contro i mulini a vento?
Rocco Commisso vuole cambiare la Serie A e non fare la fine di Don Chisciotte
Per il presidente della Fiorentina (si rivolge ai nuovi proprietari stranieri delle squadre di A e B) è saltato quell’equilibrio che il sistema calcio deve mantenere tra gli attori che lavorano nel mondo del pallone. Un decalogo che sarebbe una rivoluzione
Non sappiamo se Rocco Commisso abbia trovato fondamento dal Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes che raccontava la lotta contro i mulini a vento. Probabilmente no, la sua vita professionale dimostra invero quanto sia un imprenditore pragmatico e di successo.
Siamo in Italia, però. Nella nostra cultura quando c’è qualcuno in lotta contro il potere, spesso lo si ritiene – al pari di Don Chisciotte – un pazzo, un temerario che combatte inutilmente per una giusta causa. D’altro canto lo scontro con i mulini a vento rappresenta anche una metafora dell’uomo che non rinuncia a combattere e continua a ricercare l’identità perduta. Non serve scomodare ulteriormente la letteratura per raccontare la Serie A, è noto a tutti come il calcio italiano (e quello delle principali leghe) sia difficilmente inquadrabile. Fa girare grandi capitali di denaro, appassiona milioni di tifosi, ha come protagonisti alcuni degli imprenditori più importanti del mondo, ma a volte sembra governato in una maniera così irrazionale che riesce a sorprendere chi vi approda per la prima volta. Come Commisso.
L’imprenditore che vuole una “nuova Serie A”
La storia del presidente viola è nota: nato in Italia, a 12 anni si trasferisce in America dove, dopo aver completato gli studi con merito alla Columbia University, fonda Mediacom, azienda che si afferma a tal punto da diventare la quinta azienda fornitrice di TV via cavo negli USA. Appassionato del calcio fin da piccolo, dopo aver già rilevato i New York Cosmos, due anni fa ha acquistato la Fiorentina dalla famiglia Della Valle per una cifra stimata intorno al 170 milioni di euro. Proprio Diego Della Valle, prima di lui, provò a cambiare il sistema calcio. Non funzionò. Commisso è tenace, ha deciso di riprovarci tanto da far mettere, nero su bianco, un decalogo con le proposte per “un calcio sostenibile e regole più chiare per i procuratori”. L’ambizione non manca tanto che il comunicato ha già raggiunto almeno due obiettivi. Il primo è quello più lampante: si sono (ri)accessi i riflettori su tematiche che sembrano quasi un tabù per il calcio europeo che, dopo anni di modifiche alle proprio competizioni, non ha certo colmato le differenze tra i club più ricchi e quelli meno. Anzi.
Il secondo è politico, in senso buono. “La Lega di Serie A è una jungla”, disse un dirigente veterano, in piena emergenza Covid, commentando la battaglia interna tra presidenti e manager per come gestire il finale di stagione 2019/20.
Qualcosa sta cambiando. Non sono finite le lotte in Lega, ma la geopolitica della Serie A sta vivendo un momento di transizione e il proprietario della Fiorentina lo sa bene: lo scorso 22 settembre, il Fondo 777 Partners ha rilevato il Genoa da Preziosi, facendo sì che anche la proprietà del club più antico d'Italia diventasse americana. Statunitense, 57 anni, anche Robert Platek che ha rilevato il 100% dello Spezia dalla Orlean Invest di Gabriele Volpi. Da una proprietà americana a un’altra in casa giallorossa: da agosto 2020, a Roma, è cominciata una nuova era sotto la presidenza di Dan Friedkin. Il tutto senza dimenticare all’appello Bologna, Venezia e Milan.
Ancora più recente sono i nuovi capitoli di tre club di Serie B che presto potrebbero tornare in A: nella storia del Parma è entrato l'americano Kyle Krause, presidente e Ceo del gruppo che porta il suo nome, mentre in quella del Pisa è arrivato Alexander Knaster, russo naturalizzato statunitense, con un patrimonio personale stimato in oltre 2 miliardi di dollari. Lo scorso luglio era toccato anche alla Spal con l'acquisizione di Joe Tacopina.
