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Il calcio dice sì a Dazn e Sky ma ipoteca il suo futuro

Umberto Zapelloni

La Lega serie A ha deciso di continuare con il sistema attuale dei diritti: nessun nuovo canale in proprio, niente Mediaset. Poteva scegliere qualche milione in meno e più visibilità, invece ha scelto i soldi

 

Che il calcio italiano abbia un esagerato bisogno di soldi lo dimostra il fatto che ha già deciso di assegnare i diritti televisivi della Serie A per il quinquennio 2024-2029, periodo piuttosto lungo. Meglio portarsi avanti prima che le televisioni facciano un’altra marcia indietro in una trattativa lunga e micragnosa. Con 17 voti a favore su 20 (il Napoli di Aurelio De Laurentiis astenuto con polemica, Salernitana e Cagliari sono i voti contrari) la Lega serie A ha deciso di continuare con il sistema attuale dei diritti che prevede dieci partite trasmesse su Dazn e tre di queste (con almeno 30 big match) anche su Sky. Nessun rischio, cioè sperimentare la via di un canale televisivo proprio, nessuna apertura a Mediaset che aveva cercato di prendersi una partita in chiaro al sabato sera con un’offerta che però avrebbe ridotto l’importo e non sarebbe così arrivata ai 900 milioni garantiti da Dazn (700) e da Sky (200), più dei minimi garantiti che potrebbero portare l’incasso dei 20 club di A attorno ai 970 milioni a stagione. Il calcio italiano avrebbe potuto scegliere qualche milione in meno, e più visibilità: non lo ha fatto. Se in 17 club su 20 hanno detto sì a un contratto così lungo, un motivo (anzi 900) ci sarà. Vogliono i soldi (tanti, ma non tantissimi), subito e senza rischi imprenditoriali.

Aurelio De Laurentiis ha fatto un po’ di cinema prevedendo le peggiori sfortune: “Non voglio essere polemico, ma nella vita bisogna scegliere se essere prenditori o imprenditori... Questa è una sconfitta per il calcio italiano che con questa offerta morirà”. De Laurentiis insisteva per il canale della Lega, ma non ha trovato molti consensi, alla fine si sono sfilate anche Milan e Juventus. Il canale era una scommessa (una cosa è farsi una radio, un’altra farsi una televisione) e le offerte dei fondi che avrebbero dovuto entarre erano in busta chiusa. La maggioranza dei club non ha voluto rischiare. I soldi garantiti hanno fatto gola a tutti. Sul mercato interno ottenere di più era difficile, perché le televisioni non vogliono più farsi spremere come una volta. Sanno bene che alla fine le partite ad alta audience sono meno di 80 e svenarsi per incontri da zero virgola non è più possibile. Il calcio ha scelto di prendersi tutto subito, ma deve incominciare a riflettere sul futuro, perché nel 2030 lo stesso schema di oggi porterebbe davvero al fallimento.
 

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