Brigitte Bardot fotografata a Cortina d’Ampezzo nel 1956 (Getty)  

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Non ci resta che Cortina. Colloquio con Enrico Vanzina

Michele Masneri

I quarant’anni di “Vacanze di Natale”, l’Italia che cambia, i ricchi vecchi e nuovi e la malinconia dei tempi che furono. E poi i nobili veri e finti, gli “Yuppies”, e tanti, tanti romani

Enrico Vanzina come in un film che si potrebbe intitolare “Essere Enrico Vanzina” (come “Essere John Malcovich”) è asserragliato all’hotel Posta a Cortina mentre stanno per partire i festeggiamenti per il quarantesimo di “Vacanze di Natale”. Tutta la cittadina è in festa, questo weekend ci saran concerti e premiazioni  e dj set, e il 30 il film uscirà di nuovo nelle sale italiane, solo per un giorno. Tornerà anche il cartellone mitologico con la palla di neve da cui spuntano gli sci, “opera di Renato Casaro, il più bravo di tutti, fu una componente importante del successo del film”, dice al Foglio Vanzina, contento, forse stupito, di nuovo in questo posto che adora, dove è andato innumerevoli volte, “mia madre ci abitava sei mesi l’anno”, e adesso sta lì per questa gran celebrazione, “sto facendo tutte le interviste io, Jerry (Calà) e Aurelio (De Laurentiis, produttore) han detto che arrivavano ma ancora non si son visti”. Ha appena fatto il Tg1, “e sta arrivando perfino il New York Times, capisce, il New York Times per Vacanze di Natale”, dice con una risata incredula. “Ma è venuto anche Quattroruote, perché non so come hanno ritrovato la macchina di Billo”, il protagonista di “Vacanze”, il cantante provolone impersonato da Calà. 

 

C’è neve? “Un po’”. C’è gente? “Un po’”, dice Vanzina. Ma Cortina intanto è sempre lì, teatro della gran commedia sociale italiana, tra olimpiadi e scalate (sociali). Nobili attori e industriali fanno a botte da sempre per esserci.  Nel paese impoverito dall’inflazione resta la destinazione più costosa della montagna italiana, con un prezzo medio che supera gli 11.300 euro al metro quadro, registrando un incremento del quasi 20 per cento in cinque anni. Chissà che ne sarà tra altri quarant’anni. Lo sci potrebbe essere una delle cose che finisce con questa generazione. Il riscaldamento del clima e la fine della neve, non bisogna essere fanatici ambientalisti, è davanti a tutti. Il Financial Times   recentemente ha stilato una classifica dei 20 posti di montagna al mondo dove c’è più probabilità di neve.  Cortina non compare. Una delle mete più gettonate invece è la non proprio celebre Furano, nell’isola giapponese di Hokkaido,  al diciannovesimo posto. Ci si immagina il coatto romano Mario Brega col colbacco a Hokkaido. De che?

 

Al primo posto della classificona invece c’è Aspen, Colorado, che ci riporta alla mente l’immortale “Vacanze di Natale 95”, ambientato proprio lì. Take That a tutto spiano, Luke Perry direttamente da “Beverly Hills 90210”. “Aspen la conosco bene, mi piace molto”, dice Enrico Vanzina. “Ci andammo con mio fratello a girare ‘Sognando la California’ e poi ci sono tornato diverse volte. E’ speciale durante il foliage, il Colorado del resto è uno dei posti più belli d’America, mischia la montagna col West, anche anche se per me è un po’ troppo su come altitudine. Ma ad Aspen la prima volta ricordo anche delle piste pazzesche, che da noi eravamo abituati alle cunette, e poi soprattutto il primo caminetto artificiale  con le fiamme finte. Alloggiavamo all’hotel The Little Nell. Non avevo mai visto niente del genere”. “St. Moritz è meno bella di Cortina, Cervinia invece è bella, ma non so se si può chiamare ancora Cervinia o Breuil”, dice ancora Vanzina.  Vero, c’è tutta la diatriba in corso. Altri posti? “Mai stato a Sestrière. Mi piacciono in Francia  Courchevel e Megève. Courmayeur invece è un po’ insaccata”. Qui i milanesi la odieranno, da sempre c’è la questione tribale  sui milanesi che vanno a “Courma” e i romani che vanno a Cortina. Ma perché i romani vengono fin quassù? “E’ vero, è un viaggio bestiale, ma del resto se Milano ha Courmayeur vicino, Roma ha solo il Terminillo”. 

 

A proposito, ne ha visti di romani in giro? “No, ma ho trovato una copia del Messaggero”. All’edicola della stazione? “No, alla libreria Sovilla”. Luogo mitico dove si tenevano i primi incontri culturali, secondo sport preferito a Cortina dopo lo sci, con Montanelli e Spadolini, da cui discendono i vari Cortina InConTra   e  la Montagna di Libri. Altri luoghi fondamentali? “Cappuccino alla pasticceria Lovat. Poi la farmacia su Corso Italia. Al terzo piano del palazzo stava mio fratello Carlo. La farmacista mi ha detto che quando pensa a lui le si apre ancora il cuore”. E la Cooperativa, il supermercatone-mall che sembra un Harrods di montagna, dove si va a comprare lo speck e il Financial Times, dove si prende la borsina con le margherite poi da esibire con nonchalance buttata lì in macchina,  dove c’è un intero reparto nella libreria dedicato alle dinastie (coi libri di Moncalvo come fosse Carrère, gli Agnelli, i Caracciolo…). “Vado domani”.

