Foto Alfredo Falcone - LaPresse

La fuga in avanti di Draghi su Euro 2020 (e sull'Europa)

Francesco Gottardi

"Pronti a ospitare la finale al posto di Wembley", ha detto il premier spiazzando anche Speranza e Vezzali. La Figc nega, la Uefa (per ora) dà fiducia a Londra ma il boom di contagi in Regno Unito preoccupa. Il calcio come prestigio politico

Mettiamoci pure l’euforia attorno ai ragazzi di Mancini. Ma quello di Mario Draghi non ha l’aria dell’annuncio di circostanza. Ha scelto la sede – conferenza congiunta con Angela Merkel – e il momento – “Per il Regno Unito sarà un altro anno difficile”, aveva ammesso poche ore prima Boris Johnson, il consueto ottimismo on the side – più opportuno per affondare il colpo. La finale di Euro 2020 da Wembley all’Olimpico: se la variante indiana dovesse dilagare in Inghilterra, l’Italia vorrebbe esserci. E chiudere il cerchio a Roma, dove lo sport internazionale aveva ritrovato colori e tifosi in sicurezza sugli spalti lo scorso 11 giugno. Un incipit piaciuto a tutti – Uefa in testa –, che ora si trasforma in biglietto da visita.

A sorpresa, anche all’interno di Palazzo Chigi. Roberto Speranza e Valentina Vezzali non si aspettavano lo scatto in avanti del premier. Soprattutto il sottosegretario di Stato con delega allo sport: dopo le parole di Draghi sono seguiti alcuni contatti informali fra i collaboratori di Ceferin e l’ex schermitrice. Che tuttavia, anziché fare chiarezza, ha preso tempo. Così a livello ufficiale per ora non cambia nulla: il governo britannico ha optato per il no comment, il numero uno della Federcalcio Gabriele Gravina ha subito smentito l’ipotesi Roma, mentre l’ultimo comunicato Uefa dice che “con la Football association e le autorità inglesi stiamo lavorando a stretto contatto per organizzare con successo le semifinali e la finale di Euro 2020 a Wembley. Non ci sono piani per cambiare la sede di quelle partite”.

 

C’è però l’incognita Covid. Lunedì per il Regno Unito doveva essere il d-day del liberi tutti, ma il nuovo boom di contagi – 10.500 nelle ultime 24 ore – ha costretto il governo a rivedere i piani. Con restrizioni importanti anche alla dogana: i dieci giorni di quarantena obbligatoria all’ingresso del paese sono un macigno per la logistica del torneo. L’Italia ha scoperto di giocare contro l’Austria a Wembley il 26 giugno con sei giorni di anticipo, e dagli ottavi in poi le tempistiche dei verdetti saranno ancora più strette. Così i tifosi azzurri in possesso di biglietto (circa 2.000) devono trovarsi in Inghilterra almeno dal 16: l’ambasciata italiana a Londra sta lavorando per limitare al massimo i casi di connazionali respinti alla frontiera e non è l’unica in questa situazione. Anche per questo l’offerta del Regno Unito di aumentare la capienza di Wembley dal 40 al 75 per cento potrebbe non bastare alla Uefa. E tecnicamente il cambio di sede ha già i suoi precedenti: per analoghi motivi di emergenza sanitaria, Dublino e Bilbao avevano perso le partite loro designate per l’Europeo. Con ricadute economiche evidenti per le città. Senza esasperare il contenzioso, la Uefa e il capoluogo basco hanno trovato l'accordo per un indennizzo da 1,3 milioni più una serie di eventi internazionali da tenersi in futuro allo stadio San Mames. In caso di dietrofront finale, risarcire Londra sarebbe molto più costoso. Ma non legalmente impraticabile.

 

 

Finora nessun’altra città ha formalizzato la richiesta per ospitare il main event. Oltre a Roma, le altre sul tavolo sono San Pietroburgo, Monaco di Baviera – la Germania “sarebbe felice di ospitare un altro match”, ha detto il presidente del land Markus Söder – e Budapest. La capitale ungherese è l’unica fra le sedi di Euro 2020 a non avere limiti di capienza (e neppure obbligo di mascherina): i 61mila tifosi della Puskas Arena hanno già stordito la Francia campione del mondo e sarebbero un colpo d’occhio – oltre che una garanzia al botteghino – per la finale. Ma anche un’arma a doppio taglio. La preoccupazione per nuovi focolai scoppiati allo stadio c’è. E la Uefa esiterebbe a sponsorizzare l’ultimo azzardo di Orban, inimicandosi gli altri interlocutori. Perché ormai è questione di prestigio politico europeo. Che Draghi vorrebbe fare suo: “Mi adopererò affinché la finale non si faccia in un paese dove i contagi stanno crescendo”, le parole testuali.

In quel caso anche l’Olimpico dovrebbe garantire la capienza del 50 per cento, ospitando 32mila tifosi, il doppio di quanto registrato durante la prima fase. Ma oggi sembra (lo sarebbe davvero?) l’ultimo dei problemi. “Siamo pronti”, ha subito twittato anche la sindaca Virginia Raggi. “Dopo il successo dell’apertura degli Europei, Roma e l’Italia hanno dimostrato di saper organizzare grandi interventi internazionali”. Memoria corta – “E l’Olimpiade invece cos’era, una sagra di paese?”, fa notare un utente –, sindrome da “Notti magiche”. Gli Azzurri stessi hanno avallato la retorica cantandola a squarciagola davanti al Parco dei Principi, dopo la vittoria sul Galles. In quel 1990, tutto iniziò e finì a Roma. Ma più che ai revanscismi, Draghi guarda al nuovo scacchiere comunitario con Germania e Francia presto alle urne. Euro 2020 è un’occasione anche per questo.

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