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L'Economist l'ha capito: è sul cibo che si gioca la nostra identità nazionale

Saverio Raimondo

O siamo improvvisamente diventati un popolo di nutrizionisti, o siamo tutti celiaci, o ammetterete che la nostra presa di distanza dai farinacei è ridicola. Tanto più che nemmeno quarantotto ore dopo quella copertina, in Italia è stato nominato un ministro per la Sovranità alimentare

La scorsa settimana, per definire la situazione politica inglese sempre più scellerata e disastrosa (cioè sempre più simile all’Italia), il settimanale The Economist ha coniato il termine “Britaly”, e l’ha corredato in copertina con un’immagine dell’allora prima ministra Liz Truss (alla vigilia delle sue dimissioni) ritratta con in una mano uno scudo dalle fattezze di una pizza, e nell’altra una forchettata di spaghetti. Crisi diplomatica: l’Italia si è subito irritata per l’accostamento fra il nostro paese e i due celebri carboidrati; e l’indignazione è stata trasversale. E’ dovuto intervenire persino l’ambasciatore italiano a Londra, il quale ha detto che pizza e spaghetti sono i “più vecchi tra gli stereotipi”; e ha invitato l’Economist la prossima volta ad accostare l’Italia “ai settori aerospaziale, biotecnologico, automobilistico e farmaceutico” – sì, vabbè, ciao.

Secondo l’ambasciatore italiano a Londra, se tu ritrai il primo ministro inglese vestito d’astronauta e con in mano un blister di pillole pensi subito all’Italia; ma dove vive questo? Ah già, a Londra. Più vecchio dello stereotipo “Italia pizza e spaghetti”, c’è lo stereotipo dell’italiano che s’indigna quando viene accostato a due sue eccellenze quali la pizza e gli spaghetti. Nell’attaccare l’Economist, l’Italia ha ribadito quanto sia vero il nostro viscerale rapporto identitario con il cibo, che più che un riconoscimento è un annullamento: non abbiamo ritenuto di essere offesi dal fatto che l’Italia sia considerata un paragone negativo dal punto di vista politico e istituzionale, ma ci siamo inalberati per il fatto che spaghetti e pizza ci rappresentino nel mondo – quasi quanto ci fa inalberare la pizza con l’ananas.

O siamo improvvisamente diventati un popolo di nutrizionisti (non eravamo santi, poeti e navigatori?), o siamo tutti celiaci e intolleranti al glutine, o ammetterete che la nostra presa di distanza dai farinacei è ridicola. Tanto più che nemmeno quarantotto ore dopo aver sgridato l’Economist per lesa maestà (come osate accostarci a pizza e spaghetti!), in Italia è stato nominato un ministro per la Sovranità alimentare: a ribadire quanto siamo, e sempre saremo, pizza e spaghetti. Io credo che siamo solo all’inizio: dopo un anno e mezzo di governo di responsabilità nazionale, siamo tornati in un clima di scontro politico; e niente polarizza in Italia più del cibo. Ok l’aborto; ma vuoi mettere la disputa fra “arancino” e “arancina”? La politica, orfana degli ideali altisonanti del passato, oggi costruisce la propria identità sulle cazzate: e allora è scontro fra il ministro dell’Istruzione e Carlo Calenda sul “merito” (ma non nel merito); Boldrini attacca Meloni perché leader di Fratelli d’Italia che “dimentica le Sorelle”; ma soprattutto prepariamoci al cibo come terreno di scontro.

Perché, come ha perfettamente capito l’Economist, è sul cibo che è in gioco la nostra identità nazionale. E io sono in grado di anticipare cosa accadrà nei prossimi giorni, se non già nelle prossime ore: un gruppo di dementi attivisti per l’ambiente lancerà uno spaghetto alla carbonara contro la Gioconda, per sensibilizzare ai cambiamenti climatici. Apriti cielo: l’ambasciatore italiano a Parigi esprimerà sdegno e condanna per l’uso della pancetta al posto del guanciale; gli opinionisti in Italia polemizzeranno per l’impiego della panna; e il ministro per la Sovranità alimentare interverrà per condannare la cottura di quella pasta, scotta e non al dente. Del clima, come della Gioconda, non importerà niente a nessuno.

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