(foto Ansa)

senza eccessi

Un Sinner così "poco italiano". Vince a Toronto ma pensa già a migliorarsi

Luca Roberto

L'altoatesino conquista il primo 1000 della sua carriera. Eppure si proietta già sui prossimi tornei: "Anche a Cincinnati avrò delle occasioni". Il successo atteso a lungo e l'incapacità antropologica di crogiolarsi nella vittoria

Stanis di Boris direbbe di Jannik Sinner che è così “poco italiano”. E forse è questa la ragione principale per cui sponsor, tifosi, paese reale, grande stampa, da poco accortisi di tennis, son lì che seguono con apprensione le sue gesta a ogni latitudine terracquea. Domenica sera, dopo aver dominato un torneo in cui non ha dovuto affrontare neppure un top ten, dove ha messo in campo una percentuale di prime palle molto scostante, l’altoatesino si è avvicinato alla rete con fare quasi mesto, benché gli si fosse disegnato sul volto un microsorriso. Sapeva, il nuovo numero 6 al mondo della racchetta, che più di quattro anni sul circuito insegnano a provare su se stessi la frase attribuita ad Andre Agassi secondo cui “una vittoria non è così piacevole quanto è dolorosa una sconfitta”. E allora dopo aver raggiunto il suo team in tribuna, dopo un abbraccio quasi frigido con il suo allenatore Darren Cahill, e dopo essere stato chiamato al centro del campo in qualità di nuovo campione del Master 1000 di Toronto, faceva quasi strano vederlo dire: “Ora si riprende a lavorare, devo migliorarmi”. Pensate solo un attimo al nostro calcio: c’è qualcuno che lo abbia detto dopo la vittoria degli Europei? Guardate che fine abbiamo fatto

 

Del resto, come abbiamo imparato sin da quando lo abbiamo visto solcare la provincia del circuito Atp, non è solo questione di carattere, quanto piuttosto di forma mentis. Jannik Sinner s’è dato un obiettivo a lungo termine: vincere. In più occasioni c'è andato più o meno vicino. Ed è sembrato essere passato un sacco di tempo, anche se non è così, anche se Sinner ha solo 22 anni. Prima di Toronto era andato in finale due volte in un Master 1000 e aveva sempre perso. A inizio anno aveva vinto a Montpellier, poi ha fatto semifinale a Wimbledon, era la sua migliore stagione, ma lo è diventata ancor di più forse anche grazie a un tabellone favorevole. Eppure poco importa. Perché come ha ribadito lui stesso in conferenza stampa, “il giorno del mio compleanno”, e cioè  domani, “ho l’obiettivo di essere di nuovo in campo. A Cincinnati c’è un’altra opportunità”.

 

Mentre l’unico altro Master 1000 targato Italia, vinto da Fabio Fognini a Montecarlo nel 2019, aveva le stimmate del miracolo, dell’impresa da festeggiare gozzovigliando per settimane perché chissà quanto ancora avremmo dovuto aspettare prima di portarne a casa un altro, quello di Sinner a Toronto ha assunto le fattezze di un rito d’iniziazione. Che potrebbe avere delle repliche in giro per il mondo. E in contesti e scenari se vogliamo anche più prestigiosi. Visto che l’obiettivo esplicito di Sinner è arrivare nelle migliori condizioni possibili agli Us Open, dove lo scorso anno ebbe match point a favore contro Carlos Alcaraz, poi vincitore del torneo e nuovo numero uno al mondo. E dove quest’anno spera di prendersi la soddisfazione di togliersi un altro dente: dopo il primo 1000, il primo slam. Chissà.

 

Certo la settimana canadese, iniziata con i giornali italiani che riportavano in fotocopia “la battuta esilarante di Sinner che fa ridere tutti in conferenza stampa” quando si era semplicemente reso un poco distante dal personaggio serioso che siamo abituati a vedere, è servita anche ad altro: a scrollarsi di dosso l’immagine del predestinato che non sboccia mai. Che postpone sempre l’appuntamento con l’età adulta. E che sul più bello, quando c’è da portarsi a casa il montepremi più ghiotto, qualcosa se la perde per strada. Vuoi forse anche per l’inusualità di essere considerato quello che alla fine del torneo non ha perso contro nessuno. Perché è stato capace di tenere testa a chicchessia, anche alle proprie aspettative, “che ci sono sempre, ma sono stato bravo a gestirle”, come ha detto dopo la partita. 

 

Forse la vittoria sull’australiano Alexander De Minaur, che aveva già sconfitto nella finale delle Next Gen nel 2019 a Milano, è stata l’archiviazione definitiva della sua giovane età. Del tennis juniores con poche variazioni e tanti colpi piatti. Sembrava esserne consapevole quando con sguardo contrito si faceva fare le foto con la coppa in mano, lui serio e lo sconfitto accanto a lui che sorrideva. “Anche a Cincinnati avrò la mia chance”. Non sarà questo successo prestigioso il solo per cui vorrà essere ricordato. Non ha alcuna voglia di perdere altro tempo, smarrendosi in elucubrazioni su quanto e come la sua carriera si sia definitivamente sbloccata in Nordamerica. Nei rivoli dell’esaltazione o dell’autocommiserazione. Vuole solo vincere la prossima partita, il prossimo torneo. Così poco italiano.

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