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Apple ha una nuova minaccia: i bambini

Eugenio Cau

Investitori guardinghi e preoccupati per la dipendenza da smartphone che può creare problemi alla loro salute mentale

Roma. Due grossi fondi d’investimento americani hanno inviato nel fine settimana una lettera ad Apple, la compagnia tecnologica di Cupertino di cui detengono circa 2 miliardi di dollari in azioni, perché sono convinti di aver trovato un punto debole nella strategia dell’azienda, che potrebbe provocare danni duraturi e difficili da risolvere: i bambini. Secondo il Wall Street Journal, che per primo ha dato la notizia ieri in prima pagina, il fondo Jana Partners LLC e Calstrs, che è il fondo pensionistico degli insegnanti della California, hanno scritto ad Apple, forti della loro quota di tutto rispetto nell’azienda, perché convinti che l’utilizzo dello smartphone crei dipendenza nei bambini e nei ragazzi e che questo sia una minaccia per la loro salute mentale. La lettera dei due fondi si basa sugli studi di Jean Twenge, una ricercatrice dell’Università di San Diego che qualche mese fa ha fatto molto parlare con le sue ricerche sugli effetti della tecnologia su bambini e ragazzi. Twenge, dapprima in un articolo sull’Atlantic lo scorso settembre e poi in un libro intitolato “iGen”, sostiene che la generazione nata tra il 1995 e il 2012, che non ha mai conosciuto un’epoca prima di internet, abbia subìto un cambiamento qualitativo nel proprio stile di vita e nel proprio approccio al mondo. Dipendenti dagli smartphone e non abituati alle relazioni interpersonali, intrappolati in una ricerca di attenzione digitale che sgretola la loro autostima, i ragazzini della iGen non si drogano e bevono poco, ma mostrano tassi di depressione e di suicidi mai visti prima d’oggi.

 

I due fondi d’investimento che hanno scritto ad Apple hanno collaborato con la dottoressa Twenge e sostengono che quando la società e i legislatori si accorgeranno di questa generazione “distrutta dagli smartphone” (così titolava l’articolo iniziale di Twenge sull’Atlantic) allora per Apple saranno guai. Potrebbero esserci ripercussioni serie, Apple potrebbe essere ritenuta responsabile, si rischiano multe e leggi punitive – e questo avrebbe conseguenze anche sugli investitori come Jana e Calstrs, che perderebbero denaro se Apple crollasse in Borsa.

 

In teoria, finora Apple (ma non solo: tutta la Silicon Valley) ha approfittato del fatto che gli smartphone creano dipendenza – non solo nei bambini. Più lo smartphone diventa essenziale nella vita della gente, più le persone sentono l’impulso insopprimibile di controllare le notifiche ogni dieci minuti, più diventa giustificato l’acquisto di iPhone sempre nuovi e sempre più costosi. Che la questione della dipendenza sia un po’ sfuggita di mano, però, iniziano ad accorgersene anche a Cupertino. A ottobre Jony Ive, mitologico capo del design, ha ammesso durante un’intervista che “l’utilizzo costante” dello smartphone è da evitare. La questione della iGen, però, non era ancora stata sollevata.

 

I due fondi d’investimento dicono che Apple dovrebbe agire in fretta, sviluppare programmi che consentano ai genitori di limitare l’uso degli smartphone da parte dei pargoli (ce ne sono già, ma devono essere più efficaci, dicono) e iniziare a studiare in maniera scientifica quali effetti hanno gli smartphone sulla psiche e sull’apprendimento dei ragazzi. Nel 2012 i bambini ottenevano il loro primo smartphone a 12 anni, ma già nel 2016 l’età è scesa a 10 anni – e il problema, forse, è che oggi per un bambino usare uno smartphone non ha niente a che vedere con l’apprendimento di nuove tecnologie. Come ricordato di recente sul Foglio a proposito dell’intenzione del ministero dell’Istruzione di consentire l’uso degli smartphone in aula, se proprio vogliamo avvicinare i bambini alla tecnologia, meglio insegnare loro le basi del ragionamento logico e della programmazione, e trasformare lo smartphone in una fonte non di dipendenza ma di istruzione.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.