L'intervista

"Berlusconi era ambizioso, ha realizzato tutto quello che aveva in mente". Parla Dario Bonetti

Alberto Facchinetti

Il difensore bresciano è stato il primo acquisto del Cav. al Milan. Dopo l'atterraggio all'Arena civica per la presentazione della squadra "dissi a me stesso che non sarei più salito a bordo di un elicottero, è come pedalare in bici tra le nuvole"

Silvio Berlusconi aveva da poche settimane acquistato il Milan da Giussy Farina, ereditandone anche l'allenatore che col senno di poi non l'avrebbe convinto più di tanto. Fu proprio Nils Liedholm nel febbraio 1986 ad avanzare alla nuova società una richiesta. Alla Roma aveva avuto per alcune stagioni, anche in quella della cavalcata in finale di Coppa dei Campioni, Dario Bonetti. Classe 1961, difensore centrale dal fisico imponente, Bonetti conosceva bene il gioco a zona del mister svedese. Sarebbe stato perfetto da affiancare a Franco Baresi, entrambi tra l'altro bresciani di nascita. Berlusconi e il suo sodale Adriano Galliani in quei giorni compreranno dalla Fiorentina anche Daniele Massaro, ma il primo acquisto dell'era milanista di Berlusconi risulta essere proprio Bonetti, che venne preso in anticipo sui tempi previsti dalle regole del calciomercato di allora. 

Il 28 febbraio 1986 il difensore è nell'ufficio del Presidente in via Rovani a Milano, già in serata deve però tornare a Roma anche se ufficialmente la firma può avvenire solo il primo marzo. "Ma quali donne - racconta Bonetti al Foglio - al mattino seguente era previsto l'allenamento con i giallorossi! Ci accordammo dunque che la firma venisse depositata in Lega il giorno dopo. Non so come, ma arrivò una squalifica di tre mesi sia per Galliani che per me, costretto così a perdere la finale di Coppa Italia con la maglia della Roma".

Intanto quella sera ebbe l’occasione di conoscere per la prima volta Silvio Berlusconi. "Un uomo molto intelligente e con le idee chiarissime. Si vedeva che era ambizioso, tutto quello che aveva in mente e che mi espresse in quelle ore riuscì poi a realizzarlo. Mise accanto a sé dirigenti competenti e comprò i migliori giocatori. Così si fanno le squadre, magari con l'aggiunta di un buon allenatore".

Bonetti al Milan rimase solo quella stagione, giocando anche lo spareggio per l'accesso alla Coppa Uefa contro la Sampdoria. L'anno successivo arrivò in panchina Sacchi e lui finì al Verona. In seguito giocherà anche con la Juventus.

"In quella stagione coi rossoneri mi allenavo durante la settimana in bicicletta e poi alla domenica giocavo la partita, questo per via di un infortunio durante la preparazione precampionato. Liedholm fu mandato via, io nel 1987 al ritiro con Sacchi non mi presentai, volevo tornare a Roma, dove c’era la mia famiglia calcistica. Allora il Milan non teneva i giocatori che non volevano rimanere. Il mio fu un errore, con Baresi, Maldini e Tassotti c'era già la difesa che avrebbe vinto tutto. La mia carriera sarebbe stata diversa, ma non mi lamento. Ero giovane, facevo sempre di testa mia e non avevo un procuratore che potesse aiutarmi. Eppure con il Milan avevo firmato un contratto triennale. Dino Viola mi aveva promesso che sarei tornato a Roma, invece mi ritrovai nel Verona di quel galantuomo di Chiampan".

La presentazione della squadra all'Arena di Milano il 16 luglio 1986 rientra nella mitologia italiana, è l’inizio dell’avventura calcistica del Cavaliere. Da Milanello la squadra atterrò al campo a bordo di elicotteri con in sottofondo la “Cavalcate delle Valchirie”. Pioveva a dirotto. “Dissi a me stesso - continua Bonetti - che non sarei più salito a bordo di un elicottero, è come pedalare in bici tra le nuvole. E ho sempre mantenuto la promessa fatta in quel momento”.

Oggi Dario vive a Salò, conclusa la carriera di calciatore ha fatto l’allenatore soprattutto all’estero, vincendo coppe in Romania e guidando la Nazionale dello Zambia. Ora è senza squadra. “Non ho più voglia di girare il mondo e in Italia lavorano sempre quelli: io non mendico un posto e continuo a non avere un procuratore. Il calcio è cambiato dai tempi del Milan berlusconiano, io mi sono disinnamorato del pallone, basti vedere cosa hanno fatto recentemente a Maldini, mandato via dopo aver vinto uno scudetto e portato la squadra in semifinale di Champions”.