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L'affaire Vlahovic dimostra com'è difficile per una squadra diventare Grande

Andrea Trapani

Firenze non è una città per giovani (calciatori). L'attaccante serbo non vuole rinnovare il contratto e se ne andrà nonostante la generosa offerta di Commisso. Un destino comune alla "meglio gioventù fiorentina"

Al centro della politica nazionale per gran parte dell’ultimo decennio, l’animo dei fiorentini ormai è noto ai più. Non serve il calcio per ricordarlo, ma il gioco del pallone è probabilmente la cosa che rappresenta al meglio il terreno su cui si fonda la città: a dispetto delle sue dimensioni, è tra i luoghi più noti al mondo, Firenze si sente grande e anche la Fiorentina vuole esserlo. Come del resto chi la segue. Un contrasto di emozioni e sensazioni pervade, da sempre, il tifoso viola.

Appassionato alla squadra della sua città, segue le vicissitudini 24 ore su 24, con rara passione tanto da amare (e odiare) visceralmente tutto quel che gli gira intorno. Ora deve aggiungere alla sua lista una data tabù, il 5 ottobre. Lo scorso anno, in questo esatto giorno, si realizzò il passaggio di Federico Chiesa alla Juventus, un trasferimento che sembrava inevitabile per le logiche del mercato e che arrivò proprio allo scadere del tempo limite, lasciando di fatto la Fiorentina senza il suo miglior giocatore per tutta la (tribolata) stagione che seguì.

 

Un campionato mediocre, almeno per i risultati, in cui però all’improvviso è esplosa una stella. Merito di Cesare Prandelli che, appena sedutosi sulla panchina del Franchi, decise di promuovere Vlahovic titolare. Una scelta decisiva. Il ventenne serbo, il cui talento rimane inespresso nelle prime giornate in cui doveva conquistarsi la maglia da titolare sgomitando contro Kouamé e Cutrone, mostrò tutta la sua classe contribuendo alla salvezza della Fiorentina. Con numeri da primo della classe: il giovane numero 9, classe 2000, infatti si è conquistato gli onori della cronaca a suon di gol, 21 a fine campionato. Ben 20 dei quali da metà dicembre in poi, tanto che nell’anno solare 2021, al termine della stagione regolare, aveva segnato gli stessi gol di Mbappè in campionato (18), ma più di Benzema e Ronaldo (17) dietro solo a Haaland (20).

Da sorpresa a certezza. Da un giorno all’altro. Le sirene del mercato estive sono state tutte su di lui, con Rocco Commisso bravo a fermare la concorrenza delle big di mezza Europa per accaparrarselo. Nonché a proporgli un rinnovo di contratto che, ancora una volta un (maledetto) 5 ottobre, è stato rifiutato. “In queste settimane in cui sono stato qui a Firenze ho provato personalmente a trovare una soluzione che potesse rendere felice il ragazzo ed il Club, ma, con mio grande dispiacere, ogni nostro tentativo e ogni nostro sforzo non è stato premiato,” ha dichiarato il presidente viola, nelle scorse ore, prima di ripartire per gli Stati Uniti.

Insomma, anche Dusan Vlahovic se ne andrà. Chissà se già a gennaio o a giugno. Il contratto è fino al 2022, ma per incassare (anzi monetizzare, come dicono gli affaristi del pallone) bisognerà sbrigarsi. Rocco Commisso lo sa bene tanto da parlare schiettamente al “Popolo Viola”, rappresentandolo al meglio. Servirà un altro attaccante all’altezza, in tempi brevi.

 

La sua voglia di grandezza, è uno degli uomini più ricchi al mondo, è pari sicuramente alla bellezza di Firenze. Commisso vuole primeggiare, magari allevando i suoi campioncini in casa, ma il calcio di oggi non è destinato ai sognatori. In realtà, forse non lo è mai stato. Chi tifa Fiorentina sa bene come sia doloroso fare i conti con la propria storia e con gli amori spezzati: ad eccezione di Giancarlo Antognoni, l’unico che ha giurato e mantenuto la fedeltà eterna alla maglia viola, i casi con cui fare i conti sono tanti. Forse troppi. L’addio di Roberto Baggio, direzione Juve, del 1990 è sicuramente quello più conosciuto tanto da lasciare lunghi strascichi negli anni, ma non mancano all’appello neanche le altre cessioni che hanno visto protagonisti alcuni dei calciatori più grandi mai visti a Firenze. Si pensi all’era Cecchi Gori in cui, dopo le prime gioie, arrivarono anche i dolori e il dover fare i conti con quella realtà che, in pochi anni, portò lontani da Firenze Rui Costa, Batistuta e Toldo, oltre alla stessa Serie A.

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Stessa storia dopo la rinascita: le prime gioie, le prime partenze. Luca Toni non è stato per Firenze quel che sono stati altri giocatori, ma il suo passaggio al Bayern Monaco fece capire ancora una volta che - nonostante si giocasse per un posto in Champions League - per i calciatori le ambizioni si realizzano solo in alcuni club. Passano gli anni, ma rimane sospeso quel tempo in cui i sogni da grande di un’intera città si scontrano con le ambizioni personali e i soldi a cui puntano i calciatori.

 

Quei maledetti soldi che fanno sembrare realtà come Firenze una “piazza piccola”. Le virgolette sono obbligatorie (le cifre offerte dalla Fiorentina a Vlahovic sono notevoli, ndr), ma gli ultimi giovani cresciuti lungo le rive dell’Arno hanno reso chiaro che i calciatori contemporanei non vogliono diventare “bandiere” dei tifosi che li hanno coccolati fin da piccoli.

Gli ultimi anni sono stati emblematici: prima Federico Bernardeschi, poi un altro Federico (Chiesa), entrambi cresciuti e maturati nel vivaio viola, hanno scelto un’altra strada: la stessa, per perfida scelta del destino (e dei procuratori), che i tifosi della Fiorentina non vorrebbero fosse mai intrapresa, quella che porta a Vinovo ai campi di allenamento dell’odiata Juve. Tanto che, nel tam tam delle radio fiorentine che in queste ore rilanciano continuamente le parole del presidente, i tifosi chiamano in trasmissione per dire che, tutto sommato, la speranza è che Vlahovic vada all’estero. Insomma, siamo ai già saluti a poche ore dalla pubblicazione delle dichiarazioni di Commisso sul sito ufficiale. Firenze è così.

Il tutto per esorcizzare l’ennesimo dolore, un altro giovane cresciuto calcisticamente a Firenze che però non riesce ad apprezzare pienamente la grandezza e la passione della città in cui vive da anni. Un altro che vuole provare ad affermarsi altrove. E dire che, nonostante i primi anni tribolati nei risultati, la presidenza Commisso sta facendo di tutto per rendere appetibile ai calciatori la vita in riva all’Arno: il centro sportivo che sta nascendo a Bagno a Ripoli sarà un’eccellenza italiana, i contratti pagano cifre importanti, la società è seria (e senza debiti) eppure il sogno dei giovani talenti continua ad essere lontano da qui.

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