Édouard Manet, Chez le Père Lathuille, 1879 

L'amore online

La diversificazione per salvare le app di incontri: i rischi dell'eccesso

Giuseppe De Filippi

Le applicazioni leader del mercato ora devono cercare valore nella vendita di servizi aggiuntivi: da qualche tempo a questa parte, infatti, l'utenza si è stabilizzata e sempre meno persone fanno ricorso a questi "pseudo social network" per trovare l'anima gemella

Le app per mostrarsi, conoscersi, piacersi, scoparsi, mettere su storielle, fidanzamenti o famiglie, vendono la possibilità di sospendere, per un periodo breve ma decisivo, pudore, paure, insicurezze e convenzioni. Per l’attimo fugace dell’osservazione e del primo clic destrutturano i rapporti sociali e assolvono il desiderio. Poi tutto più o meno torna, certo, e per fortuna, ma dopo aver scontato il valore commerciale di quella prima scossa. Tinder, Match e gli altri hanno avuto bisogno di grandi numeri, di molti partecipanti, per essere nello stesso tempo efficienti, credibili e accettate socialmente e moralmente. Ora, lo scrive il Finantial Times, sembra che l’utenza si sia stabilizzata e che la tendenza vada verso la riduzione. Potrebbe anche essere un caso di saturazione della domanda (che, come si diceva prima, in realtà è domanda di sospensione di pudore e insicurezze) e di normale raggiungimento di un punto di equilibrio. Un paradosso del mercato del dating potrebbe essere la trasformazione, a due a due, in coppie stabili di tutti gli iscritti, un successo travolgente che azzererebbe, però, la clientela. Per ora, tanto i paradossi non avvengono, sembra che anche chi dirige le piattaforme e le loro app abbia dovuto comunque prendere atto di questa frenata, dopo la corsa arrembante dei primi anni. Mentre i social, come dire, generalisti, sempre stati latentemente luoghi di corteggiamento e di esposizione di sé, sono entrati direttamente nel business, erodendo parte della torta commerciale complessiva.

Le app pioniere e leader di mercato ora devono cercare valore nella vendita di servizi aggiuntivi. Anche perché la scelta prevalente e ormai diventata caratterizzante è stata la rinuncia alla pubblicità, forse per lasciare libere le schermate delle varie app e per togliere anche visivamente qualunque idea di commistione tra il proporsi, l’autoproporsi, di persone e l’esposizione commerciale di merci e prodotti. E stanno trovando buoni riscontri tra clienti disponibili a pagare discrete quote, anche per periodi brevi, anche solo per una settimana, e avere in cambio più visibilità, alcune forme di priorità nelle proposte e il diritto di piazzare un numero maggiore di like. I risultati di questa diversificazione, lo dice sempre il quotidiano inglese, pare che siano soddisfacenti. Con i titoli delle maggiori app graziati dagli analisti di Borsa malgrado la riduzione generale dell’utenza. Ma l’eccesso, lo segnaliamo, potrebbe essere pericoloso per la tenuta delle imprese. Il loro business ha a che fare con un gioco di interazioni sociali, in cui ha valore, certo, la certificazione della realtà dei dati proposti, ma che ha anche bisogno di vasta partecipazione e di parità nelle condizioni. Se la visibilità si acquista (e non si conquista) può diventare sospetta. Se ciò che è stato sospeso e destrutturato rientra per traverse vie commerciali potrebbe rompersi il giochino. Oppure si potrebbe troppo segmentare il mercato, riducendo i guadagni generali. Il punto, però, è che se c’è un prezzo giusto per stare nella serie A degli utenti va osservato che un prezzo è sempre e soprattutto un segnale. E, se eccessivo, potrebbe segnalare scarse doti tattiche o eccesso di arrapamento e danneggiare lo stesso utente pagante.

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