(foto EPA)

Negli Stati Uniti

Il punto in cui Djokovic ha dimostrato di essere il più forte di sempre

Luca Roberto

Il serbo batte Medvedev agli Us Open e vince il 24esimo titolo dello slam. Da oggi torna numero uno al mondo. Il confronto con i grandi della racchetta e una domanda: quanti major ancora potrà vincere?

Adesso di Novak Djokovic i più scriveranno che è il più grande tennista di sempre. Eppure forse per averne una conferma definitiva non serviva affatto il 24esimo titolo dello slam, che eguaglia Margaret Court. E nemmeno stabilire se sia vero o falso. Perché quel che impressiona davvero del serbo non è tanto il nuovo record, quasi impossibile da raggiungere considerato che il più vicino a lui per titoli di major, ovvero Rafa Nadal, è oramai avviato alla conclusione della propria carriera. Quanto la certezza che questo campione di 36 anni, di tornei potrà continuare ad accumularne quanti ne vuole, vista la forma fisica e mentale e agonistica che ha mostrato a Flushing Meadows. Emersa soprattutto da un punto, da uno scambio durante il secondo set, che resterà nella storia di questo torneo (e di questo sport).

Di fronte, in questa 36esima finale del suo palmares tra i quattro tornei più importanti, aveva l'uomo che ne aveva stoppato i sogni di Grande slam, solo due anni fa, sempre agli Us Open. Danil Medvedev era reduce da una semifinale in cui era riuscito a imbrigliare il tennis senza difetti di Carlos Alcaraz. Lo aveva colpito con i suoi lancinanti rovesci lungolinea. Ne aveva mostrato l'impreparazione a mantenere scambi protratti per l'intero arco della partita a velocità di palla non umane. Insomma, c'erano tutti gli elementi perché il russo potesse confermare l'unico slam che ha in bacheca. Col sovrappiù di ricordare a Djokovic quanto era stato male dopo la sfida del 2021, lui che aveva lasciato il campo in lacrime e poi a New York non aveva potuto fare ritorno l'anno appresso (a causa della nota mancata vaccinazione).

 

Peccato che queste considerazioni si siano disciolte con una velocità quasi imbarazzante, per lo strapotere con cui il nuovo numero uno al mondo (da oggi) ha dimostrato di non voler in alcun modo contemplare la sconfitta. Così a suon di serve and volley, di rovesci martellanti, di una forma fisica smagliante che fa sembrare la carta d'identità un orpello dimenticabile, ha schiacciato l'avversario sin dal primo quindici. La partita, ovvio, l'ha vinta nel secondo set. Perché Djokovic, che sin dall'inizio del torneo al servizio è sembrato più ingiocabile che mai, a un certo punto ha dovuto resistere alla crescita del russo. E' finito a dover fronteggiare pure una delle rare palle break. Ed è in quei frangenti che s'è visto di che pasta è fatto uno che s'apprestava ad alzare per la ventiquattresima volta un trofeo di questa caratura.

Sul 4-3 per Medvedev e servizio Djokovic, sul vantaggio per il giocatore nato a Mosca, Nole ha scelto di seguire a rete una prima di servizio esterna. Solo che Medvedev gli rispondeva con un rovescio violentissimo, bassissimo. Qualsiasi altro giocatore avrebbe capitolato. Avrebbe perso il servizio e con ogni probabilità il set. E invece cosa è stato capace di fare Djokovic? Di rispondere con una demi volee che si è spenta nei pressi della rete, dalla parte di campo avversario. Con Medvedev che poteva solo rincorrere guardando in cagnesco e sperando che non fosse vero. Lo era. Da lì il livello di tennis ultraterreno è proseguito fino al tie-break, quando Djokovic è stato capace di recuperare da 3-1 sotto e andare al terzo in vantaggio di due set.

Per la prima volta da quando gioca queste partite, Djokovic ha pure avuto dalla sua il pubblico (nel suo box c'era anche una parte dello star system con l'attore Matthew McConaughey). Complice anche l'indisposizione nei confronti di Medvedev, più per il fatto di essere uno che polemizza con gli spalti che non per la nazionalità russa. Alla fine, dopo aver stretto la mano all'avversario, dopo le lacrime spontanee, in fase di discorso e ringraziamenti, ha indossato una maglia dedidata a Kobe Bryant, "Mi ha aiutato in momenti di difficoltà. Con la sua scomparsa ho perso un punto di riferimento. Per questo mi ero ripromesso che qualora avessi raggiunto questo traguardo lo avrei celebrato così", ha voluto confessare al pubblico americano. Che in quel momento era in visibilio per aver osservato con i propri occhi forse il più grande giocatore della storia del tennis. La cui carriera non è ancora finita. Tutt'altro. 

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