dentro il nuovo social

Tutte le funzionalità (e i problemi) di Threads

Francesco Stati

L’app è una estensione di Instagram, da cui trae tutti i dati. Molte le funzionalità clonate da Twitter, con qualche miglioria. Ma non ci si può cancellare con facilità

Come Twitter, ma più “bello” (e ricco di criticità). La società di Mark Zuckerberg, Meta, ha rilasciato oggi sul mercato Threads, l’app-clone del social di Elon Musk. Obiettivo: intercettare tutti quegli utenti delusi dai cambiamenti che il magnate sudafricano ha imposto a Twitter e sfruttare la grossa fase di crisi tecnica e di identità che il social con l’uccellino sta affrontando da circa un anno. Ma non solo. L’app per ora è disponibile sui mercati americano, britannico e altri, ma non nell’Unione europea per motivazioni legate alla privacy dei suoi utenti. Gli iscritti al primo giorno, stando alle stime provvisorie di Zuckerberg, sarebbero oltre 30 milioni. L’abbiamo scaricata attraverso un account Apple USA e sembra già pronta per funzionare in Europa.

Dopo l’apertura, Threads si presenta già integrata all’ecosistema social italiano: la traduzione è completa, non richiede alcuna verifica di localizzazione (al lancio, Truth, il social di Trump, necessitava di un IP degli Stati Uniti o di un cellulare con prefisso statunitense) e, soprattutto, l’app è legata a doppio filo con Instagram, da cui eredita forti elementi di layout. Dal suo social fratello, Threads dà inoltre la possibilità di importare sia le informazioni del profilo, sia la lista di following. Poco importa se questi non l’hanno (ancora) scaricata: una volta iscritti, arriverà loro una notifica con cui sapranno che richiediamo di seguirli. Il profilo può essere sia pubblico, sia privato, e la struttura è molto, molto simile a Twitter: i bottoni a disposizione sono like, commenta, “ripubblica” (vi ricorda qualcosa?) e invia tramite Direct. Quest’ultima funzione è un esempio del concetto di cross-posting e di “fediverso” che Threads reclamizza al momento dell’iscrizione: tramite questo bottone è possibile inserire il post nelle storie e nel feed di Instagram e persino twittarlo. I contenuti saranno incomparabili anche in altri social simili, come BlueSky e Mastodon, mentre il limite di caratteri è impostato su 500. Si possono caricare video (fino a cinque minuti), incorporare link e caricare foto ad alta risoluzione; inoltre, non c’è limite di scrolling, diversamente da quanto avvenuto nel recente passato su Twitter, e gli hashtag non hanno rilevanza nel piazzamento dei singoli post.

   Non mancano, però, le criticità. Il feed, quantomeno in questa fase di lancio, si presenta come fortemente algoritmico. Quasi nessuno dei post presenti nella homepage è infatti proveniente dagli account seguiti tramite il profilo che abbiamo utilizzato. Non si può neanche scegliere tra profili suggeriti e seguiti (su Instagram e Twitter c’è). Non è chiaro se questa verrà implementata in futuro, il sospetto è che l’obiettivo sia emulare lo scrolling compulsivo tipico di TikTok e Reels di Instagram. Tuttavia, uno dei punti di forza del Twitter pre-Musk era proprio la possibilità di costruirsi un feed ben calibrato, basato su interessi precisi, settorializzabile tramite liste, privo di qualsiasi interferenza decisa dal social in autonomia.

I problemi dell’app sono molteplici anche dal punto di vista del trattamento dei dati dell’utente. Ne è un esempio l’impossibilità di cancellarsi. Al momento, è permesso soltanto mettere in pausa l’account e cancellare tutti i post, ma ci si può eliminare solo se al contempo si sceglie di privarsi dell’account Instagram collegato. Del resto, il nome completo è “Threads, an Instagram app”, quindi l’integrazione è annunciata in modo esplicito, ma la condivisione poco trasparente di informazioni sensibili rischia di ritardare non poco il lancio del social nell’Ue, dove la protezione dei dati personali è da anni un caposaldo. A sbarrare la strada sono la Data Protection Commission, che già in passato aveva bloccato alcune sponsorizzazioni che incrociavano i dati di Facebook con quelli di WhatsApp, e il Digital Markets Act, che norma proprio la condivisione di dati tra le piattaforme. Secondo quanto riportato dal Guardian, Meta sarebbe in attesa di un parere della Commissione europea circa l’efficacia delle fattispecie di cui sopra, e non è detto che i tempi siano brevi.

Nonostante le tante nubi, a essere chiara come il sole è la strategia di Mark Zuckerberg: il “metodo SnapChat”. L’app con il fantasmino, infatti, è colata a picco da quando Instagram ne ha copiato la funzione di video brevi di 15 secondi con un ciclo di vita cortissimo, implementando le Stories ai post. Chissà che la stessa tattica non costringa anche Twitter a capitolare.

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