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Riscatto champions

Con la vittoria sul Tottenham, Pioli si è ripreso il Milan

Giuseppe Pastore

Ai campioni d'Italia basta il gol di Diaz e una partita di intelligentissima difesa bassa, in cui si vede la mano dell'allenatore. Dopo il tracollo, la terapia d'urto sta funzionando: i rossoneri stanno riprendendo colore e senso, ora dovranno decidere che vestito indossare di qui a giugno

C'è un grande film del 2008 di Martin McDonagh – il regista irlandese che tra due settimane arriva da protagonista alla Notte degli Oscar con “The Banshees of Inisherin” – che si chiama “In Bruges” ed è appunto ambientato nell'incantevole cittadina delle Fiandre che stasera torna a ospitare un ottavo di Coppa dei Campioni dopo 30 anni. A un certo punto, in visita al Groeningemuseum, Brendan Gleeson commenta con Colin Farrell il Giudizio Universale di Hyeronimus Bosch, e il suo amico, che non è un pozzo di cultura ma è abbastanza sveglio, chiosa: “Il Purgatorio è una via di mezzo. Non hai fatto del tutto schifo ma non sei stato neanche un granché. Come il Tottenham”.

La scena rappresenta perfettamente la considerazione internazionale degli Spurs, che saranno anche diventati ricchissimi come tutta la Premier League e potranno anche permettersi di lasciare in panchina 70 minuti il centravanti della Nazionale brasiliana, ma al cospetto di un San Siro vestito a festa sprofondano inevitabilmente nel loro Purgatorio sportivo lungo ormai da 31 anni, quelli che lo separano dall'ultimo trofeo pesante messo in bacheca, la FA Cup 1991 vinta con Paul Gascoigne e Gary Lineker. Il Milan vince con merito la partita d'andata e può essere ragionevolmente ottimista per il ritorno dell'8 marzo, quando potrebbe recuperare due o tre titolari di peso (Tomori, Bennacer, forse Maignan) e riproporre lo stesso canovaccio tattico in versione riveduta e corretta.

 

La nobiltà, se uno non ce l'ha, non se la può dare. Riemerso con molta fatica e molta pena dal pozzo nero del mese sportivamente peggiore della sua storia recente, il Milan adegua sé stesso alle esigenze e alle assenze, capisce che senza Bennacer giocare a calcio per 90 minuti sarà molto complicato e ha il merito e la fortuna di capitalizzare il gol dopo sette minuti di Brahim Diaz: in tutta la partita i rossoneri calceranno quattro volte nello specchio della porta di Forster, tre delle quali concentrate nei cinque secondi dell'azione del gol.

Poi sono 90 minuti (recuperi compresi) di intelligentissima difesa bassa, perché chi ha dato un'occhiata al non incantevole Tottenham che langue al quinto posto in campionato ne conosce bene le difficoltà ad attaccare difese schierate e forti fisicamente, che tolgano la profondità alle frecce Son e Kulusevski e anestetizzino Harry Kane, ieri cancellato dal campo da un Simon Kjaer professorale. Antonio Conte assiste passivamente al mediocre spettacolo, come disinteressato a una competizione che già in Premier League non scalda i cuori come da noi (stasera il big match Arsenal-Manchester City è in calendario contemporaneamente alla partita del Chelsea...), poco pungolato anche dall'uragano di fischi proveniente dagli spalti.

L'annoiata espressione facciale non fa nulla per nascondere che ha la testa da un'altra parte, a onta dei 15 milioni di sterline netti a stagione. I cambi sono tardivi e anche peggiorativi, come Ben Davies che offende ogni pallone che transita dalle sue parti. Al Milan è sufficiente rispettare con intensità e applicazione un copione fisicamente dispendioso ma tutto sommato scontato nella sua semplicità: aggiungere centimetri alla fase difensiva e aspettare con pazienza i momenti in cui il Tottenham abbasserà la guardia, e ci manca poco che De Ketelaere e Thiaw segnino un 2-0 che sarebbe stato troppo generoso per la banda Pioli.

 

Su queste pagine, meno di due settimane fa suggerivamo dopo il derby che l'esonero di Pioli sarebbe stata l'unica via d'uscita razionale dalla crisi verticale iniziata dal gol di Abraham in Milan-Roma. Ieri Pioli si è ripreso moralmente il Milan proprio partendo dalla ferrea attenzione messa su ogni calcio piazzato, a prescindere o meno dal capro espiatorio Tatarusanu che lo sappiamo, non è e non sarà mai Maignan, ma andrebbe per questo aiutato e non bersagliato di freccette morali dai suoi compagni di squadra. Il Tottenham ha battuto otto calci d'angolo e una decina di punizioni laterali senza cavarci un ragno dal buco: se la resistenza del Milan vi sembra un volgare catenaccio che non fa onore alla spettacolare tradizione europea rossonera, siete pregati di ripassare la modestia tecnica dell'undici titolare schierato ieri da Pioli, nonché di ricordare che in questo secolo il Cholismo dell'Atletico Madrid è riuscito in imprese anche più efferate di questo Milan-Tottenham 1-0.

Certo, bisognerà ripetere lo stesso scheletrico copione tattico, fisico e morale anche a Londra, dove gli Spurs saranno privi anche del difensore centrale Dier, in verità più affidabile nell'area avversaria che nella propria, mentre Romero è stato graziato dal rosso per un'entrata su Tonali degna dei tanti memorabili carniceros argentini del calcio anni Settanta e Ottanta. Più in generale, questo Milan che sta riprendendo colore, sapore e in definitiva senso dovrà decidere che vestito indossare di qui a giugno: queste due vittorie possono indurre Pioli in tentazione di continuare a oltranza con il 5-3-2, che ha risolto i problemi difensivi ma ha anche inaridito non poco la produzione offensiva (anche perché Leao continua ad accendersi e spegnersi come una palla stroboscopica).

A questo proposito sarà molto interessante il test di sabato pomeriggio a Monza, contro una squadra in gran forma che gioca un calcio evoluto e mutevole, con il Milan che invece avrà probabilmente anche tre o quattro titolari di ieri da raccogliere col cucchiaino (i più stremati sono sembrati Tonali, Giroud e Krunic). Dopo il tracollo la terapia d'urto sta funzionando: il ritorno dei buoni risultati dovrà restituire al Milan quell'allegra tracotanza che li ha portati così lontano, di cui abbiamo visto appena un paio di bagliori nelle due impetuose cavalcate di Theo Hernandez nel primo tempo. Solo quelle due, però per ora possono bastare: in una notte da oltre nove milioni di euro d'incasso il Milan ha ritrovato lo spirito, specchiandosi negli occhi di ghiaccio di Kjaer, balbettante al limite del disastroso in campionato e invece insuperabile in Europa (tre partite contro Dinamo Zagabria, Salisburgo e Tottenham, zero gol subiti dal Milan).

 

La prova che la Champions League, con tutto il suo carico di storia, attese, sogni e delusioni, continua a viaggiare su un binario leggermente laterale rispetto al corso naturale e prevedibile del calcio di tutti i giorni. 

 

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