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trentatré anni dopo Maradona

Lo scudetto è l'ultimo tassello della Napoli Renaissance

Enrico Veronese

Dal cinema alla televisione, dalla musica sino al turismo e ora anche il calcio, la vittoria della Serie A. Il successo della squadra di Spalletti è il successo di una città capace di trovarsi e ritrovarsi

Ovunque ti giri, dappertutto vedi Napoli. E poi arriva pure lo scudetto nel calcio, atteso dagli anni del Signore: tutto ora, tutto qui. La Napoli Renaissance sposta a sud il baricentro della coolness rispetto alla Milano post Expo: chi non c’era arrivato dagli altri affluenti, ora - e per qualche mese - non potrà evitare il profluvio di servizi televisivi, feste di piazza, richiami in cronaca, francobolli con l’annullo, apologie internazionali per i fenomeni stipendiati dal produttore Aurelio De Laurentiis, che hanno finalmente conquistato il terzo scudetto dopo un primo match point andato a vuoto. “Se non è un giorno è l’altro”, dicevano nel Golfo, come un neonato trascorsi i nove mesi di gestazione: circa gli stessi di un campionato di calcio di Serie A, da quando Kvicha Kvaratskhelia - forse il più strabiliante tra gli atleti azzurri d’Italia - segnava le prime due reti da favola allo stadio Bentegodi di Verona. Se allora le mura dei cimiteri venivano istoriate con graffiti del tenore “che ve site persi”, per riscattare interi periodi precari, adesso c’è tutto un mondo intorno che ribolle nel pallone: e ciò che risalta, spesso, è solo la superficie da grattare rispetto al sommerso meno appariscente e di massa.

 

Per un “Mare fuori” divenuto di dominio pubblico nei meme e nelle chiacchiere del giorno dopo, il solito Mario Martone non più tardi di un anno fa tratteggiava “Nostalgia” dal romanzo di Ermanno Rea, e Paolo Mossetti traeva pure il saggio “Appugrundrisse” dal suo ritorno in città. Così, il video di Sofia Goggia che prova a parlare napoletano e Bob Sinclar che mescola tracce con addosso la maglia di Diego Armando Maradona sono lo scudo dietro il quale scoprire il mistero di Liberato, le ondate mediterranee dei Nu Genea e Napoleone da Capaccio Paestum, le compilation “Napoli Segreta” e la vera storia dei più celebri falsari degli anni Ottanta in “Mixed by Erry”: i ripescaggi funk del primo periodo di Pino Daniele e della sua band straordinaria stanno lì a dire che il neomelodico non è un destino segnato, e che con certezza vi è in tutti i campi una Napoli sotterranea ancora da esplorare. Se Benedetto Croce, Eduardo de Filippo, Luciano de Crescenzo sono stati esempi di eccellenze che a lungo non hanno saputo, o potuto, riverberarsi nelle virtù quotidiane di buona parte dei loro lettori e spettatori, nel 2023 la Città della Scienza a Bagnoli vede il futuro dopo l’incendio, e per le strade i cumuli di immondizia sono solo un ricordo.

 

Città a salda guida di centrosinistra, con il sindaco-rettore-ministro Gaetano Manfredi, non ha visto attecchire politicamente il masaniello Luigi de Magistris, pure rieletto con cifre bulgare; dimenticati ormai sono i fasti delle giunte Bassolino e la mitografia di piazza Plebiscito, alla faccia di Alessandra Mussolini quando lo apostrofava (in tv da Gad Lerner) con “hai fatto crollare la lira!”. Qualcosa nel genere è avvenuto pure nel calcio: il bel Napoli di Maurizio Sarri, il record di goal di Gonzalo Higuaín, gli scambi in velocità tra i piccoletti Lorenzo Insigne e Dries “Ciro” Mertens sono quasi passati all’oblìo. Era una squadra che poteva vincere ma non ha vinto, quantunque lo meritasse; ce la sta facendo invece questo spettacolo forgiato dalla testa lucida del toscano Spalletti, l’apogeo del gioco contro il Liverpool in Champions League e rare battute d’arresto. Mo’ solo il centrocampista di rincalzo Gianluca Gaetano è nato a Napoli, e il terzo portiere Davide Marfella viene da Pozzuoli: bazzecole, considerando - come disse il compianto Claudio Garella - che tutti coloro i quali calano nel Golfo dal nord un po’ napoletani lo diventano sempre. E fanno la coda nei franchising di Gino Sorbillo oppure alla pizzeria di Michele fuori corso Umberto per le due sole specialità, margherita e marinara: ma poi provano il rraù, si imbottiscono di panuozzi ed è il momento di svaccare sul divano.

 

Telecomando acceso, tra amiche geniali e vite bugiarde degli adulti il fiorente centro di produzione Rai della Campania spopola grazie al boom di “Un posto al sole”, venticinque anni e non sentirli, una webcam puntata sul caffè Vulcano e palazzo Palladini in cui non tramonta mai il sole. Nuovi spettatori di tutte le classi e le età si aggiungono ai pionieri, che magari faticano a ricordare ogni passaggio intricato ma sono pronti a sostenere petizioni fino al Parlamento per scongiurare ogni ipotesi di cambio d’orario, da quella che una volta era la prima serata, mentre un giorno muore e un altro non è ancora nato. Vai Napoli, è il tuo momento: si sfregano le mani i venditori di ogni cosa appollaiati ‘ngopp’ agli stencil dei Quartieri Spagnoli, il “borgo” Maradona che miete più visite profane rispetto alle sacre sette Opere di Misericordia del Caravaggio: sfumata la Champions League, arte e turismo non attendevano altro che il terzo scudetto. Finalmente è bandita ogni scaramanzia: per il prossimo presepe azzurro a San Gregorio Armeno, conviene prenotare già in primavera.

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