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riflessioni

La mediocrità e volgarità della politica e della cultura moderne

Alfonso Berardinelli

Pubblicizzare un libro come un detersivo. Il dramma di dover spiegare ai lettori chi è Emmanuel Carrère

In questi ultimi tempi, mi pare, c’è di che disperarsi. Non parlo di me, che dal giorno di Pasqua in poi ho perso tre grandi amici, Piergiorgio Bellocchio, Patrizia Cavalli e Raffaele La Capria. Ognuno di noi ha le sue sofferenze e ragioni di tristezza. Ma c’è qualcosa nell’intero mondo, per esempio a Roma, poi in Italia, in Europa, in Occidente e oltre, che non ci lascia in pace. Pazzoidi qualunque che compiono qua e là delitti insensati e diabolici (se non il diavolo in persona, il demoniaco esiste e dà segni inequivocabili in chi perde la testa e accanitamente uccide).

 

Ma oggi il primo pazzoide raziocinante del globo, l’ex picchiatore di strada diventato Vladimir Putin, criminale di professione ai più alti livelli, prima come agente del Kgb e poi nuovo e astuto zar terrorista. Poi i virus pandemici che minacciano di essere stabilmente entrati di nuovo nel nostro presente e futuro. Poi il clima, la siccità, l’agricoltura del pianeta, l’assurda produzione e ingiusta distribuzione di cibo e acqua nel mondo…
La stretta parentela fra politica e crimine non ha mai cessato di manifestarsi, nonostante che i regimi liberal-democratici abbiano fatto il possibile per abbatterne fin quasi a zero la prevalente incidenza storica.

 

Oggi nelle nostre politiche domina una spaventosa mediocrità e volgarità. Ma come è noto, esiste e agisce in politica anche un altro rapporto di parentela stretta, quello fra stupidità e follia. La caduta inaspettata del governo Draghi, provocata dai miserabili calcoletti pre-elettorali, prima di un leader di partito, poi di due e infine di tre, ha mostrato quanto facilmente la cretineria sia pericolosa e a partire da un solo individuo possa arrivare con la massima velocità a trascinarne altri, a guastare e danneggiare la vita di tutti.
Perfino i funerali, che dovrebbero essere una cosa seria, portano a vaneggiare, come e più del solito, gli indefessi geni della pubblicità, che pur di vendere bene e meglio i prodotti culturali del “caro estinto” ne parlano a voce spiegata come di un genio assoluto nella cultura di un intero secolo, ne fanno un grande scrittore e filosofo, un uomo che da cento anni in qua ne è nato uno e non più di uno…

 

Mi è poi capitato di rileggere recentemente un articolo di quel solito genio dell’onestà che è stato il povero Orwell, il quale scrivendo “in difesa del romanzo” disse che lo stanno “uccidendo” (sic!) gli spudorati recensori pubblicitari che di ogni nuovo romanzo parlano come di un “imperdibile capolavoro”. La sobria Inghilterra, madre di quella schiettezza umoristica che dovrebbe essere nemica di ogni enfasi retorica, già negli anni Trenta di Orwell praticava la recensione letteraria come bugia, per pure ragioni empiriche, pratiche, cioè commerciali.
Ora vedo che in una pagina pubblicitaria dedicata a Emmanuel Carrère, viene citata una frase ineffabilmente balorda tratta dall’Observer che suona così: “Il più importante scrittore francese di cui abbiate mai sentito parlare”.

 

Se ne ricava che, secondo lo svergognato Observer, fra i lettori inglesi nessuno ha mai sentito parlare di nessuno scrittore francese. Per la pubblicità british, i lettori di romanzi di oggi sono degli imbecilli che non sono mai entrati in una libreria ma neppure, chissà come, in un’aula scolastica.
La cosa va presa sul serio. L’Observer non delira né mente, forse dice la più vera verità: oggi i romanzi sono letti da chi non ha mai letto né un romanzo né un giornale, e non ha mai sentito nominare Molière, Rousseau e Balzac.

 

La cultura britannica a volte davvero si dimostra molto, troppo insulare: ignora la vicinissima Francia.
Direte che se mi scandalizzo per le stupidaggini pubblicitarie sono patologicamente sensibile. Non mi scandalizzo per la pubblicità dei rasoi da barba, delle creme di bellezza, degli spazzolini da denti. Mi scandalizzo per la pubblicità dei prodotti culturali. La mia fissazione non è l’incultura degli incolti, è la cretineria colta. E’ chi pubblicizza un libro come un detersivo.

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