Foto LaPresse

Diavolo di un capitano

Nell'addio di Paolo Maldini al Milan c'è tristezza ma non scandalo

Giovanni Battistuzzi

Il secondo atto della vita rossonera dell'ex capitano si è conclusa. Le strade del direttore tecnico e del club si sono divise. Le ragioni della logica e quelle del sentimento

Col calcio c'è sempre un problema a far pari tra logica e sentimento. Soprattutto quando in mezzo ci sono gli uomini, le storie di uomini che hanno impersonato dei colori. Perché se è vero che come dicono i tifosi gli uomini passano i colori restano, non è mai così del tutto. È il caso per esempio di Paolo Maldini al Milan, difensore, capitano, icona di un certo milanismo (forse non di tutto il milanismo: non si scordano i fischi all'ultimo giro di campo il 24 maggio 2009), poi guida verso il ritorno al successo rossonero.

Paolo Maldini non sarà nella prossima stagione il direttore dell'area tecnica come era stato dal 14 giugno 2019. È arrivata anche l'ufficialità: "AC Milan annuncia che Paolo Maldini conclude il suo incarico nel Club, con effetto dal 5 giugno 2023". Un comunicato stampa di poche righe, molto formale segna la separazione. L'incontro di lunedì tra Gerry Cardinale, l'uomo che ha rilevato i rossoneri dal fondo Elliott, e il dt è andato male. Cosa si siano detti, non lo possiamo sapere, ciò che è accaduto rimane nel loro privato. La proprietà si è presa l'onere di decidere che era necessario un cambiamento. Se è stata la scelta giusta lo dirà il tempo.

In tutto questo però non c'è scandalo, non c'è lesa maestà. Può far male ai tifosi, può sembrare tutto sbagliato, tutto da rifare, ma il tifo è volubile, non dimentica i suoi beniamini, eppure trova il modo, sempre, di esultare, provare nuove libidini, superare anche le scelte non gradite. Perché in fondo vale sempre la stessa regola: gli uomini passano, i colori restano.

Certo sarà difficile per i rossoneri pensare a un Milan senza Paolo Maldini, soprattutto dopo uno scudetto arrivato dopo tante rifondazioni finite male, dopo insuccessi e anni sprecati. Lo scudetto del 2022 venne lodato anche come il successo dirigenziale di Paolo Maldini e Frederic Massara, capaci di portare a Milanello giocatori giovani e talentuosi, spendendo il giustoil progetto iniziato nella stagione 2019-20 ha visto uscire dalle casse societarie 250 milioni di euro a fronte di 116 incassati –, commettendo degli errori, ma si sa che l'infallibilità non dimora nell'uomo, riuscendo a difendere le scelte fatte, concedendo tempo anche a quelli che sembravano errori di valutazione, ma che con il senno del poi non lo erano.

Errori che ci sono stati anche nell'ultima stagione, quando Paolo Maldini era riuscito a ottenere l'agognata gestione totale dell'area tecnica. È andata male: chi doveva aiutare la squadra affidata a Stefano Pioli non l'ha aiutata, diversi nuovi acquisti o hanno deluso o sono finiti ai margini del progetto tecnico. Errori che non hanno impedito alla squadra di raggiungere la semifinale di Champions.

Il Paolo Maldini dirigente, allo stesso modo del Paolo Maldini giocatore, è stato per il tifo milanista, o quantomeno una grandissima parte di esso, un gran bel spettacolo, una dimostrazione purissima di come logica e sentimento potessero andare a braccetto e di come la seconda, l'essere milanista, potesse guidare la prima verso il successo.

In tutto questo c'è però un altro aspetto che appartiene al campo della logica sportiva e che il sentimento invece non tiene in considerazione. Ossia il fatto che non è un uomo a fare la squadra e che ogni società, qualunque, si fonda anche sul compromesso. Con se stessi, soprattutto con gli altri. E qui entra in campo il Paolo Maldini uomo e professionista e quella sua capacità di essere metodico e coerente fino al punto di non ritorno, che è l'intransigenza. È persona d'altri tempi Paolo Maldini, ma i tempi sono questi, le squadre non sono più emanazione di una persona sola, di un Italo Allodi o per restare in rossonero di un Gipo Viani. Il tempo degli one man show sembra superato e ora il calcio, piaccia o no, è questione di equipe. Soprattutto se la proprietà è americana e il progetto che ha in mente punta su numeri e big data e non su intuizione e vecchie maniere.

 

[articolo aggiornato alle 17.50]

Di più su questi argomenti: