Foto Epa, via Ansa 

Il Foglio sportivo

Jude Bellingham, lo xenomorfo d'oro del calcio mondiale

Giuseppe Pastore

Nessuno è come l'inglese tra gli under 21. A Wembley il calcio italiano incrocia il suo talento per la terza volta nel 2023: al Napoli e alla Nazionale allora guidata da Roberto Mancini andò male

Jude Bellingham è uno xenomorfo. Proprio così: Bellingham è l’applicazione calcistica della fantasia dell’artista svizzero Hans Rüdi Giger, il creatore dell’orrendo mostro che tormentava l’equipaggio dell’astronave Nostromo nel celebre “Alien” di Ridley Scott. “Un perfetto organismo, non offuscato da coscienza, rimorsi o illusioni di moralità”. Bellingham è un calciatore liquido, dilaga a suo piacimento in tutti i brani di gioco, “difende come Carragher e attacca come Henry”, come gli hanno detto nel post-partita di Napoli-Real Madrid sulla Cbs (i cui commentatori, incidentalmente, sono proprio Carragher e Henry). In preda all’entusiasmo per la nuova scoperta, qualcuno si è già spinto ad accostarlo a Michael Jordan: il paragone suona sacrilego, ma in pochissimi hanno intercettato l’evoluzione del calcio moderno meglio di lui. Un calcio in cui i “ruoli” sono già stati soppiantati dalle “funzioni”, e dunque Bellingham non ha ruolo ma semplicemente si occupa al meglio di entrambe le fasi, difende e attacca, tampona e riparte, copre e poi segna 10 gol nelle prime 10 partite ufficiali con il Real Madrid, all’altezza di Cristiano Ronaldo che è il massimo cannoniere della storia della Casa Blanca. Un genio senza tempo come Carlo Ancelotti ci ha messo pochi giorni per prendere atto della sua eccezionalità: mentre allenatori più giovani e orgogliosi avrebbero provato a irregimentarlo, inserendolo a forza in qualche gabbia tattica, Carletto ha scatenato lo xenomorfo in una posizione indefinita, mezzala trequartista e falso nove, allargando Rodrygo e Vinicius per concedergli lo spazio vitale per i suoi inserimenti di puntualità aliena. Ovviamente non stiamo nemmeno facendo riferimento a eventuali questioni di ambientamento, né alla pressione naturalmente indotta dall’indossare colori calcisticamente sacri: lo xenomorfo non ha sentimenti, è un essere vivente perennemente a caccia. E non ha confini, laddove – per citare un altro animale strano del calcio di oggi – ne ha persino Haaland, raramente avvistato fuori dal recinto dell’area di rigore.

Martedì sera a Wembley il calcio italiano incrocia Bellingham per la terza volta nel 2023. I primi due avvistamenti si sono registrati a Napoli, a marzo e due settimane fa, con la maglia bianca dell'Inghilterra e del Real Madrid. In entrambi i casi ha fatto disastri, senza l'impeto e la furia devastatrice di uno Mbappé, ma con la leggerezza dei campioni che compiono gesti inauditi senza sforzo apparente. Pur dotato di un fisico notevolissimo (è alto 1 metro e 86), non lo fa pesare: Bellingham non è il fuoco ma l'acqua, silenziosa ma ancora più devastante. Quando arriva ottobre è tempo anche di Golden Boy, il premio ormai ventennale di Tuttosport che elegge il miglior calciatore under 21 del mondo con ottime capacità predittive (i vincitori degli ultimi tre anni sono stati Haaland, Pedri e Gavi). Scusateci lo spoiler, ma il vincitore 2023 sembra annunciato. È Jude Bellingham, che svetta in una rosa che comprende talenti assoluti come Musiala (Bayern Monaco), Hojlund (Man Utd), Xavi Simons (Lipsia), Antonio Silva (Benfica) o the next big thing Lamine Yamal, il 2007 già pienamente inserito nelle rotazioni del Barcellona e della Nazionale spagnola. Dei 25 finalisti uno solo gioca in Serie A e corrisponde all'unico nostro connazionale in lista: l'atalantino Giorgio Scalvini. Tutti eccellenti prospetti di futuri campioni, ma solo uno è in grado di dominare già oggi, oltre il rischio di burn-out, per giunta indossando due maglie pesantissime per opposti motivi: la 10 dell'Inghilterra, dove non si vince niente da più di cinquant'anni, e la 5 del Real Madrid, dove da più di cinquant'anni sei condannato a vincere.

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