Immagine creata da Enrico Cicchetti con Dall-E2

Informarsi con l'Intelligenza artificiale

Pietro Minto

Il fondatore di Notizie.it crede che si possa creare una formula per cui l’Ia fa i lavori ripetitivi e i talentuosi possono fare più giornalismo di qualità. Una via stretta e un caso americano

Massimiliano Squillace ha fondato Contents.com nel marzo del 2021. All’epoca, erano in pochi a parlare di intelligenze artificiali generative e “ChatGPTnon era che un accrocco di lettere senza significato. Nel giro di circa due anni la società è diventata leader nel mercato della generazione di testi sia in Italia sia in Europa, grazie a una serie di acquisizioni, come quella della francese Scribeur o del servizio di produzione di contenuti Scribox.

 
Abbiamo incontrato Squillace qualche tempo fa, quando era di ritorno dal CES di Las Vegas, la principale fiera per l’elettronica di consumo del mondo, un evento che era per la prima volta dominato da una nuova buzzword, IA, grazie al successo di ChatGPT o di DALL-E. Partiamo quindi da qui, dall’elefante nella stanza: DALL-E e ChatGPT appartengono alla stessa azienda, la statunitense OpenAI, co-fondata da Sam Altman ed Elon Musk (quest’ultimo ne è uscito nel 2018 e ha da poco fondato una nuova azienda nel campo). Nata come no profit con l’obiettivo di favorire lo sviluppo di un settore delle intelligenze artificiali “sane” e non nocive all’umanità, OpenAI si è rivelata una delle società più promettenti del decennio. Per questo Microsoft vi ha investito miliardi di dollari, incorporando i suoi prodotti in praticamente ogni software immaginabile e già oggi è possibile aprire Word (ma anche Google Docs o Notion, per dire), pigiare un bottone e lasciare che l’intelligenza artificiale faccia il suo, aiutando l’utente a scrivere o facendo tutto da sé. Negli ultimi giorni il New York Times ha inoltre rivelato l’esistenza di una trattativa tra Google e una serie di testate giornalistiche (tra cui lo stesso New York Times) per l’utilizzo di Genesis, una IA pensata per aiutare i giornalisti e le redazioni. O forse sostituirle. 

 

Contents.com propone servizi di questo tipo, come la generazione di testi per didascalie, descrizioni di prodotti ma anche copy pubblicitario e articoli o blog. L’idea alla base della società milanese è nata cinque anni fa. Squillace era reduce dalla sua ultima “exit” (la vendita di un’azienda nel campo digitale) e si stava godendo un periodo sabbatico, durante il quale progettò la sua avventura successiva, che si rivelò essere un giornale, Notizie.it, “la cui base era fatta dall’intelligenza artificiale e la punta dai giornalisti”. Per riuscirci, però, Squillace si rese conto di dover studiare. Grazie ad alcuni contatti ottenuti nel corso degli anni, riuscì a passare un mese nella redazione del Washington Post da osservatore esterno: qui studiò il lavoro della redazione, notando che “c’era ancora tantissimo lavoro di copia e incolla da comunicati stampa e agenzie. Pensavo che tutte quelle persone potessero fare inchieste, giornalismo, e in realtà stavano facendo lavori noiosi”. Macchinosi, potremmo dire. E quindi, perché non fare un giornale fatto al 99 per cento dalle macchine?

  

Lanciato nel 2017, Notizie.it è oggi uno dei siti più letti d’Italia. Visitandone la homepage, non si sente odore della ferraglia robotica: il giornale somiglia piuttosto a uno dei tanti siti di news focalizzati sulla seo (sigla che sta per Search Engine Optimization), l’insieme di pratiche da seguire per rendere gli articoli più in vista sui motori di ricerca. Cercando “notizie intelligenze artificiali” su Google, per esempio, si trovano diversi risultati, selezionati dal motore di ricerca sulla base di una lunga serie di parametri: le visite del sito, la quantità di link che lo collegano al resto della rete; ma anche l’uso di parole chiave, particolarmente premiato da Google, Bing e realtà simili; la struttura degli articoli, e così via. Se si vuole finire tra i primi risultati proposti da Google, e quindi raggiungere il pubblico più ampio possibile, è necessario giocare con la magia oscura della seo.

   

Di conseguenza, su Notizie.it non si trovano argomenti minoritari o di nicchia quanto il pedinamento zelante degli interessi del pubblico, possibilmente colti in leggero anticipo. Inizialmente l’intelligenza artificiale decideva perlopiù le notizie da coprire, analizzando l’andamento dei vari argomenti su Google e i social media. E’ una cosa che molti siti fanno da anni, anche senza l’intelligenza artificiale, controllando Google Trends per capire quali argomenti siano di particolare interesse per il pubblico. Ma è stato solo l’inizio: col tempo, spiega Squillace, “abbiamo inserito la tecnologia per il rephrasing dei comunicati stampa”, ovvero la riscrittura dagli uffici stampa e agenzie, nata osservando il Washington Post. Oggi tutto viene fatto dalla macchina “in maniera grezza”; l’umano mette “il tono, il colore, e poi rivede tutto”.

