Simone Inzaghi e Stefano Pioli (Lapresse)

Il Foglio sportivo

I giorni senza pace di Milan e Inter

Bernardo Cianfrocca

Piazza Duomo e via Berchet, viale della Liberazione e via Aldo Rossi, infine San Siro. Viaggio nei luoghi delle due squadre che si rigiocano nel derby la finale di Champions League

In principio furono piazza Duomo e via Berchet, stradina alle spalle della Rinascente, a pochissimi passi dal simbolo della città. Ora ci sono viale della Liberazione, con vista sul Bosco Verticale e piazza Gae Aulenti, e via Aldo Rossi a Portello, ex quartiere industriale dell'Alfa Romeo, oggi tutto padiglioni fieristici e nuovi edifici d'avanguardia. Inter e Milan sono talmente radicate a Milano da averne assecondato lo sviluppo urbanistico, trovando le loro nuove case nei quartieri chic e riqualificati, spostandosi un po' da quelle vie del centro storico in cui si sono incrociate spesso. L'Inter fu fondata al ristorante “L'Orologio”, civico 22 di piazza Duomo, da 44 soci dissidenti del Milan contrari al mancato utilizzo di giocatori stranieri. Fecero poca strada per arrivare lì, partendo dalla Fiaschetteria Toscana al numero 1 di via Berchet, prima sede rossonera. Nello stesso locale, dal 2011 al 2015, l'Inter aprì il suo store ufficiale, scatenando le proteste di diversi tifosi milanisti. Un affronto alla storia secondo loro, o forse un semplice incidente, non così insolito in una città troppo piccola per due squadre così importanti.

 

Milano, il Milan e l'Inter, dopotutto, sono delle eccezioni. Nessun'altra città ha due squadre campioni d'Europa. Milano invece le vanta in appena 181,8 chilometri quadrati, molto meno degli oltre 600 di Madrid e dei circa 1.500 di Londra, metropoli che sono arrivate al massimo a schierare più finaliste di Champions, ma non vincitrici. Le due squadre potrebbero essere considerate delle vicine ingombranti, ma da sempre hanno imparato a condividere spazi e luoghi, a partire da San Siro. Lì hanno vinto negli anni Sessanta, tra Ottanta e Novanta, nel primo decennio dei Duemila e ci riprovano inaspettatamente nel 2023. Certo, vengono da campionati vinti, ma nessuno pensava recuperassero così in fretta la grandeur europea. Fino a pochi anni fa inanellavano piazzamenti tristi, tanto da creare un paradosso: la città, che dopo Expo 2015 non smetteva di migliorare la sua immagine nel mondo, aveva però perso uno dei suoi biglietti da visita storici, quello calcistico. In una Milano non più industriale, il mecenatismo dei Berlusconi e dei Moratti non poteva più funzionare. Anche Inter e Milan hanno avuto bisogno di contaminazione estera, di idee e investimenti che venissero da fuori.

 

Così ora l'Inter cinese occupa gli ultimi piani del The Corner, palazzo ristrutturato nel 2019 e circondato da grattacieli di recente costruzione, mentre i cugini americani si godono Casa Milan inaugurata nel 2013, ultimo lascito della proprietà berlusconiana. L'Inter a Porta Nuova e il Milan a City Life, le nuove vetrine della città. La distanza a piedi si colma in un'oretta, molto più del quarto d'ora scarso tra Corso Vittorio Emanuele e via Filippo Turati, luoghi delle vecchie sedi in pieno centro. Nella prima Moratti fece traslocare l'Inter di appena 300 metri da via Durini, dal palazzo dove si era affacciato Ronaldo sulla folla nel luglio 1997. Era ancora più vicina agli uffici della Saras, l'azienda di famiglia: lì sotto i cronisti attendevano il presidente dopo ogni partita, certi di strappare qualche titolo dalle sue dichiarazioni. A via Turati il Milan è rimasto quasi mezzo secolo e anche lì sotto i tifosi si riunirono per un brasiliano, Kakà, tornato nel 2013 dopo gli anni di decadenza a Madrid. Galliani impiegava 10 minuti di camminata a raggiungere Giannino, il ristorante vicino la Stazione Centrale dove amava chiudere le trattative di mercato. Galliani e Moratti lavoravano a poca distanza l'uno dall'altro, ma vivevano ancor più vicini, entrambi in via Bigli, parallela di via Monte Napoleone. Casa e bottega, tutto nell'arco di uno spazio ristretto.

 

Quest'abitudine alla convivenza sembra essere minacciata proprio in quello che è il simbolo della condivisione pacifica fra le due squadre, lo stadio di San Siro. Milan e Inter giocano lì insieme dal 1947 e vorrebbero continuare a farlo, abbattendo però l'impianto vecchio per costruirne un altro nella stessa zona, più moderno e di loro proprietà, senza dover pagare l'affitto al Comune, per mantenere un livello di competitività alto, al pari degli altri club europei. Le difficoltà ormai note dell'operazione stanno però inducendo le due società a profonde riflessioni. La possibilità che Inter e Milan scelgano di avere due stadi diversi sembra meno peregrina rispetto a qualche tempo fa: si sono alternate voci e discussioni sull'Ippodromo La Maura, ma addirittura su San Donato Milanese e Sesto San Giovanni per il Milan, su Assago e Rozzano per l'Inter. Se sia pretattica per mettere pressione sull'amministrazione comunale o di reali alternative, non è ancora chiaro. Nel caso in cui questo “rischio” dovesse concretizzarsi, si verrebbe a creare una situazione normale in tutte le altre città europee. Il Real Madrid non ha chiesto ospitalità all'Atletico nemmeno durante il periodo di ristrutturazione del Bernabeu. Il Tottenham, durante la costruzione del nuovo White Hart Lane, ha beneficiato per un anno di Wembley, riservato solo all'Inghilterra e alle partite finali delle coppe nazionali. Succede anche a Manchester, che si estende lungo una superficie inferiore rispetto a quella di Milano (115,6 chilometri quadrati), ma abbastanza grande per accogliere sia l'Old Trafford dello United che l'Etihad Stadium del City.

 

Inter e Milan nei loro primi anni di vita sono state già separate. I rossoneri giocarono alcuni anni a Porta Monforte, nel primo campo in cui furono utilizzate le reti per le porte per colpa di un gol fantasma non visto durante una precedente partita con la Juventus (dove l'avevamo già sentita questa?), i nerazzurri a Ripa di Porta Ticinese, accanto al Naviglio Grande, e poi all'Arena Civica di parco Sempione, lo stesso posto scelto da Silvio Berlusconi nel 1986 per presentare il suo primo Milan sbarcando in elicottero. A dimostrazione di come la storia dei due club risulti da sempre intrecciata, in una città che per continuare a far posto a entrambi rischia di scoprirsi veramente troppo piccola. Se c'è stato spazio sufficiente per trovare due magnifiche sedi distanti, sembra non essercene però per due stadi degni di quest'epoca. Ciò che è certo è che per i prossimi derby di Champions le due tifoserie organizzate si ritroveranno nei raduni di sempre: il “Baretto” fuori dal Meazza per la Curva Nord nerazzurra e piazza Axum, a due passi dallo stadio, per la Sud rossonera. Stanno preparando scenografie che lasceranno il segno, come sempre. Ancora una volta capaci di dividersi una città forse davvero troppo piccola, ma che non ha mai soffocato le ambizioni di queste due squadre.

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