalle parti di Barbara D’Urso su Canale 5, verso una resa senza condizioni. Dietro l’inabissamento della “Domenica In” a conduzione Parodi c’è però un’allegoria profondamente politica del presente. C’entra la Rai, c’entra Mediaset, c’entrano Fazio, Giletti, Grillo e il Pd. Vediamo perché.

 

Il sogno di Cristina Parodi si infrange subito dopo la prima puntata: ascolti bassi, critiche feroci, sorpasso di Barbara D'Urso

A “Domenica In” tutto era iniziato con le migliori intenzioni. Cristina Parodi era onorata di raccogliere l’eredità del programma di punta della domenica degli italiani, entusiasta di lavorare con Claudio Lippi, raggiante all’ipotesi di una co-conduzione con la sorella Benedetta, perché “sarebbe magnifico portare tutta la mia famiglia in televisione, è il mio sogno più grande”. Il sogno più grande si infrange subito dopo la prima puntata (15 ottobre 2017). Ascolti bassi, critiche feroci, sorpasso senza precedenti di Barbara D’Urso. Si scomoda addirittura Fabrizio Del Noce, che rompe il silenzio del suo esilio dorato a Lisbona: “Sono pensionato, vivo in Portogallo, e di tanto in tanto mi sintonizzo su RaiUno. Oggi, guardando ‘Domenica In’ mi è venuto un attacco di bile”. Sostiene Del Noce che siamo di fronte a “una trasmissione senza capo, né coda, senza un filo logico, senza idee e senza conduzione”; che “se Cristina è una professionista, Benedetta non può fare tv, non dimentichiamo che ‘Domenica In’ è stata condotta da professionisti come Corrado, Baudo, Carrà. Fa male al cuore, dopo aver diretto RaiUno per tanti anni, vederla diretta così”.

  

L’evocazione del pantheon Rai tradisce una presa di posizione eccessiva. Il programma è brutto, ma Del Noce se la prende con “Domenica In” per sparare a zero su tutta RaiUno. Benedetta Parodi che “non può fare tv”, poi, di televisione ne ha fatta parecchia: da Mediaset (“Cotto e mangiato”) a La7 (“I menù di Benedetta”), a Discovery (“Bake Off Italia”), fino all’approdo nella televisione di stato. Ma forse Del Noce intende dire che il pubblico di RaiUno è quello della massaia a forma di Antonella Clerici, non dell’agile mamma-scattante alla milanese dei quattro salti in padella, versione “upper class”. Soprattutto, che la Parodi forse non è tagliata, di sicuro non abituata a tempi e modi della diretta televisiva. Domenica 29 ottobre, il programma tocca il punto più basso di share mai raggiunto nella sua storia gloriosa. Complice il tracollo serale di Fazio, sui giornali si parla di “Caporetto della Rai”. Nel frattempo, Barbara D’Urso immortala su Instagram le sue vette di ascolti in un non troppo metaforico gesto dell’ombrello verso le Parodi e RaiUno con ostensione di tette aggressive. Tiè. Anche il programma di Bebe Vio si ferma all’8 per cento di share contro il 18,5 per cento della seconda parte di “Domenica Live” (un destino segnato già dal titolo, “La vita è una figata”, di quelli che riescono a renderti subito antipatico un personaggio positivo e popolare). Si corre ai ripari togliendo Benedetta dalla conduzione e spostandola nel suo habitat naturale, i fornelli. Solo che se c’è una cosa di cui non si sente bisogno la domenica dopo pranzo è vedere altra gente che cucina. Allora, si rincorre Barbara D’Urso sul suo terreno con un’intervista a cuore aperto a Ineke Hunziker, mamma di Michelle, nonna di Aurora e suocera di Eros, per rievocare l’epoca in cui la figlia era soggiogata da una setta di “guerrieri della luce” capitanati dalla maga Berghella, autoproclamatasi “il Messia donna” (roba vecchia, già tramandata ai posteri dall’autobiografia della Hunziker, “Con la scusa dell’amore”, scritto a quattro mani con l’avvocato Giulia Bongiorno, ma certo un passo avanti rispetto alle interviste inesistenti delle prime puntate). Lunedì 6 novembre arrivano gli ultimi, disastrosi dati degli ascolti. Si evoca lo spettro della chiusura anticipata, mentre la D’Urso vola battendo ogni record. Perché?

