Il Foglio sportivo

Juve, Paris Saint-Germain e Napoli: il Milan al primo crash test della stagione

Marco Gaetani

Per la neo capolista una settimana di esami tra Serie A e Champions League. Domenica sera la sfida Tra Pioli e Allegri

Sembra passato un secolo da uno degli ultimi frame del campionato milanista, Olivier Giroud che si getta senza paura tra i piedi di Puscas per blindare una vittoria dal peso specifico enorme. La sosta per le nazionali ha generato un buco spazio-temporale, gettando il calcio italiano nello sconforto del caso scommesse – non chiamatelo calcioscommesse o totonero, la storia fin qui appare profondamente diversa – e accantonando tutto il resto, facendo passare in secondo piano persino i timidi segnali di risveglio dell’Italia di Spalletti, che a Wembley si è scoperta a tratti convincente salvo poi rendersi conto di non avere i mezzi fisici e tecnici per competere contro l’Inghilterra. Quell’uscita di Giroud, portiere per vocazione e certo non per mestiere, ha di fatto lanciato il Milan in testa alla classifica, complice il mezzo passo falso dell’Inter contro il Bologna. Ma ora, all’orizzonte, per i rossoneri c’è una settimana complessa: Juventus, Paris Saint-Germaina, Napoli, raffica di scontri diretti da affrontare con le risorse rimaste a disposizione. Dopo tutto il fango di questi giorni, dopo la corsa ad ascoltare messaggi vocali di ogni tipo, dopo le dirette annunciate in pompa magna, in un gioco al massacro che non fa che deprimere ulteriormente gli appassionati, questo Milan-Juventus chiamato ad allietare la domenica sera, pur con qualche difetto, sarà una boccata d’ossigeno, la voglia di tornare solo a parlare di calcio giocato.

La grande classica della Serie A sarà un esame per entrambe: i rossoneri, alle prese con il primo crash test di alta classifica in campionato dopo il tracollo nel derby, viaggiano spediti pur continuando a perdere i pezzi. Se si guardasse ai due precedenti dello scorso anno, quasi non si dovrebbe scendere in campo: più o meno di questi tempi, a San Siro, il Diavolo prese a pallonate la Vecchia Signora, con Brahim Diaz che fece apparire Bonucci improvvisamente vecchissimo; nel match di ritorno, allo Stadium, a fine maggio, il Milan blindò il posto in Champions con una meraviglia aerea di Giroud. Serviranno riferimenti nuovi, però, rispetto al solito: Maignan ed Hernandez squalificati tolgono a Pioli due pilastri cruciali non solo a livello tecnico, ma anche temperamentale, l’improvviso stop di Sportiello aggiunge un problema in porta. Sarà così l’occasione di riscatto per chi è naufragato nel derby: da Thiaw, fin troppo esposto alle intemperie contro Lautaro e Thuram, a Pulisic, uno dei più ispirati in questa prima fetta di stagione ma ectoplasmatico nella stracittadina.

Quanto ad assenze non se la passa certo meglio la Juventus, alle prese, in aggiunta, con il clima da fine del mondo generato dalla turbolenza Fagioli, anche se, stando alla nota ufficiale diramata dal club bianconero, l’esplosione del caso maturata durante la sosta non è stata un fulmine a ciel sereno, alla luce dei contatti tra il club e la Procura federale. A livello tecnico è invece pesantissimo il forfait di Danilo, uomo cardine di una difesa che dovrà ripescare Rugani dal primo minuto, perdendo anche la tempra del brasiliano, uno dei pochi a sembrare sempre perfettamente centrato anche quando intorno tutto vacilla. Allegri dovrà trovare un modo efficace per arginare Leao: certamente negandogli praterie, materia storicamente affine alle strategie difensive allegriane, e chiedendo una prestazione di enorme sacrificio a McKennie, a meno di voler testare Timothy Weah sul palcoscenico prediletto di papà George, che proprio in un Milan-Juventus di metà ottobre del 1995 trovò il suo primo gol casalingo in campionato in rossonero, con una di quelle giocate che sembravano mandate avanti veloce con il videoregistratore, scambio stretto al limite dell’area e tocco di punta sull’uscita del portiere, il tutto a una velocità che non coincideva con quella degli altri protagonisti in campo. Ma Allegri non sembra uomo incline ai sentimentalismi e allora chissà che non voglia tenersi il figlio d’arte come carta da calare a partita in corso per dare respiro a un reparto offensivo sul quale pendono le spade di Damocle delle condizioni di salute di Chiesa e Vlahovic. Chi giocherà? Uno solo? Entrambi? Nessuno? L’italiano ha tentato invano di mettersi al servizio di Spalletti, il serbo non è nemmeno partito per aggregarsi alla sua Nazionale e forse anche per questo sembra quello più pronto alla battaglia. È pur vero che Allegri si ritrova con una coperta improvvisamente molto corta in mezzo al campo: per ragioni opposte ha perso per strada Pogba e Fagioli e quindi McKennie potrebbe tornare utile anche nell’originario ruolo di mezz’ala. 

I punti in classifica che dividono le due squadre sono soltanto quattro eppure il modo in cui il Milan si è rialzato dal derby ha generato una tale impressione da renderlo favorito d’obbligo per l’incrocio di San Siro, fortificato dalla vittoria di Genova, uno di quei successi che, a riguardarli a fine anno, magari con un triangolino tricolore sul cuore, diventa necessariamente un passaggio chiave del film della stagione. Le chiamano “vittorie da grande squadra”, concetto fumoso e pericoloso come la nebbia in autostrada eppure, allo stesso tempo, tremendamente concreto: non possono rappresentare la regola, ma quando si palesano come piacevole eccezione forniscono lo slancio in più che può fare la differenza. Lo sa benissimo Pioli, che costruì lo scudetto 2022 senza tralasciare 1-0 poco altisonanti nel rush finale, da quello all’Empoli firmato Kalulu a quello di Cagliari marchiato a fuoco da Bennacer. È un concetto che ha bene in mente anche Allegri, che in questi giorni di enorme confusione si è ritrovato alla porta il fantasma di un ospite che pareva superato, perché Antonio Conte, per qualche giorno accostato alla panchina del Napoli, è tornato a parlare e, alla Califano, non ha escluso il ritorno, citando sogni, speranze, pentimenti per addii passati e matrimoni che si fanno in due. Il candidato inaspettato allo scettro bianconero sa alla perfezione come infiammare un pubblico come quello juventino, tornato affamato di vittorie dopo il digiuno dell’ultimo biennio. Chissà se Allegri deciderà di riscoprirsi garibaldino per un inevitabile sentimento di emulazione o se rimarrà prudente per restare il più possibile aggrappato al treno scudetto. 

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