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Nell'Italia che vince nel nuoto (anche in vasca corta) mancano le donne

Francesco Caligaris

Melbourne l’unica donna che ha vinto una medaglia individuale è stata Sara Franceschi, argento nei 400 misti. La sproporzione tra le vittorie non è però un fatto che si può limitare solo alla settimana australiana, ma una tendenza che va avanti più o meno dal ritiro di Federica Pellegrini

Insieme al Mondiale di calcio, è finito anche l’altro Mondiale, quello di nuoto in vasca corta che si è disputato la settimana scorsa a Melbourne, in Australia. L’Italia è stata chirurgica nell’eguagliare il record di medaglie stabilito un anno fa ad Abu Dhabi, 16, e l’ha fatto con un numero di convocati molto più basso rispetto all’anno scorso, 19 contro 31. In realtà l’Italia si è addirittura migliorata, perché ha vinto cinque ori, sei argenti e cinque bronzi, un argento in più rispetto ai numeri del 2021 (5-5-6), e fra i tanti motivi per cui anche questo Mondiale verrà inserito tra le pietre miliari del nuoto italiano vanno aggiunti due record del mondo, il primo titolo individuale nei misti, il terzo posto nel medagliere complessivo e, in assenza della Russia, la conferma del ruolo di prima potenza europea alle spalle di Stati Uniti e Australia. Ma soprattutto, e non era mai accaduto prima, l’Italia è salita sul podio in tutte e cinque le staffette maschili a cui ha partecipato: oro con la 4x100 stile libero, oro con la 4x50 mista, argento con la 4x50 stile libero, bronzo con la 4x200 stile libero e bronzo con la 4x100 mista. Neanche gli Usa ci sono riusciti.

 

Questo dato indica la differenza tra il Mondiale dell’Italia maschile e quello dell’Italia femminile. A Melbourne l’unica donna che ha vinto una medaglia individuale è stata Sara Franceschi, argento nei 400 misti, per il resto il gruppo ha sofferto le assenze (Simona Quadarella e Martina Carraro su tutte), uno stato di forma non eccezionale (Benedetta Pilato) e la mancanza di specialiste della vasca corta (non lo è Margherita Panziera, e in realtà neanche la stessa Pilato che, parole del suo allenatore Vito D’Onghia, “magari è prima o seconda, poi fa la virata, esce dalla subacquea e si ritrova quarta”).

  

La sproporzione tra le medaglie portate dagli uomini e quelle delle donne non è però un fatto che si può limitare solo alla settimana australiana, ma una tendenza che va avanti più o meno dal ritiro di Federica Pellegrini. Prendiamo un evento a caso dello scorso decennio, l’Europeo in vasca lunga di Berlino 2014: 15 medaglie di cui otto maschili, sei femminili e una dalla staffetta mista. Praticamente cinquanta e cinquanta. Alle Olimpiadi di Tokyo 2021, invece, su sei medaglie solo una è arrivata dalle donne, e anche nella magica estate 2022, tra il Mondiale di Budapest e l’Europeo di Roma, il bottino femminile è stato solo un terzo del totale (rispettivamente 3 su 9 e 13 su 35).

 

“Bisogna creare anche tra le ragazze quello spirito aggregante e vincente che adesso unisce gli uomini”, ha detto il direttore tecnico dell’Italia Cesare Butini. “Sicuramente fare gruppo nelle donne è un po’ più difficile”, spiega Vito D’Onghia, l’allenatore di Benedetta Pilato, “ma in realtà il gruppo c’è. In questa edizione del Mondiale il dislivello è stato più evidente, ma non dimentichiamo che, per esempio, proprio nella rana femminile abbiamo cinque atlete eccezionali: Benedetta, Martina Carraro, Arianna Castiglioni, Lisa Angiolini e Francesca Fangio. I risultati arriveranno, da sotto scalpitano molte giovani forti”.

 

A Melbourne Benedetta Pilato è stata eliminata in semifinale nei 100 rana ed è arrivata settima nella finale dei 50. Domenica, dopo la sua ultima gara, ai microfoni della Rai ha lanciato un piccolo allarme: “Potrei non fare gli Assoluti primaverili di Riccione”, che fungono da tappa di qualificazione per il prossimo grande evento internazionale, i Mondiali in vasca lunga di Fukuoka (Giappone) in programma a luglio 2023. D’Onghia però placa le acque: “Era solo una provocazione. Intendeva dire che, visto che non era al massimo della forma ma le aspettative su di lei sono sempre altissime e anche in questi giorni abbiamo letto dei titoli molto forti, la prossima volta ci penseremo due volte prima di partecipare a una gara se non sarà al meglio. Ha ancora 17 anni, viene da un 2022 ricco di vittorie, quest’anno ha anche la maturità: va protetta. Nello sport si vince e si perde: in Italia siamo più attaccati al risultato che alla prestazione, ma quasi nessuno si è accorto che nei 50 rana l’anno scorso ha vinto l’argento in 29’’50, mentre quest’anno è arrivata settima con un tempo migliore, 29’’48”.

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