  
Questa non è la prima avventura di Squillace nel campo tecnologico. La sua prima azienda l’ha creata a vent’anni mentre era all’università (lo Iulm di Milano): dopo otto anni nel Regno Unito, è tornato in Italia, a Milano, dove vive con la famiglia. Nell’arco di quarantacinque anni, ha fondato o co-fondato una piattaforma di blogging, un sito d’annunci, un service provider, tutti venduti ad altre aziende, seguendo la trafila dei cosiddetti “imprenditori seriali” che lanciano aziende per rivenderle al miglior offerente e fare profitto. Ma anche alla serialità c’è un limite: Squillace ha infatti deciso che con Contents.com non seguirà questa strada. “Stiamo cercando di costruire un’industria vera e propria, che magari un giorno si quoterà in borsa”. All’inizio dell’anno, su LinkedIn, Squillace ha pubblicato un post in cui ha raccontato che tutti ormai gli chiedono se ha paura di ChatGPT, se il successo di OpenAI ha avuto un impatto nel business. Allegata, un’immagine nella quale si intravedono i dati relativi alle entrate di Contents.com, in crescita del 65 per cento. E il commento: “Si prega di trovare la risposta qui sotto”. Lo scorso aprile è arrivata inoltre la vittoria al SelectUSA, programma del governo statunitense pensato per attirare le migliori aziende nel paese. 

   
Per definire il lavoro di Contents.com bisogna partire proprio dalla concorrenza, i giganti statunitensi come Google, OpenAI e Ibm (ma anche Meta e Apple), che sono tutti proprietari di foundation model, “dei grandissimi contenitori di tecnologia che creano l’algoritmo di intelligenza artificiale”. Infrastrutture enormi sulle quali ci si può basare per servizi specifici. Nella maggior parte dei casi, però, a servire è un tramite, un “middle-layer”, che faccia da ponte e interfaccia tra le aziende e questi giganti. E’ questo il lavoro di Contents: “Noi stiamo verticalizzando l’IA per aziende”, spiega Squillace. Il confronto con i giganti non sembra fargli troppa paura. “Ci sentiamo dei pionieri”, dice, sapendo che molte aziende non lavoreranno direttamente con ChatGPT ma avranno bisogno di attori terzi, e che Contents può vantare un certo vantaggio competitivo rispetto agli altri: “Tutti ci giocano, con le IA. Noi ci lavoriamo”. 

 

La reale funzione di Contents.com non sembra essere la mera generazione del testo, che verrà lasciata alle imprese più grandi e ai loro modelli linguistici enormi e potentissimi: “Noi lavoriamo su quello che chiamiamo fine tuning, cioè rendere l’IA il più possibile personalizzata all’esigenza comunicative di un’azienda”. Insomma, ChatGPT ad personam, addestrata a comunicare come vuoi tu o il tuo responsabile marketing. Una macchina a cui chiedere decine di copy (testi pubblicitari) per poi magari lasciare che siano gli umani ad affinare il tono e pensare ai dettagli.

 

 Immagine creata da Enrico Cicchetti con Dall-E2
  
A proposito di umani: che ne sarà di noi? Che sia una mossa da pr o no, l’imprenditore si presenta come giornalista, avendo praticato il mestiere da giovanissimo. Viene in pace, insomma, con l’obiettivo di eliminare “il lavoro ripetitivo e noioso che nessuno vuole fare”. Ma l’inevitabile conseguenza di questo progresso è che serviranno meno persone. Una pillola amara che cerca di accompagnare con una considerazione sul talento, “che servirà sempre di più”, e su un certo tipo di lavoro giornalistico che le macchine non potranno affrontare, come i reportage, gli articoli d’inchiesta, d’opinione o di colore, che rimarrebbero materiale per firme umanoidi. “Per tutti coloro che scrivono, avere una IA in grado di velocizzare e migliorare il proprio lavoro sarà un valore in più”.

   

E’ ovvio che le ripercussioni di queste tecnologie vadano ben oltre la produzione di saggi brevi per le scuole superiori, minando alle fondamenta il nostro rapporto con la creatività, l’espressione artistica e la scrittura – e tutti quei settori economici, culturali e politici che si basano su di loro. Per non parlare delle fake news, la disinformazione e la produzione di massa di testi di dubbia qualità, sufficienti a inondare il web, con conseguenze non ancora prevedibili. Squillace in questo parla come molti altri imprenditori del settore (da Sam Altman di OpenAI in giù), ammettendo le criticità e i pericoli, ma proseguendo per la propria strada. 

    
Nel frattempo, tecnologie di questo tipo sono utilizzate in modo sperimentale da molti siti. Lo scorso gennaio CNET, importante sito di notizie tecnologiche statunitensi, ha cominciato a pubblicare post scritti dalle IA, col risultato che in una sola settimana i redattori (umani) hanno dovuto pubblicare una decina di lunghissime correzioni alla fine di altrettanti articoli, in cui la macchina aveva scritto fesserie o imprecisioni. In altri casi, la IA aveva prodotto considerazioni estremamente banali e ripetitive, perfettamente in linea con le regole della seo ma fin troppo vuote di significato per essere incluse in un articolo. Anche il gruppo G/O (che include Gizmodo, The A.V. Club e altri siti) è stata costretta a correggere molti pezzi generati dalle IA per via di errori, imprecisioni e alcune vere e proprie invenzioni. 

  
E l’Italia? Quanto manca a un “momento CNET” italiano, che porterà alla luce quale sito o editore ha cominciato, magari di nascosto, ad accompagnare la redazione umana alla macchina? E quali sconvolgimenti anche sindacali comporterà? Lo vedremo presto, probabilmente, anche perché è ormai chiaro che le IA siano qui per restare. Per aiutarci tutti. Oppure forse per renderci depressi e inutili, costretti a leggere post scritti male da una concorrenza poco umana – ma praticamente gratuita.