 

Poi? “Aperitivo sicuramente all’hotel Posta, che mi ospita. E dove  c’è una cena in mio onore, tutto esaurito, non so perché ci sia qualcuno che voglia spendere 300 euro per cenare con me, sono allibito”. Il Posta, anzi “De la Poste” è sempre lì, palchetto privilegiato dove osservare chi passa sul corso. Aneddoti: “David Niven stava girando qui la Pantera Rosa, a un certo punto durante le riprese su al Faloria, gli si era ghiacciata ‘la parte intima’, lo riportarono giù in paese e lo portarono al bar qui dell’albergo. Credo che ci fosse già il celebre Pupìn, come concierge, e Niven disse solo: “cazzo gelato”, due parole che gli avevano forse insegnato in italiano, e Pupìn non fece una piega, disse solo “wait”, e tornò dopo pochi istanti con una coppa colma di cognac, lo portò in bagno, e gli fece infilare il coso nel cognac, e pare che si rianimò subito. Cortina ha una grande tradizione di portieri d’albergo”.

 

A proposito di hotel, a Cortina intanto è chiuso  il Miramonti, altro storico albergo, tutto guglie, già set della “Pantera rosa” e poi di “Yuppies” (Greggio va a trovarci la fidanzata Sharon Gusberti). “Mi è sempre piaciuto moltissimo, anche perché è un po’ fuori dal paese”, dice Vanzina. Il Miramonti è chiuso dopo una vicenda molto vanziniana. L’anno scorso un signore dette in escandescenze e chiamò i Carabinieri, trovando grosse carenze nei sistemi antincendio – un romano! - poi si disse che era tutto studiato, voleva comprare lui tutto. Però quanta nostalgia di quelle tappezzerie consunte e dei camerieri che facevano alzare le “cloche” d’argento all’unisono al suono di “Un-deux-trois-voilà”.

 

“Ci andrò sicuramente in pellegrinaggio”, dice Vanzina. A Cortina ogni angolo un ricordo, qui del resto nacque il progenitore di “Vacanze di Natale”, quel “Vacanze d’inverno” in cui Camillo Mastrocinque (1959) dirige Vittorio De Sica che fa il portiere d’albergo e Alberto Sordi è invece Alberto Moretti, ragioniere che ha appena pagato l’ultima rata della sua Seicento e dopo venti ore al volante finalmente raggiunge la splendida cornice della perla delle Dolomiti insieme alla figlia. Il viaggio l’hanno vinto con un concorso della Rai. Sordi-Moretti, non abituato ai lussi cortinesi, alla fine per pagarsi gli extra lascerà la Seicento al portiere De Sica. Tutto parte da lì.  


“Quella fu l’idea”, racconta Vanzina, “un ‘Sapore di mare’ però ambientato sulla neve”.  Poi c’erano le musiche che scatenano il diabolico effetto nostalgia, parte fondamentale del mondo vanziniano.  “Era la teoria di Dino Risi col ‘Sorpasso’: ‘mettici le musiche di oggi, e ti si contestualizza subito tutto il film’. Carlo fece la ricerca delle hit di quell’anno, mentre io mi occupai di quelle che Billo suona al piano bar”. Qui scatta però il ferale interrogativo. Billo, il cantante che corteggia le mogli, interpretato da Jerry Calà, è nato dalla sua biografia o da quella di Calà? L’attore sostiene che “Billo c’est moi”. “Mah, non so, non è molto importante”, dice Vanzina. “Però anagraficamente c’ero prima io. La storia nasce quando venimmo a Cortina insieme io e  il mio amico Luca Montezemolo, io avevo diciott’anni, Luca uno di più. Partimmo da Roma con una Lancia Fulvia, ci fermammo a dormire da suo nonno a Bologna, e arriviamo qui, dove ci innamoriamo entrambi.  Io di una ragazza che si chiamava Jane, e faceva la deejay al Kings. Solo che dopo cinque giorni abbiamo finiti i soldi, ma io non volevo tornare a Roma, dovevo trovare un sistema. Chiamai mio padre, ma non mi dette una lira, e il padre di Luca nemmeno. Ma sotto il Kings c’è un altro locale, il Verocai, e lì chiesi al pianista se potessi fare qualche lavoretto. Io sapevo suonare, lui mi fece provare, e mi prese come secondo pianista. Dopo che ha suonato lui, per un’oretta, suono io. Cantavo le canzoni di Tenco, di Gino Paoli. E stavo sotto Jane. E’ stato il periodo più bello della mia vita”. E qui una musica risuona dentro di noi, I like Chopin…

