In cina

Alla mezza maratona di Pechino nessuno ha barato

La vittoria del cinese He Jie davanti a Robert Keter, Willy Mnangat e Dejene Hailu è sotto inchiesta. Ma non si può parlare di baro: il fatto che il vincitore sia stato fatto passare è così palese da essere imbarazzante

Giovanni Battistuzzi

Una delle peculiarità del barare è il mentire, o meglio il cercare di tenere nascosto il baro. Per barare, insomma, serve discrezione, fare in modo che questo non sia evidente. Vale nel gioco, vale nello sport, perché lo sport non sempre è gioco: si gioca a calcio, a basket, a freccette, non si gioca mai quando si corre oppure c’è una bicicletta in mezzo

Nelle ultime centinaia di metri della mezza maratona di Pechino è andato in scena quello che in molti hanno definito “barare”, ma che in realtà è più che altro un imbarazzante siparietto della volontà di sconfitta. 

Le immagini delle fasi finali della mezza maratona di Pechino ci hanno fatto vedere tre atleti, i keniani Robert Keter e Willy Mnangat e l'etiope Dejene Hailu, essere superati con fin troppa facilità dal cinese He Jie, il campione di casa, l’uomo che ha vinto la corsa (non certo un brocco, ma un atleta capace di entrare tra i primi venti alla maratona di Berlino). 

Cosa sia successo, perché i tre si siano fatti superare da He Jie non ci è dato saperlo. Siamo però ansiosi di capire come sono andate le cose e certi che il Beijing Sports Bureau, ossia la succursale di Pechino delll'Agenzia governativa responsabile dello sport, e l’organizzatore dell’evento, il Beijing sports competition management and international exchange center, ci concederanno l’assoluta verità. Hanno annunciato l’apertura di un’inchiesta sull’accaduto. 

Ciò che è certo, vedendo le immagini, è che non è stato un barare. Il rallentamento dei tre, il segnale di lasciar passare l’atleta cinese, è stato palese, visibile a tutti. Quindi è stato un regalo, un dono, una concessione. Ma evidente a tutti. 

Si può perdere anche per generosità, per estremo amore per il prossimo si può concedere gioia e onori a qualcun altro. E non è detto che Robert Keter, Willy Mnangat e Dejene Hailu siano talmente decubertiniani che abbiano pensato che l’importante non è vincere ma partecipare. 

Se nel privato – e, come si suol dire, off the record – si chiede a qualsiasi atleta di dire la sua della massima di Pierre de Coubertin, risponderà che è una cavolata, che ogni atleta corre con un unico obbiettivo: vincere. E chi dice il contrario mente sapendo di mentire, visto che nessuno compete per non vincere: in questo caso esistono le competizioni amatoriali, quelle senza ordine d’arrivo. Ma non lo abbiamo chiesto a Robert Keter, Willy Mnangat e Dejene Hailu, quindi ci resta quanto meno il dubbio. 

Aspettando che la giustizia sportiva cinese faccia chiarezza come ha dimostrato spesso di saper fare chiarezza (si pensi al caso della tennista Peng Shuai), ci restano solo le immagini della spossata incredulità di He Jie e della felicità molto meno spossata di Robert Keter, Willy Mnangat e Dejene Hailu. E la consapevolezza che almeno alla mezza maratona di Pechino non vincere è molto più che soddisfacente di vincere.

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