Foto Ap, via LaPresse

la 7a tappa della grande boucle

Tour de France. Philipsen rimanda il sogno di Cavendish

Giovanni Battistuzzi

Terza vittoria per il velocista belga su tre sprint disputati. Cav secondo, Girmay terzo. Verso Bordeaux va in scena la desolante e dolcissima solitudine di Simon Guglielmi, l'ultimo dei romantici

C'è niente di ineludibile nel ciclismo, a volte le occasioni si materializzano anche quando non erano preventivate e una bicicletta dà la possibilità di scartare di lato, imboccare vie che non si pensava fosse possibile prendere. Alcune volte è più semplice rendere realtà l'immaginazione, altre un po' meno, molto meno. Tipo quando la strada è piatta, di salite non ce ne sono, ci sono trentacinque gradi e il vento quello caldo che sale da sud. Oggi doveva esserci un arrivo in volata, era difficile potesse andare altrimenti. Qualcuno c'ha provato lo stesso, Pierre Latour e Nans Peters, scattati a 78 chilometri dall'arrivo, hanno dato qualche preoccupazione, nemmeno troppe. Volata è stata. E Jasper Philipsen ha vinto ancora: tre vittorie su tre, cento per cento d'efficacia, nonostante i calcoli non del tutto giusti fatti dalla sua squadra.

Non era riuscita a prepararsi il finale granché bene la Alpecin-Deceuninck. Tante curve, un ponte, strada stretta, era facile perdersi, soprattutto dopo essersi presi dallo spavento per Latour e Peters ancora con più di un minuto a una quindicina di chilometri dall'arrivo. Quattro uomini per poco più di un chilometro e mezzo, al termine della prima settimana, non bastano mai. Quelli però c'erano. Mathieu van der Poel ha provato a fare anche questa volta il numero da fuoriclasse, andare a quasi sessanta all'ora per mezzo chilometro. Può tanto, van der Poel, non tutto. Si è rialzato un centinaio di metri prima del dovuto. In quel momento Mark Cavendish ha tentato il colpo a sorpresa. L'idea era ottima, la resa molto buona, ma non abbastanza. Jasper Philipsen, ha intuito, ha compreso, ha inseguito (con furbizia rallentando – restando all'interno del limite della sportività – Girmay), l'ha superato.

Dice Jasper Philipsen che “tutti noi speriamo che Cavendish possa ottenere la trentacinquesima vittoria al Tour de France”, quella che lo renderebbe il corridore più vincente alla Grande Boucle, “ma io sono qui per fare il meglio per me e per la squadra”. E spera di continuare a farlo. E non solo per la vittoria. Philipsen è belga, è stato lanciato da Axel Merckx, ha in cuor suo il mito di Eddy Merckx e ciò è abbastanza per provare a evitare in ogni modo che Cav possa superarlo.

Mark Cavendish continuerà a provarci, lo ha ammesso a fine tappa, non poteva che essere così. Lo davano per finito tre anni fa, è ancora alla ricerca della vittoria che lo isserebbe tra i come lui nessuno mai. Dice che lo deve a se stesso e alla squadra. Sa bene Cavendish che le volate le si vincono da soli, ma non davvero da soli, che gli sprint sono anche affare comunitario, che da soli non si va da nessuna parte.

E non solo in volata.

Per raggiungere Bordeaux, appena dato il via alla tappa, si sono trovati davanti in quattro: Jonas Abrahamsen, Mathieu Burgaudeau, Simon Guglielmi e Nelson Oliveira. Il gruppo si era disinteressato di loro, aveva lasciato fare. I quattro si sono guardati, forse si sono chiesti che ci facciamo qui davanti in quattro che dietro sono in tanti? Abrahamsen si è subito fatto da parte, subito dopo ha fatto lo stesso Oliveira. Burgaudeau ci ha messo un chilometro di più a decidere se continuare o meno. Poi ha rallentato anche lui. Simon Gueglielmi ha provato a parlargli, a convincerlo di continuare, di non abbandonarlo. Perché un destino già scritto, una sgroppata per le campagne girondine senza alcuna speranza di arrivare prima degli altri, è meglio farla in due, sempre che sia vero il detto che mal comune è mezzo gaudio. Non lo è, ma la cosiddetta saggezza popolare è spesso soltanto credulità. Non è riuscito a convincerlo, Burgaudeau è rientrato nel gruppo, Simon Guglielmi ha proseguito da solo. Centoventi chilometri di desolante e dolcissima solitudine.

  

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Nell'araldica di Bordeaux c'è scritto: “I gigli, da soli, reggono la luna, le onde, il castello e il leone”. Gueglielmi ha retto luna, onde, castello e leone. Ha retto da solo la speranza, parecchio estemporanea, che il genio, la volontà e il coraggio possono condurre all'impresa. Ci credevano in molti nel Romanticismo. Un po' meno ora. Forse tra questi c'è Guglielmi, giglio di Bordeaux, ultimo dei romantici.

 

Tour de France 2023, 7a tappa: l'ordine d'arrivo e la classifica generale

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