Foto Ap, via LaPresse

è iniziata la Grande Boucle

Tour de France. La parata dei gemelli Yates alla festa di Bilbao

Giovanni Battistuzzi

Adam Yates ha vinto la prima tappa della Grande Boucle davanti a Simon Yates. Pogacar e Vingegaard staccano tutti, a eccezione di Lafay, in salita

Facevano il loro effetto le strade basche addobbate per il Tour de France. Si restava quasi incantati a guardarle al passaggio dei corridori. Colori, bandiere, un sacco di gente, gente felice. Ovunque. Nei tratti in piano, pure lungo le discese c’era qualcuno, e sì che non c’è mai nessuno lungo le discese, ma nei Paesi Baschi sì, anche lì. Forse erano quelli che si era attardati o svegliati tardi e ai lati delle strade in salita non avevano trovato posto. Perché erano colme di gente le strade in salita, che sembrava di essere sui Pirenei. Ci passavano a malapena i corridori per quanta gente c’era, e tutta festosa ed eccitata. E non erano nemmeno grandi salite, collinette: i francesi le avevano battezzate cote e quando i francesi fanno così vuol dire non è che si sale a lungo, il giusto per fare un po’ di confusione sui pedali. E confusione ce ne è stata, parecchia, forse non sorprendente, ma quasi sì.

 

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Facevano anche il loro effetto le facce di quei due che si erano tramutati in avanguardisti in discesa, quasi per ringraziare quelle persone che non erano riuscite, forse, a raggiungere la salita. Due volti simili, scavati alla stessa maniera, due espressioni quasi identiche, i gemelli Yates, Adam e Simon. S’erano ritrovati davanti un po’ per scelta un po’ per caso, perché va spesso così, non sempre ciò che si programma poi si materializza così come lo si credeva, ma per farlo materializzare serve comunque farsi trovare pronti. Adam Yates e Simon Yates avrebbero voluto rimanere coi primi sull’ultima salita, non ce l’avevano fatta. Anche perché i primi erano i soliti due, quelli che con ogni probabilità si pungoleranno di scatti da qui a Parigi per cercare di staccarsi la ruota dell’altro di dosso, Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard. Era dalla Parigi-Nizza che volevano ridarsi battaglia. Hanno sfruttato la prima occasione. Non erano però soli. Con loro Victor Lafay. Non era previsto che fosse lì, non era previsto nemmeno che a un certo punto, in salita, accelerasse lui, prendesse lui la testa della corsa. Pochi attimi appena, ma intanto… Intanto il francese era lì, con il suo solito pedalare baldanzoso e traballante, a dimostrare che lui in bicicletta ci sa andare forte per davvero e che se la sfortuna lo lascia in pace può fare anche cose ottime. La prima l’ha già messa in saccoccia: c’era nessuno affianco a Pogacar e Vingegaard, nessuno oltre a lui. Nemmeno quei due con la faccia simile.

Adam Yates e Simon Yates non c’erano in compagnia di quei due in cima all’Alto de Pike. Erano lì vicini, ma vicini vuol dire comunque staccati. Pogacar e Vingegaard si sono guardati, si sono detti “tanto non mi stacchi” senza dire niente, solo con uno sguardo. Lafay si è compiaciuto un filo di troppo, i gemelli Yates sono andati via dritti, senza aspettare quelli che non li avevano aspettati.

Puff.

Nemmeno Adam Yates e Simon Yates si sono parlati, anche a loro è bastato qualche sguardo per intendersi. Hanno corso a lungo con la stessa maglia, poi hanno scelto strade differenti. È stata la loro fortuna. Quand’erano assieme erano un po’ troppo protettivi l’uno con l’altro, le maglie differenti hanno dato loro un po’ di cattiveria in più. Per il resto non è cambiato poi molto. Stesso affetto, stesse abitudini, assieme in allenamento.

Probabilmente non si erano dati appuntamento lungo la strada che scendeva dall’Alto de Pike, si sono trovati lì per caso e per istinto. Dicono che i gemelli sentano quanto l’altro è felice o triste, vale la pena di crederci. Ad Adam Yates avevano dato una mezza carta bianca per oggi, Simon Yates è forse stato attratto da questo, più probabilmente ha fatto il rapido calcolo che se, Pogacar e Vingegaard a parte, gli corrono per il terzo posto, magari se si corre per il secondo si fa più strada. A Bilbao ha guadagnato otto secondi che con sei di abbuono fanno quattordici – non un patrimonio, ma a volte mettendo insieme gli spicci si soddisfa qualche vizio –, ha visto il fratello vincere. È andata bene, può essere contento.

Era contento pure Adam Yates, soprattutto Adam Yates. Bella soddisfazione essere il primo a passare la linea d’arrivo alla prima tappa del Tour: vuol dire vittoria e maglia gialla, vuol dire una bella botta di libidine. È alla Grande Boucle per fare da ultimo uomo a Tadej Pogacar, il Boss, come lo chiama lui. Non gregario: spalla, forse controcanto. Perché lo sloveno c’ha il polso che si era rotto alla Liegi-Bastogne-Liegi messo così così e non si sa mai che potrà accadere. Sembra stare benissimo Pogacar, alla grande anzi. In squadra ci credono, ma vogliono tutelarsi. In ogni caso è presto per tirare conclusioni.

È la prima tappa, ce ne sono altre venti da correre, tante salite, alcune parecchio lunghe. È solo l’inizio, ma è meglio partire così.

Senz’altro meglio di come sono partiti Tom Pidcock, Romain Bardet, Louis Meintjes, Ben O’Connor, Giulio Ciccone, Julian Alaphilippe. Staccati. Ventun secondi non sono granché, ma ci sono e potevano non esserci. Pure Egan Bernal quei ventun secondi ce li ha sul groppone, ma a lui pesano meno. Ha detto di essere contento solo di correrlo il Tour, perché non era scontato, perché se andava non troppo bene sarebbe rimasto su una sedia a rotelle, se andava male disteso in un letto, se andava malissimo lo avremmo pianto. Sorrideva all’arrivo, si vedrà sulle montagne vere se ne avrà per stare con i primissimi.

A Enric Mas e Richard Carapaz è andata peggio che a tutti. Sono finiti a terra in discesa. Il primo non ha provato a ripartire, scosso e sotto choc, il secondo sì, anche se a stento riusciva a pedalare. Il ginocchio era messo male, la possibilità che stasera sia gonfio come un melone è altissimo, quella che domani non sia alla partenza altrettanto. Peccato. Avevano lavorato a lungo e bene. Finire un Tour dopo centosessanta chilometri è una disdetta.

    

L'ordine d'arrivo e la classifica generale del Tour de France dopo la prima tappa

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