Foto LaPresse

misteri a Firenze

Lo strano caso della Fiorentina assomiglia a quello del dottor Jekill e mister Hyde

Andrea Trapani

Un anno fa la Viola aveva completato il girone d'andata da grande sorpresa del campionato. Che fine ha fatto quella squadra? 

Lo strano caso del dottor Jekill e mister Hyde potrebbe essere la spiegazione di come, a un anno di distanza, si possano scrivere giudizi diametralmente opposti sulla stessa squadra.

 

Parliamo della Fiorentina del girone d’andata che sembra tutt’altra cosa rispetto allo scorso campionato quando, con trentadue punti, nove in più di questo giro di boa, rappresentava una delle grandi sorprese del calcio italiano. Da allora se ne è andato Vlahovic, non c’è più l’estro di Torreira in regia, altre scelte non hanno funzionato ma il collettivo guidato da mister Italiano è rimasto in gran parte immutato. In dodici mesi sono emerse però due distinte personalità, una buona e una peggiore, in un’altalena senza fine: male all’inizio, poi brillante fino alla pausa per i Mondiali, sconfortante subito dopo.

  

Le partite di gennaio non hanno lasciato tracce del bel gioco che caratterizzava la squadra a prescindere dai titolari. Cosa è cambiato? Poco. Vincenzo Italiano è ancora lì, confermato con il prolungamento di un contratto diventato più ricco, mentre i gol non ci sono più. Ci sono due centravanti, ma manca un attaccante che segni visto che Cabral prima e Jovic poi non hanno ancora raccolto la pesante eredità dell’ex numero 9.

   

La classifica non sorride: i cugini empolesi hanno chiuso davanti alla diciannovesima giornata, evento talmente raro che viene adeguatamente festeggiato a 30 chilometri di distanza da Firenze. Nel capoluogo invece vince il mal di pancia. Niente di strano, è sempre stato così. Il malumore che emerge riguarda tutta la società. Saranno le scorie degli ultimi mercati con le partenze dei giocatori più talentuosi, saranno le alternative che hanno reso solo una quota parte delle aspettative, ma intorno allo stadio sono tornate le “lenzuolate”, ovvero quegli striscioni tra ironia e polemica che avevano esacerbato il rapporto tra la famiglia Della Valle e la città prima dell’arrivo di Rocco Commisso.

  

In realtà qualcosa era già apparso anche con il nuovo presidente, ma Commisso ha goduto (e gode) di grande credito visto che in lui sono state riposte tutte le speranze di una tifoseria tanto calda quanto critica. Soprattutto quando la Fiorentina gioca male. In questo 2023 sembra una costante, una specie di paradosso per un undici che schiera Amrabat, uno dei giocatori più amati dai tifosi di tutto il mondo in Qatar. In campionato le dirette concorrenti volano, mentre la Fiorentina sembra un iceberg di cui si vede o si conosce solo una parte dei problemi che si porta con sé.

 

Le difficoltà che emergono sono evidenti, manca anche il divertimento, tanto che lo stesso Italiano nel dopopartita sembra essere scoraggiato tanto quanto i tifosi: al novantesimo snocciola le statistiche, mostra quanto gioco crei la squadra, il possesso di palla, ma i risultati sono lì a dire altro. Assieme ai tifosi. Già, un altro dei paradossi di questa stagione è che lo Stadio Artemio Franchi è sempre pieno e in sole tre occasioni è sceso sotto le 30.000 presenze. Insomma i fischi e le critiche recenti non sembrano aver condizionato la tifoseria, che quest’anno, fino ad adesso, ha risposto sempre presente. Numeri che non si vedevano da anni, dai tempi di un vero campione, Batistuta, che aveva portato i viola a giocarsela alla pari con Barcellona, Arsenal e Manchester United. Quei fasti sono lontani, ma la stagione non è finita: tra i pochi risultati positivi di queste settimane ci sono i quarti di finale di Coppa Italia, una scorciatoia irta ma indispensabile per raggiungere una qualificazione europea che sembra improbabile attraverso il campionato. Senza dimenticare la Conference League: i toscani non hanno avuto fortuna con il sorteggio, complice anche un brutto secondo posto nel girone di qualificazione, ma la strada dell’Europa è pronta per ribaltare ogni giudizio su quest’annata. La Fiorentina 1989/90, salva all’ultima giornata, in Coppa Uefa riuscì a raggiungere una “maledetta finale” - definizione di Alberto Di Chiara - in una delle stagioni più travagliate della storia viola. Che sia un buon auspicio per Vincenzo Italiano?

Di più su questi argomenti: