un anno senza

Ecco perché non potrà esistere una nuova Carrà

Ognuno ha un motivo per volerle bene, con o senza paillettes. La versione di Paolo Armelli, autore di "L'arte di essere Raffaella Carrà"

Enrico Cicchetti

"Ha toccato i ricordi collettivi, il nostro immaginario. Ciò che ci ha lasciato è la costruzione di se stessa. Ognuno ha la sua Raffaella Carrà, un motivo per cui volerle bene. Con o senza paillettes. Ha fatto hit discografiche che riempivano le disocoteche di tutta Italia e oltre e ha condotto prodotti familiari come 'Domenica In' e 'Carramba!'. Senza mai rinunciare alla sua libertà. È stata soubrette e autrice, cantante e ballerina. Ha fatto radio, tv, cinema. Icona Lgbtq e sex symbol", dice Paolo Armelli. Il suo "L'arte di essere Raffaella Carrà" diventa un audiolibro per Audible.it disponibile dal prossimo 8 luglio.  
  
Ma, se negli scorsi decenni, ogni bambina ha almeno una volta fatto le piroette sognando il suo caschetto di platino, come la conosceranno le nuove generazioni, alle cui menti bussano (tik-tok, ci sei?) nuove ed effimere icone? Come raccontargliela?

Raffa è stata amata da tante generazioni diverse e continuerà ad esserlo, perché la Carrà è senza tempo, dice Armelli: "E' stata anche contemporaneità, dalla giuria di The Voice alla colonna sonora di 'La grande bellezza' di Sorrentino. Chi altri poteva avere nel suo repertorio una hit che poi è diventata virale su TikTok? La sua forza è l'essere stata capace di parlare in modo trasversale. Il suo segreto era essere una grande professionista, oltre ad avere un talento straordinario. Se ne ripercorri la carriera ne esce il racconto di una immensa dedizione al lavoro. Fin da piccola, quando le hanno detto che aveva le caviglie troppo fini per fare successo nella danza classica, lei non ha mai mollato, si è sempre reinventata. Ha iniziato a studiare ed è arrivata al cinema, alla televisione. È diventata la Raffaella che conosciamo. Una che, nonostante il successo, non metteva distanza tra sé e gli altri". 
   
Oggi, a un anno dalla scomparsa, i titoli di molti quotidiani parlano di "icona dell'emancipazione", di "donna libera". Non è un tantino esagerato? Quasi che sia più un riflesso condizionato da cronista pigro?

"Era un'icona femminista? Credo sia una semplificazione, il femminismo è altro, c'è un'altra complessità politica. La Carrà non è stata paladina di battaglie ideologiche", dice Armelli. "Ma lo è stata in un modo pragmatico: ha vissuto una vita libera, non ha incarnato il classico modello di donna nell'Italia dei suoi anni. Non si è sposata, non ha avuto figli. Forse si tende ad attualizzare troppo facendone un'icona della 'libertà sessuale', ma di sicuro ha rappresentato una figura di grandiosa indipendenza".

 

Anche il suo supporto alla comunità Lgbtq è stato fatto con grande leggerezza.

"Ma anche con grande concretezza: la difesa della coppia omogenitoriale l'ha fatto senza tanti sofismi, semplicemente raccontando come lei fosse stata cresciuta da due donne straordinarie, sua nonna e sua mamma. Non è una profonda elaborazione culturale, ma una 'dimostrazione empirica' che permette di riconoscere dei modelli dove troppa sovrastruttura non funziona più".
      
E oggi? Dove cercare la nuova Carrà?

"Il mondo dello spettacolo è cambiato troppo: non è più richiesta né una preparazione tecnica simile alla sua nè ci sono denaro e tempo per organizzare programmi come quelli di allora. E poi, forse soprattutto, è cambiata la gestione stessa della celebrità. Una volta spenti i riflettori, Raffaella tornava all'Argentario a giocare a scopone scientifico. Oggi quei riflettori chiedono di non essere spenti mai. Anche per questo credo che non potrà esistere una nuova Raffa".

Di più su questi argomenti:
  • Enrico Cicchetti
  • Nato nelle terre di Virgilio in un afoso settembre del 1987, cerca refrigerio in quelle di Enea. Al Foglio dal 2016. Su Twitter è @e_cicchetti