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Sul green

Sentimento, orgoglio e snobberia. Il golf spiegato a chi non lo vuole capire

Giuseppe De Filippi

La Ryder cup, Roma, l’Italia e una dichiarazione d’amore. Gli spettatori sono tantissimi, le tribune sono le più grandi mai montate

La Ryder Cup romana parte con successi organizzativi e sportivi. La squadra europea (qui non c’è brexit che tenga e ci sono anche inglesi, scozzesi, nordirlandesi e gallesi) parte con un bruciante 6 a 1 dopo la prima giornata di match. Mentre tutto è andato alla perfezione nell’accoglienza e nella logistica per le decine di migliaia di tifosi presenti, molti dei quali entrati in contatto, si può immaginare per la prima volta nella loro vita, con la fermata Ponte Mammolo della metropolitana romana, da dove hanno raggiunto il campo con un buon servizio di navette. La ressa iniziale ai cancelli, alle 6 del mattino, per correre, romanamente, a li mejo posti, resterà nella storia di questa competizione, come ulteriore rafforzamento di una tradizione che fa della Ryder un evento a sé, dove, misteriosamente, i golfisti e i tifosi di golf, tirano fuori tutta la grinta e lo spirito di parte solitamente nascosti dietro al culto del fair play. Gli spettatori sono tantissimi, le tribune sono le più grandi mai montate. E nel mondo ci si avvicina al miliardo attraverso le televisioni, mentre sui social è un diluvio continuo di immagini e commenti.

 

L’Europa è partita con una serie devastante di vittorie nei match della mattina e la prima giornata si chiude con un 6 a 1, che dà un bel margine di vantaggio alla squadra guidata da Luke Donald. Ma tutto può ancora cambiare, perché in ciascuno dei due giorni successivi sono in ballo 8 punti (corrispondenti a 8 match) e gli Usa, con una serie di successi, potrebbero capovolgere il risultato. La formula è vincente e dà spazio al tifo perché, diversamente dalla grandissima parte delle gare di golf professionistico, è costruita su squadre e su match diretti. Vuol dire che ciascuna partita si gioca tra due giocatori o due coppie buca per buca. In ciascuna buca chi tira meno colpi prende un punto e ovviamente si vince se si è in vantaggio entro la diciottesima e ultima. Questo tipo di gara porta i giocatori a rischiare e a tentare colpi spettacolari. Non serve la prudenza utile nelle gare ordinarie, in cui si contano tutti i colpi delle 18 buche (o meglio delle 72 buche, perché si gioca su 4 giorni), per cui anche giocando benissimo per 17 buche si può rovinare tutto commettendo molti errori in una sola buca.

 

Meglio provare colpi rischiosi ma potenzialmente molto remunerativi, sfidando ostacoli d’acqua e boschi, e lanciarsi in traiettorie complicatissime. E il pubblico è lì per quello. E per vedere le soluzioni miracolose nel gioco corto, nei colpi di rifinitura a poca distanza dalla zona di erba perfettamente rasata che circonda la buca, che si chiama green, e che consente un rotolamento della palla come su una tavola da biliardo. I colpi da piccole distanze, entro i 100 metri, sono decisivi e insieme molto spettacolari. I 24 migliori giocatori europei e americani sono in grado di imbucarne direttamente un numero statisticamente rilevante. Mentre sono nella storia della Ryder i colpi ravvicinati da posizioni impossibili (regola fondamentale del golf: la palla si gioca come si trova e nulla può essere modificato dell’ambiente circostante, esclusa la possibilità di rimuovere foglie o rami secchi e staccati dal tronco) realizzati con miracolosa precisione. Intorno al green vale ancora di più la regola per cui nel match diretto o la va o la spacca e i grandi giocatori si esaltano nella difficoltà (terreno sconnesso, pendenze paurose, erba alta) e tirano fuori colpi meravigliosi.

 

Ma esaltano i tifosi anche con le bombe dal tee, cioè dal punto di partenza di ogni buca, in cui, la gran parte delle volte, serve molta potenza. E chi gioca la Ryder è in grado di tirare il primo colpo, per il quale si utilizza il bastone con testa più grande e faccia quasi perpendicolare al terreno, a 320 metri di distanza e oltre. Il pubblico sciama, fatica, sta sotto il sole romano a cercare spazi con un po’ di visuale. E, chi può, stacca un po’ solo per andare a… giocare a golf in qualcuno dei campi romani (in questi giorni stanno facendo il pienone di giocatori occasionali). Per gli sponsor uno dei punti di forza del golf è che i tifosi sono anche, in grandissima parte, giocatori. E consumatori di palline (il singolo oggetto sportivo più prodotto al mondo), guanti, bastoni, scarpe. Vorranno provare anche il Marco Simone, a gara finita. Molti di loro torneranno a Roma. Ponte Mammolo li aspetta

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