Massimiliano Allegri (foto LaPresse)

Con o senza Allegri per la Juventus vincere è l'unica cosa che conta

Nicola Imberti

I bianconeri ufficializzano il divorzio dal tecnico livornese. Nella prossima stagione non sarà lui a guidare la squadra. Agnelli, ancora una volta, si prende la responsabilità di cambiare per continuare a vincere

Qualcuno, adesso, parla di “decisione sorprendente”, ma di sorprendente, forse, c'è solo il fatto che l'annuncio ufficiale sia arrivato quando mancano ancora due giornate alla fine del campionato. Certo, la Juventus non ha più nulla da giocarsi e ha già, da tempo, la testa proiettata verso il futuro. Quindi difficilmente la notizia data oggi avrà un impatto su quello che accadrà in campo contro Atalanta e Sampdoria. La notizia, che chiude settimane di voci e indiscrezioni e conferma quello che qualcuno aveva già detto da giorni (veramente siete sorpresi che sia accaduto?), è che nella prossima stagione Massimiliano Allegri non sarà più l'allenatore dei bianconeri

 

 

A comunicarlo, in una nota, la stessa società: “Massimiliano Allegri non siederà sulla panchina della Juventus nella prossima stagione 2019/2020. L’allenatore e il presidente, Andrea Agnelli, incontreranno insieme i media in occasione della conferenza stampa, che si terrà domani, sabato 18 maggio, alle ore 14 presso la sala conferenze dell’Allianz Stadium”.

 

Forse si poteva rinviare l'ufficialità del divorzio dopo il 26 maggio. Ma l'unico risultato certo sarebbero stati altri dieci giorni di chiacchiere da bar dello sport. Cose che non piacciono particolarmente a Torino. Così meglio chiuderla subito. E meglio anche porre fine al triste spettacolo di tifosi (se tali si possono definire) che da settimane sfogavano le proprie frustrazioni sui social al grido di #AllegriOut.

 

Massimiliano Allegri non è probabilmente un campione di simpatia. Il suo rapporto con la tifoseria è sempre stato abbastanza difficile, non fosse altro che arrivò a Torino come “rimedio dell'ultimo minuto” per cercare di raccogliere l'eredità di Antonio Conte (un altro che non brilla certo per simpatia). Ma sono tutti discorsi che sulla sponda bianconera di Torino lasciano il tempo che trovano. “Vincere è l'unica cosa che conta”, recita il celebre motto. E Allegri in questi 5 anni ha vinto. Molto.

 

Chi oggi lo nega o gli rinfaccia di aver mancato l'obiettivo più ambito, la Champions League, dovrebbe ricordare magari che c'è un altro allenatore che negli ultimi otto anni, otto non cinque, non l'ha vinta: il profeta del bel calcio, Pep Guardiola (cioè colui che ora, in molti, sognano sulla panchina della Juve). Senza contare che dal 1996 a oggi, Allegri è quello che più di tutti si è avvicinato alla vittoria finale della “coppa con le orecchie”, obiettivo mancato anche da illustri predecessori come Conte e Fabio Capello. Insomma, contestare Allegri ed essere felici per la sua cacciata, non è solo assurdo, ma significa negare l'enorme percorso che, anche grazie a lui, la Juventus ha fatto in questi anni in Italia e nel mondo. 

 

Questo vuol dire forse che Allegri doveva rimanere a tutti i costi l'allenatore della Juventus? Certo che no. È evidente che dopo l'eliminazione contro l'Ajax qualcosa si è rotto. Tutti, in un modo o nell'altro, hanno avuto l'impressione di essere davanti alla fine di un ciclo. L'azzardo di giocare tutto per provare a conquistare la Champions non ha ottenuto il risultato sperato. Ora bisogna ripartire e il tecnico livornese, probabilmente, non è la persona adatta per guidare una rivoluzione che, a questo punto, appare necessaria.

 

La società, quindi, ha fatto quello che doveva fare. Ha valutato, ha progettato, ha scelto. È quello che la Juventus fa da anni (veramente siete sorpresi che sia accaduto?) ed è difficile negare che i risultati non gli abbiano dato ragione. Certo non tutti gli addii sono uguali. Pochi piangeranno per Allegri, molti piansero per Alessandro Del Piero o Gigi Buffon. Ma la logica, anche se potrà non piacere è la stessa: prendersi la responsabilità di fare quello che può permettere alla squadra di continuare a vincere. 

  

E forse non è un caso che la fine dell'esperienza di Allegri coincida con la fine di quella Daniele De Rossi con la Roma. Da un lato i tifosi schierati per la stragrande maggioranza dalla parte di Andrea Agnelli, dall'altra le contestazioni a James Pallotta e la società. Difficilmente, domani, assisteremo a una conferenza stampa in cui Allegri attaccherà la società, o pronuncerà frasi dure come quelle pronunciate dall'ex capitano giallorosso. Sarà, come accaduto in passato, la celebrazione di un divorzio consensuale. E poi si ricomincerà a lavorare per ritornare a vincere e a correre verso la Champions. Sicuramente non è romantico, non è bello e appassionante, potrà apparire freddo e calcolatorio, ma qualunque tifoso sa che le vittorie aiutano a lenire anche i dolori più profondi. Con o senza Allegri vincere è l'unica cosa che conta. 

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