Il presidente della Federcalcio palestinese, Jibril Rajoub (foto LaPresse)

L'Argentina ha già vinto la Coppa del Mondo. Dell'ipocrisia

Giulio Meotti

La nazionale di Messi cede ai ricatti e non va a Gerusalemme. Qatar sì, Israele no

Roma. Con la cancellazione dell’amichevole fra Argentina e Israele, il movimento per il boicottaggio dello stato ebraico ha ottenuto il suo scalpo più pregiato, il suo “successo più ambizioso” come lo definisce il Washington Post. “Bruciamo le maglie di Lionel Messi se va a giocare a Gerusalemme”, aveva detto Jibril Rajoub, il capo della Federcalcio palestinese. Le minacce (“anche di morte” ha detto Messi) hanno funzionato.

 

Ma la stampa argentina castiga la Nazionale. Sul quotidiano Clarìn, il giornalista Miguel Winazki ha detto che è il momento di “sollevare la Coppa del Mondo dell’ipocrisia”. Per essere coerente nella decisione di evitare controversie all’estero, ha scritto Winazki, la Nazionale “non dovrebbe giocare in Russia, perché il Cremlino è dietro la decisione di lanciare incursioni militari in Siria”. Non dovrebbe giocare contro la Spagna, “per le sue enclave coloniali a Ceuta e Melilla”.

 

Winazki ha una soluzione: “Aboliamo il calcio, diventiamo un faro morale e innalziamo la Coppa del Mondo dell’ipocrisia”. Messi, ha notato lo scrittore Daniel Lagares, vive a Barcellona, dove solo l’anno scorso 13 persone sono state uccise in un attacco dell’Isis. Altri membri della squadra argentina giocano in Inghilterra “dove c’è stato un attacco sul ponte di Londra”, e a Parigi, dove lo Stade de France era uno degli obiettivi degli attacchi del 2015. “Ora sono stati avvertiti che Gerusalemme è pericolosa. Ma è più pericolosa di altre città?” si chiede Lagares.

 

Difficile credere che le “minacce” fossero talmente serie da spingere una nazionale a boicottare un altro paese e a scatenare una crisi politica con telefonate fra il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente argentino Mauricio Macri. Anche se è vero che Buenos Aires nel 1992 fu teatro di due spaventosi attentati terroristici contro la comunità ebraica e l’ambasciata israeliana (la matrice era iraniana con Hezbollah a fare da tramite). Ma la spiegazione, forse, è più banale: il vile denaro. Uno dei principali finanziatori del boicottaggio di Israele è il Qatar, che è anche uno dei primi sponsor di Hamas a Gaza.

 

Il Qatar nel 2022 ospiterà i Mondiali di calcio e, come farebbe giustamente notare Winazki, in quel caso l’Argentina ci sarà, anche se Doha è una satrapia islamista dove gli operai (tutti stranieri) impiegati nella costruzione degli stadi da calcio sono trattati come schiavi. Israele è soltanto l’ottava destinazione mediorientale delle esportazioni argentine, dopo Qatar, Iran, Turchia, Iraq, Arabia Saudita, Yemen ed Emirati Arabi Uniti. E col Qatar, l’Argentina ha appena stretto uno dei più copiosi patti economici nella storia del paese sudamericano. La Qatar Petroleum, il più grande fornitore al mondo di gas naturale liquido, il 3 giugno ha acquistato il trenta per cento della Exxon Argentina. E lo stesso Lionel Messi è la star del Barcellona, il cui sponsor guarda caso era la Qatar Airways. Si vendono più maglie a un miliardo di musulmani che a diciassette milioni di ebrei.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.