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L'Ajax, il Liverpool e del perché gli altri sono più divertenti

Alessandro Bonan

I Lancieri non lasciavava il respiro, spingevano all’errore per poi ripartire con una sfrontatezza che rasentava l’insulto, mentre la compagine di Klopp si dimostrava per l’ennesima volta la squadra più verticale del mondo

Sciame di api, ronzio lontano. Lo senti avvicinare, il rumore cambia, s’ingrossa, fa paura. Come resistere all’assalto, difendersi? Quelli dell’Ajax non sono calciatori, sono insetti ipercinetici, in cerca di miele. I rossi del Liverpool, cavallette giganti, velociraptor più precisamente. Le due semifinaliste, insieme alle altre inglesi – una fuori, il City, ucciso da una lama di tre centimetri di fuorigioco, una dentro, il Tottenham, che gioca come respira, senza un pensiero – cospirano contro l’uomo normale, noi, i mediamente agili, normalmente veloci, vagamente rassegnati. Quando loro iniziano la caccia, per noi comincia la fine. Un lento baratro che conduce fino alla paranoia.

 

Basta ricordare la Juve, in poche battute ridotta alla debolezza, affranta, impotente. L’Ajax attaccava senza attaccanti, senza centrocampisti, senza difensori. Tutti facevano tutto, da zone predefinite si, ma con una rapidità mai vista da Dybala e compagni. L’Ajax giocava uomo su uomo, in Italia solo l’Atalanta lo fa. Non lasciava il respiro, spingeva all’errore per poi ripartire con una sfrontatezza che rasentava l’insulto. Tra City e Tottenham è parsa subito una questione di tempo, una bruciava l’altra in spazi infinitesimali, dove il genio De Bruyne si infilava come una termite nel legno, penetrando tutto senza incontrare ostacoli. Il Liverpool si dimostrava per l’ennesima volta la squadra più verticale del mondo, da poche ore insieme all’Ajax. La squadra olandese quando conquista palla guarda subito avanti, con l’unico obiettivo di andare verso la porta, esattamente come fanno i Reds. Chiunque sia girato di spalle effettua una virata fulminea, o una strambata a seconda dell’esigenza e comincia a correre in verticale affiancato da almeno tre compagni. Si scambiano il pallone come se fosse un fuoco, uno due tocchi al massimo, perché di più vorrebbe dire la morte precoce dell’azione. Si muovono insieme, tutti avanti tutti indietro come uno sciame appunto e non passano mai il pallone al portiere. E quando questo accade, l’uomo tra i pali ha l’ordine di lanciare lungo, mai di lato, alla ricerca di almeno quattro con la stessa maglia a cui si aggiungano in fretta altri rinforzi, per conquistare lo spazio e con esso il possesso del pallone con cui ripartire con fraseggi rapidi e taglienti, repentini come un assolo di Paganini. Nel nostro campionato si balla la mazurka, con cento tocchi prima di arrivare a metà campo. Un ritmo impossibile, sciocco, da penultima moda. Klopp, Pochettino, Guardiola, Ten Hag sono il calcio nuovo fatto di ritmo e velocità. Non ci resta che guardarli e imparare, dimenticando l’odioso giro palla, il taka tiki, imitazione dell’originale barcellonese ormai dissolto con la fine di Iniesta e Xavi. A meno che, resistenti al moderno come vecchie zitelle, non si torni al contropiede, che forse non sarà à la page, ma almeno, capelli al vento, sviluppa velocità, si alimenta come un’onda e, quasi sempre, si conclude in porta.

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