 

"Domenica In", la vicenda Fazio e la cacciata di Giletti raccontano la stessa cosa: il vero scontro è tra Berlusconi e Grillo

Il programma, diceva Giorgio Gori ospite da Minoli, “è fatto con un certo garbo”, anche se, precisava, “bisogna lavorarci su”. C’è anche lui, va da sé, dietro l’operazione che ha portato moglie e cognata sul divano di RaiUno, liberando così quello di casa sua per tutte le domeniche a venire da qui al 2019. Tale è il contratto Parodi-Rai, con tanto di inevitabile clausola. In caso di chiusura del programma bisogna infatti trovare a entrambe un posto nel palinsesto di Viale Mazzini. In caso, suggeriamo Cristina a “Carta Bianca” al posto della Berlinguer e Benedetta che fa le torte con l’olio di palma a “Report”. Ma non ha senso pensare che la colpa del crollo del programma sia loro. La scelta del pubblico che premia “Domenica Live” non è tra le sorelle Parodi e Barbara D’Urso, ma tra due mondi e due modi diversi di ideare e fare televisione. Semplicemente, Mediaset conosce il proprio target, la Rai no. Canale 5 pensa anzitutto al pubblico, Viale Mazzini ai contratti delle star e alle elezioni. Dal 2012 ad oggi, “Domenica Live” ha messo in piedi una trasmissione che non solo si muove a ridosso del gossip delle riviste di “Cairo Editore” ma si offre come il loro vero, puro prolungamento televisivo. Stessa sintassi, stessa costruzione delle immagini, stessi personaggi. Tra il settimanale “Di Più” e una puntata di “Domenica Live” c’è lo stesso rapporto di interdipendenza che nei primissimi anni di vita del cinema legava i film tratti da fatti di cronaca e le illustrazioni sulla “Domenica del Corriere”. Uno era il prolungamento (immediato e accessibile a tutti) dell’altro. Ma soprattutto, “Domenica Live” è un mondo che evoca tutti gli altri mondi possibili Mediaset, a cominciare ovviamente dalle galassie Maria De Filippi e “Grande Fratello Vip”, cui Barbara D’Urso aggiunge new entry micidiali, come il Dottor Lemme, farmacista impostore che si fa prendere a schiaffi da Manuela Villa. Una compagnia di giro fatta di freaks, aspiranti celebrities e casi umani modellata sul Circo Barnum, che si rafforza puntata dopo puntata, stagione dopo stagione. E’ l’effetto-factory. Maria De Filippi li crea, Barbara D’Uso li spreme. Una cosa in cui Mediaset è maestra e che la Rai fa molta fatica a comprendere e capitalizzare, tranne forse nel caso delle fiction.

 

Mediaset conosce il proprio target, la Rai no. Canale 5 pensa anzitutto al pubblico, Viale Mazzini ai contratti delle star e alle elezioni

