(foto EPA)

moto gp

La lezione di Vinales (e dell'Aprilia) ad Austin

Umberto Zapelloni

In Texas il motociclista spagnolo si è preso tutto: pole, sprint e gara vera e propria. In tanti non credevano più in lui, ma lui ha lavorato con la squadra per rendere facile una moto che non lo era

Ci aspettavamo un Mondiale monomarca Ducati e invece dagli Usa la MotoGp ci racconta un’altra storia italiana. Non c’è solo la Ducati che vince, ma anche l’Aprilia made in Noale di Massimo Rivola, uno che le corse aveva imparato a farle ai tempi della Ferrari dove era stato tra i primi a lavorare con Leclerc quando Charles era ancora un bambino o giù di lì. Ad Austin, in Texas, Maverick Vinales si è preso tutto: pole, sprint e gara vera e propria. Ha indossato il sui mantello da Batman (ha il logo sul casco e la maschera nel cassetto) e ha cominciato a volare recuperando posizione su posizione dopo che al via era sprofondato a metà schieramento, addirittura undicesimo. Ma la freccia nera dell’Aprilia era tanta roba che non ce n’è stata per nessuno.

 

Là davanti si sono alternati in testa Martin, baby Acosta e nonno Marquez. Quando è arrivato lui veloce come un jet, non c’è stata più gara. Marquez si è addirittura sdraiato nella sabbia poco dopo aver assaporato il ritorno in testa ad una gara. Maverick, partenza a parte, è stato perfetto nella sua gara, trasformata una corsa in salita dalla prima curva. La sua Aprilia, con la gomma media al posteriore (scelta saggia che solo Acosta ha seguito) ha vinto il duello con più di una Ducati, comprese le due ufficiali di Bagnaia e Bastianini. Andava via che era un piacere vederla (non per Gigi Dall’Igna, ovviamente). Vinales non vinceva da più di tre anni, dal Gran premio del Qatar del 2021 e con il successo texano è entrato nella storia, primo uomo a conquistare un gran premio con tre moto diverse: Suzuki, Yamaha e ora Aprilia. Dal Giappone al Made in Italy, in una ricostruzione del pilota più lunga del previsto, con tanti dubbi da cancellare strada facendo. In tanti non credevano più in lui, soprattutto lontano da Noale però. Ma alla fine lui ha lavorato con la squadra per rendere facile una moto che non lo era e ritrovare la confidenza perduta. "Non ho parole. È stato molto dura arrivare qui, abbiamo sofferto molto, la mia famiglia lo sa bene, tutto l'impegno che ci ho messo è stato premiato alla fine. Sono molto felice, voglio davvero abbracciare mia moglie e le mie ragazze che stanno soffrendo con me".

 

Maverick, il Batman con casco e tuta, che sul podio ha sfoggiato anche la maschera del supereroe, è un padre di famiglia. Un ragazzo normale che si trasforma quando sente il vento sulla visiera del casco. ”E’ la miglior gara che ho fatto nel Mondiale, insieme alla mia prima vittoria in 125 a Silverstone, quindi me la porterò nel cuore. Sono passato attraverso dei momenti difficili, nei quali potevo solo sognare una giornata così. Adesso però questo sogno lo stiamo vivendo". Nel 2021 aveva avuto anche la tentazione di mollare tutto. Non riusciva a ritrovare le prestazioni che lo avevano dipinto come l’enfant prodige delle due ruote: “In Austria nel 2021 non sapevo se fermarmi e non correre più, e ora sono in cima, tutto questo mi insegna solo una cosa, che non bisogna mai arrendersi e bisogna sempre continuare a lottare”. Una piccola lezione. Umana e tecnica. Perché chi non ha mollato mai neppure di fronte allo strapotere della Ducati, è stata l’Aprilia che ha sempre creduto che partecipare non fosse abbastanza. Il Mondiale si accende inaspettatamente. Non sarà solo un Ducati festival e soprattutto Bagnaia dovrà darsi una mossa perché ha già 30 punti da recuperare. E non sempre le grandi rimonte possono riuscire.

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