Insomma, è palese chi sono gli interlocutori a cui punta la Fiorentina. Non sono più solo i “lotitiani” o le altre correnti interne della Lega, ma i proprietari di una Serie A che parlerà sempre più inglese con una struttura che dovrà prendere il meglio dell’impresa e del professionismo americano. Non tutto ovviamente. “A differenza delle Leghe Sportive professionistiche ‘chiuse’ degli Stati Uniti”, ha ricordato proprio la società viola nel suo comunicato, “nelle quali le attività dei procuratori sono regolamentate dai ‘Commissioner’ delle Leghe Sportive, in quasi tutto il resto del mondo i procuratori sono diventati i centri di potere del calcio, senza regolamentazione e trasparenza”. Un fronte comune per cambiare questi equilibri può venire, sintetizzando, solo da chi conosce (e vive) il mercato d’oltreoceano.
Le 10 proposte della Fiorentina
Il contesto è chiaro. Per Commisso è saltato quell’equilibrio che il sistema calcio deve mantenere tra tutti gli attori che lavorano, direttamente o indirettamente, nel mondo del pallone. Nel solo 2019, come ha ricordato il Presidente della Fifa Gianni Infantino, su 7 miliardi spesi per il mercato, ben 700 milioni sono andati in provvigioni per gli agenti. Un dato che probabilmente, amplificato dalla rottura dei rapporti con i procuratori di Vlahovic, è alla base delle 10 considerazioni per garantire quello che vuole essere, parola di Rocco, “uno scenario più equilibrato”.
Vediamo cosa propone la società viola.
1. Un limite alla percentuale sul trasferimento, dove le commissioni ai procuratori non dovranno superare il 5% del valore di trasferimento del giocatore.
2. Un’unica commissione, il procuratore potrà avere il mandato da una sola delle parti, così come sarà pagata la commissione soltanto da una delle parti, preferibilmente dal Club acquirente.
3. Procure singole, in ogni trasferimento, il procuratore potrà rappresentare solamente il calciatore.
4. Un nuovo sistema di solidarietà per parametri zero, per tutelare le soietà che, pur avendo investito nella formazione continua dei calciatori, vedono comunque andare via alcuni di essi a fine contratto.
5. Solo le società autorizzate a trattare, nel periodo di durata del contratto del calciatore, solamente il Club venditore potrà negoziare il prezzo del trasferimento con il Club acquirente, a meno che il Club venditore conceda per iscritto l’autorizzazione al procuratore del calciatore a partecipare alle trattative,
6. Durata dei contratti più lunga, la FIGC dovrebbe trovare una soluzione con la possibilità di prolungare i contratti dei calciatori almeno fino a 6 anni (5+1), come già avviene in Premier League.
7. Un limite alle commissioni, dove le commissioni ai procuratori sui contratti dei calciatori non dovrebbero superare il 3% della retribuzione lorda del calciatore.
8. Altre fonti di guadagno per i procuratori, che potranno incassare ulteriori commissioni da altri accordi da stipulare con i calciatori (come i diritti di proprietà intellettuale, i diritti mediatici o gli accordi di sponsorizzazione).
9. Camera di compensazione, per avere sotto controllo e tracciati i pagamenti effettuati a favore degli agenti.
10. Totale trasparenza, tutte le commissioni versate ai procuratori dovranno essere riferite su base annuale dai Club a FIFA, UEFA, FIGC (in Italia) e al fisco nazionale.
Insomma, una rivoluzione totale.
Cosa accadrà? Il futuro tra speranze e timori
Lanciato il sasso, stavolta non si può nascondere la mano. Se dal canto suo la società viola spera di stimolato gli organi del calcio italiano ed europeo a iniziare una serie di riforme, dall’altra c’è quella del tifo. I sostenitori della Fiorentina, come abbiamo già visto, amano questa situazione che, mutuandola dalla politica, si potrebbe definire “di lotta e di governo”. Quest’anno le ambizioni in campionato sono tante, un sollievo dopo gli ultimi anni anonimi, come tanti sono i timori di eventuali ritorsioni. La (non lieta) fine delle lotte dei precedenti proprietari della Fiorentina sono lì a richiamarli, ma la sensazione è che qualunque sia il risultato questa sia una “battaglia da combattere”. Magari non come quella di Don Chisciotte. Certo, a breve potrebbero registrarsi delusioni (a meno di sorprese dell’ultimo minuto Vlahovic non rinnoverà e lascerà la squadra, ad esempio) ma lo sguardo di Commisso guarda lontano. Per regalare a Firenze la grandezza che lui e la città sognano, bisogna permettere anche a chi non ha i numeri delle big europee di competere ad armi pari. Non mancheranno avversari e nemici, ma questa forse è un’altra storia.
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