Prendiamo ad esempio due tra i tanti “casi polemici” di questo avvio di stagione. A “Domenica In” c’è stato il caso Claudio Lippi. A un certo punto, durante il numero dell’imitatore di Carlo Conti, Lippi ha mandato a quel paese non si capisce bene chi, forse un po’ tutti. Il presentatore non è contento del programma, oppure del poco spazio a sua disposizione ma insomma sono saltati i nervi. Cristina Parodi sbigottita ha chiamato al volo la pubblicità. Coda di polemiche sui giornali a seguire ma neanche tanto. Si prenda invece il caso Marco Predolin a Mediaset. Gli autori del GF Vip si sono giocati l’evergreen della bestemmia e quelli di “Domenica Live” hanno rilanciato con l’immancabile carta “omofobia”, che nel caso di Predolin significa aver ammesso di essere un po’ infastidito quando vede due uomini con la barba baciarsi per la strada, perché “questo è quello che pensano gli uomini classici, come me, di cui l’Italia è piena”. Quindi, squalifica al GF Vip prima e ospitata a “Domenica Live” poi, dove l’ex presentatore del “Gioco delle coppie” si becca pure il sermone della D’Urso: “Anche se le pensi queste cose non puoi dirle perché sei un personaggio pubblico e devi lanciare messaggi importanti perché in Italia ci sono ancora tanti omofobi”. Allora Predolin si inginocchia. Chiede scusa a tutti, a Barbara D’Urso, all’Italia, ai cattolici, ai gay e stringe la mano a Alessandro Cecchi Paone che lo perdona. L’Universo Mediaset si nutre di questo costante andirivieni tra programmi. E’ un mondo dove non si butta via niente a da una bestemmia si tirano fuori tre, quattro puntate diverse e si compatta il pubblico sul modello di una soap spalmata su più format. L’inseguimento della Rai su questo terreno è del tutto irragionevole, un po’ come il Pd che si mette a fare le piattaforme sul modello del “Rousseau” grillino. Per questo, si capisce poco l’allontanamento di Massimo Giletti, uno che con le arringhe della sua “Arena” drenava almeno nella prima parte della domenica pomeriggio il passaggio di pubblico dalla Rai a Mediaset. Per questo, si capisce poco il contratto di Fazio e l’inserimento di “Che tempo che fa” su RaiUno con un programma identico al format di RaiTre che cannibalizza tutti gli ospiti di prestigio che passano in Rai, senza neanche riuscire a scalfire lo share dell’“Isola di Pietro” su Canale 5.

 

Grande è la confusione sotto il cielo nell’epoca del “Rosatellum” e da tempo, Rai e La7 lisciano il pelo al grillismo in forme più o meno subliminali. A Viale Mazzini non mancano quelli che sperano nell’arrivo di Grillo e Di Maio per dare un giro di giostra come non se ne vedono da anni. Il tracollo di “Domenica In” va inquadrato in questa cornice incerta. Dipende dall’eccesso di fiducia, spazio e risorse concesse erroneamente a Fazio e dalla cacciata di Giletti. Ma è quest’ultimo il vero capolavoro. L’innovatore Campo Dall’Orto era stato fatto fuori anche per avere una Rai più manovrabile in vista delle elezioni ma nel frattempo, a “L’Arena”, ogni domenica pomeriggio si costruiva un’icona populista, un fustigatore dei vitalizi e giustiziere della casta. Adesso Massimo Giletti è un “personaggio scomodo”. Uno che ha rifiutato lo show del sabato sera per andare a raccontare il paese su un altro canale, un giornalista d’assalto colpito da “editto bulgaro” che approda a La7 con un programma che si intitola “Non è L’Arena”, traduzione: solo qui posso finalmente dire come stanno le cose. Il grillismo ringrazia. La Rai del Pd è riuscita nell’impresa miracolosa di trasformare Massimo Giletti in un martire, dilapidando il serbatoio di pubblico tradizionale della domenica pomeriggio e lasciando un’autostrada spianata a Barbara D’Urso, braccio anarco-trash dell’Universo Mediaset. L’identità debole, confusa e frammentata della Rai riflette così quella del Partito democratico a un passo dalle elezioni. L’affossamento di “Domenica In”, la vicenda Fazio e la cacciata di Giletti raccontano la stessa cosa: il vero scontro è tra Berlusconi e Grillo, o come spiega ancora meglio il Cav., “la sinistra ha fallito, siamo noi l’unica alternativa al M5s”. Non è detto che vada così, ma si sa che la televisione gioca sempre d’anticipo sul futuro.

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