La presentazione di Mancin come nuovo allenatore dell'Arabia Saudita (Ansa)

In difesa dell'ex ct

Il finale poteva essere scritto in modo diverso ma la gogna contro Mancini è ridicola

Umberto Zapelloni

Indignarsi perché l'allenatore ha accettato una montagna di dollari per andare in Arabia Saudita è scontato e anche sbagliato. Una volta le proposte indecenti le faceva Berlusconi, oggi le fanno gli sceicchi. Troppo facile fare i moralisti con il portafoglio degli altri

Indignarsi perché Roberto Mancini ha accettato una montagna di dollari per andare ad allenare l’Arabia Saudita è troppo facile e scontato e anche sbagliato. L’universo pallonaro, soprattutto quello dello sport contemporaneo, è pieno di proposte indecenti. Una volta le faceva Berlusconi, adesso le fanno gli sceicchi. Trent’anni dopo Robert Redford e Demi Moore il mondo non è cambiato. C’è sempre qualcuno disposto a fare proposte folli e non sempre (o non solo) per amore.

Roberto Mancini non ha sbagliato ad accettare l’offerta araba, così come non hanno sbagliato Ronaldo, Neymar e compagnia. Troppo facile fare i moralisti con il portafoglio degli altri. Certo, avrebbe potuto trovare un modo per uscirne meglio. Certo, avrebbe potuto gestire in modo non rocambolesco questo cambio di vita. Certo, il patinato video annuncio in cui racconta “ho fatto la storia in Europa, adesso è tempo di fare la storia con l’Arabia Saudita” non passerà alla storia come un esempio di originalità e intelligenza tattica. Ma Roberto Mancini aveva tutti i diritti di alzarsi dalla panchina della Nazionale per andare a sedersi da un’altra parte. Non lo ha fatto quando ha mancato la qualificazione al Mondiale, non lo ha fatto quando ha ricevuto un’offerta sontuosa dal Paris Saint-Germain. Lo ha fatto quando gli è arrivata un’offerta che renderà ricchi anche i nipoti dei suoi figli. L’Arabia non ha il fascino del Brasile che ha attirato Ancelotti, non ha la storia dell’Inghilterra che convinse Capello. Ha più il sapore della Cina che rese miliardario Lippi o della Russia che poi si prese Capello.

Non può essere una scelta di vita, il sogno che il bambino Mancini aveva sempre avuto.  Si può anche raccontare che la colpa è tutta dell’altro, di Gravina e dei suoi modi dittatoriali, in questo caso. Ma se poi si corre subito a Riad a firmare un contratto da sceicco è come cambiare il finale di “Via col vento”, fermandosi a quando Rhett Butler risponde a Rossella O’Hara che gli chiede che ne sarà di me con “francamente me ne infischio”.  Da un pezzo non esiste più il calcio delle bandiere (e non c’è da farne un dramma: senza bandiere il Napoli ha vinto lo scudetto). A lasciare  l’amaro in bocca, se così si può dire, sono i modi che ci hanno portato a questo finale. Il bravo ragazzo che racconta di non essersi più sentito amato in azzurro, che accusa la Federazione di avergli rimodellato lo staff e messo sul contratto una clausola che lo avrebbe punito in caso di mancata qualificazione all’Europeo. Sceneggiate. Ma niente di drammatico. La Nazionale italiana, se  Gravina riuscirà a non perdere anche questo Ct, avrà un tecnico motivato, come Luciano Spalletti, e se Mancini farà bene in Arabia oltre che guadagnarsi il suo  stipendio potrebbe aiutare persino rafforzare la presenza italiana a Riad. Open to Mancio. Open to money. Open to ottimismo. Open to meraviglia.

 

Di più su questi argomenti: