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editoriali

Lotito vorrebbe cambiare le regole con cui la Lega Serie A tratta gli accordi dei diritti tv

Redazione

Le strane polemiche sulla durata dei contratti che non fa danni a nessuno. Anche perché i tempi per il calcio italiano non sono buoni: né per le società, né per i provider, né per la Lega

Catalizzatore di tutte le azioni come il suo Milinkovic-Savic, Claudio Lotito, in qualità di senatore di Forza Italia, è sempre al centro delle azioni quando in Parlamento si discute di politiche economiche per il calcio. Era già successo per l’emendamento alla legge di Bilancio teso a permettere alle società la rateizzazione delle tasse sospese durante il Covid, che sollevò indignazione ma aveva dalla sua più di una motivazione; ora Lotito è firmatario di un emendamento al Milleproroghe (dovrebbe essere votato entro il 27 febbraio) che modifica in parte le regole con cui la Lega Serie A tratta gli accordi dei diritti tv con emittenti e piattaforme. Anche qui un po’ di polemicuzze a mezzo stampa, ma soprattutto posizioni diverse sottotraccia nel governo – il ministro delle Imprese e Made in Italy Adolfo Urso a favore, quello dello Sport, Andrea Abodi, contro. Con tanto di informale moral suasion del Colle a suggerire un surplus di prudenza. Ma a guardare nelle carte, tanto allarme non pare giustificato.

 

Per prima cosa il cambio di regole non avrebbe nessun costo pubblico, riguarda rapporti tra privati. Inoltre le modifiche riguardano innanzitutto la durata dei contratti, da tre a cinque anni, cosa che ad esempio potrebbe rendere appetibile la Serie A anche alle grandi piattaforme internazionali di streaming, che non amano gli investimenti sul corto periodo. Inoltre, ed è il cuore della vicenda, la modifica permetterebbe alla Lega, alla scadenza dei contratti (2024), e nel caso non si manifestassero offerte più vantaggiose, di proporre una proroga di due anni agli attuali partner. Che però, beninteso, non avrebbero alcun obbligo di continuare a pagare per i diritti alle vecchie condizioni. Sarebbe insomma uno strumento in più, non vincolante, per trattare da ambo le parti e per allungare i tempi per tutti. Perché i tempi per il calcio italiano non sono buoni: né per le società, né per i provider, né per la Lega. In mancanza di ricadute negative esterne, non si vede perché ci si dovrebbe opporre pregiudizialmente. C’è tempo per chiarirsi le idee.

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