 

Però a Cortina arrivare è sempre complicatissimo, e forse questo è parte del suo fascino.  Aereo o treno fino a Venezia, poi micidiali due ore di macchina o peggio ancora bus. La tangenziale è stata bocciata. L’aeroporto è chiuso da secoli. Intanto incombono le olimpiadi invernali, e la vittoria di Milano/Cortina 2026– che sembra già un titolo di Vanzina, col suo amico romanissimo  Giovanni Malagò in charge – non vedrà nessun record olimpico sulla distanza via della Spiga-hotel Cristallo, imbattuto rimane il Dogui, perché strade e infrastrutture si è fatto poco. Anche la pista da bob non ci sarà (c’era un’idea di spostarla in Piemonte in un posto che si chiama Cesana Pariol, tutto torna)…

 

L’aeroporto ogni tanto qualcuno prova a riaprirlo ma niente, viene considerato da tutti troppo pericoloso. Una volta intervistai Fiorenza de Bernardi, prima donna pilota di linea italiana, che mi raccontava le trasvolate sul Milano-Cortina e Venezia Cortina (“L’aeroporto era piccolo piccolo, arrivavi al Passo Giau, giravi a sinistra, poi chiamavi, e a Cortina c’era uno dentro la stazione, di legno, guardava dalla finestra, ti diceva se il campo è libero o no, e poi scendevi”). Qualche giorno fa Briatore ha detto che bisogna puntare sull’aeroporto di Dobbiaco. Mah.  

 

Adesso intanto hanno rimesso il treno per Calalzo. Trenitalia ha messo in vendita  i primi biglietti per il Roma- Cortina a bordo del nuovo treno “Cadore”.Una  linea notturna di “FS Treni Turistici Italiani”,  nuova divisione delle ferrovie dedicata al turismo sostenibile presentata a luglio. Il viaggio notturno per raggiungere la “Regina delle Dolomiti” prevede la partenza da Roma Termini alle 21.40 e arrivo a Calalzo alle 7.57, da qui con un servizio di autobus che partirà direttamente dall’area della stazione si raggiungerà il centro di Cortina  in 50 minuti.  C’è anche un vagone per sci e attrezzature. Insomma, operazione nostalgia, tra il treno del Senato che un certo presidente Scognamiglio fece ripristinare per raggiungere Forte dei Marmi e l’effetto Lollobrigida, e una spruzzata di Wes Anderson.

 

Lei è venuto in treno, Vanzina? “No, non so quando partirà il servizio”. Ma col treno  si commuove un po’: “se chiudo gli occhi, uno dei ricordi più belli della mia vita è proprio il  famoso treno che partiva prima di Natale dalla stazione Termini di Roma, con una fila di venti carrozze-letto, e tutti i romani che andavano a sciare, con le signore con le pellicce, i porteur con le valigie, le tate tedesche, le mademoiselles francesi, ci si conosceva tutti. I bambini si svegliavano apposta alle cinque per vedere la prima neve. Arrivava il treno dei romani a Cortina”. In certi anni, dice Vanzina, si poteva pure caricare la macchina. 

 

Adesso Briatore,  insieme al principe Dimitri Kunz d’Asburgo del reame di Santanché, ha preso in gestione El Camineto, il leggendario ristorante sulle piste di un altro culto vanziniano, “Yuppies”. Nel film erano i clienti tamarri che venivano mandati via dal personale cortinese, oggi la questione si è ribaltata. I cortinesi non potranno più andare a mangiare nel posto gestito dai billionaire coattoni, tra cinesi e arabi?  Chissà se nel menu fioriranno i caviali e i prosciutti patanegra o resisteranno i celebri spaghetti alla cipolla. Ma intanto già fioriscono le proteste. “E’ un turismo cafone che non raggiunge una località per la sua bellezza o per il territorio ma che segue una moda del momento” ha sentenziato Carlo Alberto Zanella, presidente del Cai Alto Adige. “Un flusso che rischia di volatilizzarsi e di non durare nel tempo. E’ una clientela che porta poco alla montagna. Almeno avessero brindato con il prodotto della Regione Veneto, il prosecco, invece solo champagne”, dice riferendosi alla inaugurazione-profanazione appena avvenuta del locale caro ai cortinesi. Ma questi nuovi gestori, questi ricchi a forma di ricco, sono una derivazione dei suoi “Yuppies”, Vanzina? “Direi di no. Gli Yuppies erano un movimento che nasceva dal basso, erano giovani che in America e poi ovunque volevano affermarsi, diventare manager, cercare successo. Questi di oggi sono un po’ più anziani.  Non c’è quell’allegria sotto”. Certo Kunz d’Asburgo sembra invece un perfetto remake del “Conte Max”, di Sordi che si finge il principe  Orsini-Varaldo per conquistare una bella baronessa… ma qui al posto della baronessa c’è la pitonessa, insomma tutto questa volta pare cambiato un po’ per sempre. Tranne Cortina. Dite quello che volete, ma Cortina è sempre Cortina. Ahò.

 

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  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).