ANSA/FEDERICO PROIETTI

Il Foglio sportivo - Il ritratto di Bonanza

Il mondo di Paolo Maldini

Alessandro Bonan

Da difensore insuperabile a dirigente pragmatico, nel segno di una perenne eleganza: ha superato il caso Donnarumma e ha costruito un nuovo intrigante Milan. Non era facile

Quando parla, intorno cala il silenzio. Pause, sguardi negli occhi, nessuna alterazione della voce. Paolo Maldini spiega. Quello che dice colpisce il cuore e dopo un bel rimbalzo atterra sulla mente. Si fa capire da vicino ma anche da lontano, nonostante il volume basso delle sue argomentazioni.  Fa riflettere, per il cristallo del pensiero, per il velluto della maniera in cui lo ha esposto. Maldini avanza, nel suo ragionamento, e piano piano scivola, si sottrae, e di quello che ha detto resta una scia, come un profumo, una fragranza buona. Di lui come dirigente non sapevamo nulla. Solo qualche si dice, inutili pettegolezzi. Si portava l’immagine del calciatore che è stato, il migliore di tutti i tempi tra i nostri difensori a sinistra. Scusate se è poco, si ma non conta niente, il dirigente è un’altra cosa. E allora abbiamo provato a seguire quel modo elegante, garbato ed educato di dire, di comportarsi, di rispettare un’opinione anche contraria, come se fosse un indizio, qualcosa da cui incominciare, per dargli un credito. Ne siamo rimasti affascinati, avvolti e colti in contropiede, vista la diffusa volgarità che ci circonda. Si ma non bastava neanche quello, il dirigente non è soltanto immagine, è sostanza.

 

E’ stato in quel momento, quando il plotone dei giudicanti caricava i suoi fucili con pallottole di parole, che Maldini si è rivelato altro e di più, rispetto al suo passato di magnifico terzino e al suo presente di uomo di innegabile eleganza. Con la fermezza di chi conosce la verità e porta dentro un senso di giustizia probabilmente innato, ha cominciato a fare il dirigente opponendosi a qualsiasi forma di prevaricazione sul Milan e la sua storia. Ha perso Donnarumma, il migliore che aveva, perché sapeva di non poter convincere uno scettico, e non voleva che questo scetticismo si trasformasse in un ricatto. E dopo questa mossa, rischiosa ma giusta e inevitabile se vuoi rappresentare un club che sia anche un popolo, una ragione di vita, ha iniziato a costruire una bella squadra, con giocatori di fama trascorsa e di futuro. Tutti diversi uno dall’altro, senza prendere il mediocre dalla pattuglia dei soliti procuratori, più o meno sempre gli stessi, scegliendo il buono secondo convincimenti personali. Non era affatto scontato questo lavoro, non era facile. Ma è stato fatto, tagliando con il passato per scegliere il futuro. Senza la dignità, non si scrive la storia. A bassa voce, si può lasciare una traccia solo se si ha qualcosa da dire. Mentre intorno cala il silenzio.

Di più su questi argomenti: