L'allenatore del Cagliari Claudio Ranieri (foto LaPresse)

serie a

Claudio Ranieri prova a realizzare il suo ultimo capolavoro

Andrea Romano

Il Cagliari ha la terza rosa meno ricca del campionato, ma il tecnico romano la sta portando alla salvezza. E con la Juventus che lo aveva cacciato con disonore nel 2009 cerca punti per tenersi lontano dalle ultime tre posizioni

Il problema delle grandi imprese è che non sempre sono facili da riconoscere. Perché convenzionalmente vengono fatte coincidere con un successo impronosticabile o con un’affermazione scintillante. Eppure spesso le opere più mirabolanti sono quelle che riescono a impedire una disfatta annunciata, a evitare di cadere nella polvere, a dribblare un destino che sembrava ineluttabile. Ne sa qualcosa Claudio Ranieri, l’uomo entrato nella storia per la Premier League vinta nel 2016 con il Leicester City ma che ha passato tutta una carriera a trasformare l’acqua in vino in piazze che avevano scarsa dimestichezza con l’idea di trionfo. Il suo curriculum è sterminato, ma per soppesarne davvero il valore non bisogna guardare fra le pagine degli albi d’oro, quanto fra le pieghe degli almanacchi.

L’incipit della storia viene scritto a cavallo fra il 1986 e il 1987 il difensore appende gli scarpini al chiodo e infila al collo il fischietto. Il suo primo incarico è alla Vigor Lamezia. Si gioca in Interregionale. Lontano dai riflettori. Lontano dalla gloria. In tutto il campionato Ranieri perde solo una partita e guida la squadra alla promozione. Nel 1988 arriva a Cagliari. Solo che i fasti del passato sono ormai scoloriti. La Serie A manca dal 1983. E nel frattempo la squadra è sprofondata addirittura in C1. Ranieri centra due promozioni una dietro l’altra. Dalla terza serie alla massima divisione in appena due anni. Poi al primo campionato di A conquista una salvezza che vale quanto un piccolo tricolore.

È il trampolino di lancio di una carriera costellata da successi noti e imprese sottovalutate. La Coppa Italia e la Supercoppa con la Fiorentina. La Coppa di Spagna e la Supercoppa Uefa con il Valencia. Il secondo posto in Premier League con un Chelsea non ancora plastificato dall’era Abramovic. E poi ancora l’incredibile salvezza ottenuta con il Parma, lo scudetto sfiorato con la Roma, il derby vinto in rimonta sostituendo Totti e De Rossi all’intervallo, le due salvezze con una Sampdoria in difficoltà.

Ora però, a 73 anni, l’uomo di San Saba sta dando vita all’ennesimo capolavoro. Perché sta trascinando alla salvezza un Cagliari che pareva francamente impossibile da salvare. A inizio stagione il club rossoblù sembrava destinato a essere cannibalizzato dalle rivali, a sprofondare in B con qualche giornata di anticipo. Ora invece, a 6 giornate dalla fine, i rossoblù sono quattordicesimi, con un punto in meno del Lecce. Niente male per una squadra il cui capocannoniere, Nicolas Viola, non parte quasi mai titolare e non gioca neanche come centravanti.

Ma c’è un dettaglio che racconta bene i meriti di Raneri. Il Cagliari può contare infatti sulla terza rosa più povera del campionato. Sommati insieme tutti i giocatori rossoblù valgono "appena" 78,4 milioni di euro. Solo Empoli (68.6 milioni) ed Hellas Verona (68.3) hanno collettivi meno. Eppure il lavoro di Ranieri aveva rischiato di dissolversi come una bolla di sapone. A febbraio la squadra aveva vissuto un momento complicato. Sconfitta contro il Torino. Sconfitta contro il Frosinone. Sconfitta contro la Roma. Sconfitta contro la Lazio. La squadra era penultima. Serviva una scossa. Qualcuno aveva raccontato di contatti avviati fra il club e Cannavaro, Ballardini, Giampaolo, Gotti. Ranieri, si diceva, avrebbe parlato alla squadra per annunciare le dimissioni. Poi però a parlare sono stati i giocatori, che hanno convinto l’allenatore a rimanere. Il resto lo ha fatto il presidente. "Nessuno vuole questa salvezza come Ranieri e solo lui può farcela", ha detto Giulini. E da quel momento il Cagliari ha iniziato la sua piccola scalata.

Ora il tecnico cerca punti pesantissimi per la salvezza contro la Juventus, la squadra che nel 2009 lo cacciò con disonore. A Torino pretendevano lo scudetto. E per conquistarlo avevano portato (o riportato) in rosa gente come De Ceglie, Mellberg, Ekdal, Iago Falqué, Poulsen, Amauri. A fine anno la vetta era stranamente lontana, così la Juve aveva deciso di derogare allo "stile Juve". E Ranieri era stato allontanato con due giornate d’anticipo. Uno sgarbo che neanche Maifredi aveva subito. Nel corso degli anni il tecnico romano è stato chiamato in molti modi diversi. Minestraro. Difensivista. Datato. Bollito. E sempre con intento chiaramente canzonatorio. Merito anche del suo calcio essenziale e fuori dal tempo. "Io la costruzione dal basso la odio", ha detto qualche tempo fa rinfocolando una vecchia polemica. "Il peggio che può capitare a un genio è essere compreso", diceva Flaiano. Ma in fondo a Ranieri non importa essere capito. A lui basta continuare a dispensare miracoli. 

Di più su questi argomenti: