(foto EPA)

senza mezzi termini

Il paradosso di Pecco Bagnaia: o vince o cade

Umberto Zapelloni

Il campione del mondo era avviato al successo nel Gran premio del Texas. Ma dopo il precedente in Argentina, è caduto un'altra volta. Ecco perché deve imparare a gestirsi meglio (non avendo più nulla da dimostrare)

Pecco Bagnaia è sempre di più uomo da tutto o niente. O vince o cade. Anche adesso che è campione del mondo non ha imparato ad accontentarsi. Dopo otto giri quasi perfetti, seguiti ad una qualifica impeccabile e a una gara sprint vincente, ci ha piazzato un erroraccio di quelli che fanno inginocchiare disperato il suo box. Pecco è quello che dopo aver apparecchiato la tavola, rovescia la bottiglia di vino sulla tovaglia bianca o peggio ancora prende dentro la tovaglia e trascina tutti i piatti per terra. Se la caduta sotto la pioggia in Argentina è qualcosa che può capitare, la scivolata mentre guidava verso il successo nel Gran premio del Texas, rischia di diventare uno di quei tarli poi difficili da scacciare dalla testa. Due errori in tre gare per l’uomo che viaggia con il numero 1 sulla carrozzeria sono obiettivamente troppi, anche perché arrivati guidando la miglior moto in circolazione come in fin dei conti conferma il fatto che in testa al campionato ci sia Bezzecchi con una Ducati non ufficiale. Anche Aleix Espargarò, Mir, Miller, Martin e Binder sono finiti nella ghiaia in Texas, ma la caduta di Pecco è quella che fa più rumore perché gli è costata una vittoria e 25 punti in classifica che poi a fine stagione potrebbero diventare pesanti. Non sempre si possono infilare dei filotti magici come lo scorso anno quando ha messo in scena la miglior rimonta della storia del moto mondiale, qualcosa che come dice Gigi dall’Igna ha già scritto il suo nome sui libri di storia di questo sport.

 

La sua spiegazione dopo la caduta lascia un po’ perplessi. “Sono molto arrabbiato, ma non con me stesso. Sono sicuro al 100% che non sia stata colpa mia, in Argentina ho riconosciuto di essere un po’ al limite, ma a Austin no”.  Sta di fatto che per tenere dietro Rins con una Honda risorta, non stava viaggiando esattamente da turista. “Non so cosa sia successo – ha aggiunto - avrò fatto più o meno 80 o 100 giri durante tutto questo weekend. Ho spinto, ho controllato, ho capito ogni avvisaglia che mi dava l’anteriore durante il fine settimana. Poi in gara, quando ero in pieno controllo, sono caduto. È successo qualcosa, ma non per la gomma fredda o per il vento. Dobbiamo capire se sia un problema della moto, perché abbiamo la moto migliore, è quella che tutta la griglia vuole”. Volare via quando si crede di avere tutto sotto controllo è un fatto strano. O si ha la convinzione di avere tutto sotto controllo, mentre grazie ad una moto fantastica, si sta viaggiando oltre i limiti, oppure davvero c’è stato un tradimento della moto che però finora nessuno nella squadra si sente di avallare. “Se cadi e non sai perché è inutile, perché in due weekend abbiamo perso 45 punti. Dobbiamo capire questo. Forse abbiamo bisogno di una moto più instabile, magari è meglio andare uno o due decimi più lenti ma capire tutto”.

 

Purtroppo manca la controprova. Perché con Bastianini ancora in recupero dopo la botta del primo weekend, manca il paragone interno, quello che avrebbe permesso di capirci qualcosa in più e sapere con certezza se i limiti sono dell’uomo o della moto. Il secondo posto di Luca Marini, il fratello di Valentino, al primo podio della sua carriera, con una Ducati del Team Vr46 ci racconta che la moto non è poi così complicata da gestire anche se obiettivamente il ritmo era diverso da quello tenuto da Bagnaia in fuga. Pecco è arrivato a dire che preferirebbe girare uno o due decimi più piano e capire perfettamente la moto. Una cosa che in fin dei conti potrebbe fare anche lui senza viaggiare sempre al limite. Ormai non ha più nulla da dimostrare. È campione del mondo. Deve imparare a gestirsi meglio e a gestire meglio il suo missile rosso. Se c’è riuscito Verstappen che ormai non sbaglia più, può farcela anche lui. Ma dovrà lavorarci. Con l’aiuto di tutti. In fin dei conti la vera forza Ducati è sempre stata la squadra.

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