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intelligenza artificiale

“Genesis”, la macchina intelligente di Google che vuole aiutare i giornalisti

Pietro Minto

Velocizzare ed ottimizzare il lavoro dei redattori. È questo l'obiettivo di "Genesis", la nuova IA dell'azienda di Mountain View. Ma il difficile rapporto dalla compagnia con i media genera qualche sospetto

Google ha sviluppato dei servizi di intelligenza artificiale generativa pensati per i giornalisti, e sta già discutendo con alcuni editori per iniziare con la sperimentazione sul campo. A rivelarlo è il New York Times, che è peraltro tra i giornali ad aver avuto accesso a una demo del servizio, il cui nome in codice è “Genesis”, insieme al Washington Post e il Wall Street Journal. Nonostante il peso della notizia, Google ha messo subito le mani avanti assicurando che “molto semplicemente questi strumenti non sono pensati per, e non sono in grado di, rimpiazzare il ruolo essenziale che i giornalisti hanno nel trovare notizie, creare e controllare la fattualità dei loro articoli”.

 

In un’altra dichiarazione rilasciata al sito The Verge, Google ha presentato l’IA come un accessorio con cui velocizzare e ottimizzare il lavoro dei giornalisti e, in particolare, dei redattori. L’azienda ha anche fatto degli esempi delle attività in cui Genesis potrebbe essere utilizzata: l’IA potrebbe generare diverse opzioni per i titoli degli articoli, ad esempio, oppure riformulare gli articoli seguendo stili diversi. “Il nostro obiettivo è dare ai giornalisti la possibilità di usare queste tecnologie emergenti in modo da arricchire il loro lavoro e la loro produttività, così come stiamo rendendo disponibili questi strumenti d’assistenza a chi usa Gmail e Google Docs”. 

Il riferimento è a due dei principali servizi offerti da Google, che saranno potenziate con IA generative in grado di aiutare gli utenti a scrivere una mail o un documento più lungo. Il docente della University of Pennsylvania Ethan Mollick lo ha battezzato “The Button”, il bottone, ed è il cuore di una tecnologia che, partita da OpenAI e Google, sta arrivando anche nelle redazioni dei giornali: si tratta della possibilità, fino a ieri impensabile e oggi già realtà, di pigiare un tasto e lasciare che il software aiuti l’utente a scrivere. O scriva al  posto suo.

 

L’esistenza di Genesis e delle trattative con gli editori è un fatto di enorme rilevanza, dato anche il peso di Google, ma non è la prima volta che le IA di questo tipo vengono utilizzate per “assistere” i giornalisti: l’italiana Contents.com, per esempio, fondata a Milano nel 2021 da Massimiliano Squillace, usa una tecnologia simile per creare – insieme a una redazione di giornalisti “umani” – il sito di news Notizie.it, ed è in continua espansione. Anche Squillace ci tiene a precisare che l’obiettivo non è la rottamazione della figura del giornalista o redattore. Anzi, come ha spiegato al Foglio, l’idea di Contents.com è nata dopo una lunga visita alla redazione del Washington Post, dove notò che “c’era ancora tantissimo lavoro di copia e incolla da comunicati stampa e agenzie. Pensavo che tutte quelle persone potessero fare inchieste, giornalismo, e in realtà stavano facendo lavori noiosi”. Macchinosi, potremmo dire. E quindi perché non lasciarli alle macchine?

 

“Veniamo in pace”: tutte le aziende che stanno sviluppando software simili ci tengono a precisarlo e a lodare la meraviglia tutta umana del lavoro giornalistico che non solo non verrà rottamato dalle IA ma, anzi, permetterà a chi oggi è impegnato a scrivere articoli acchiappa-clic di uscire dalle redazioni per immergersi nell’ormai leggendario “lavoro sul campo”. Rimangono i dubbi, quanto mai legittimi, sull’impatto che tanta automazione potrà avere sul lavoro, sia in termini di occupazione che di retribuzione.

 

Infine, è difficile dimenticare che a proporre Genesis sia proprio Google, la stessa Google che lo scorso mese è stata denunciata dal gruppo editoriale Gannett per la sua posizione monopolistica sul mercato delle pubblicità online. Per non parlare del caso legato al formato Amp (Accelerated mobile pages), pensato per i dispositivi mobili: gli editori furono spinti a utilizzarlo e in cambio ricevettero una maggiore esposizione, finendo però per cedere a Google buona parte dei guadagni legati alle pubblicità all’interno di Amp. 

 

Il rapporto tra media e l’azienda non è idilliaco. Non lo è mai stato. Difficilmente le cose miglioreranno con una IA generativa per le redazioni, specie con tutti gli errori che queste tecnologie continuano a fare.

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