Raffaella Carrà (Ansa)

Noi non dimentichiamo

Il Tuca Tuca era il progenitore del Bunga Bunga

Giuliano Ferrara

Contro l’ipocrita banda inquisitoriale del Cav. che ora celebra la libertà ombelicale della Carrà

Le parole di “Com’è bello far l’amore da Trieste in giù” potrebbero figurare nell’inno di Forza Italia e il “Tuca Tuca” con la sua lap dance è il progenitore evidente del Bunga Bunga. E allora perché Raffaella Carrà è giustamente santificata mentre tocca l’Albertone nazionale e si fa toccare, e il Cav. è ingiustamente perseguitato nella reputazione da tutti i bacchettoni e gli ipocriti della Repubblica italiana? (Ieri Carlo Bonini vice di Rep. alla radio ha messo Raffa e il “Tuca Tuca” alle origini del liberatorio mutamento dei costumi e perfino dei diritti civili, non poteva ricordarsene quando faceva con il compianto D’Avanzo l’Inquisitore di Arcore? Veltroni ha messo in una teca corrierista i versi sulla femmina che si fa “moquette” per accogliere i desideri del partner, giustamente celebrando una donna intelligente libera e bella, non potrebbe rivedere i suoi ingiusti e grotteschi commenti sulla furbizia levantina della meravigliosa nipote di Mubarak, come da dizione processuale di Ilda Boccassini, e già che c’è anche sulla vergogna del #MeToo?).

 

Mentre noi povericristi ci mettevamo in mutande a teatro per denunciare la persecuzione di un privato e dei suoi amici in nome del comune senso del pudore, i Minuscoli Ipocriti di questo strano paese sostenevano la legittimità di pedinamenti, intercettazioni, perquisizioni, richieste di rinvio a giudizio per il Tuca Tuca di una combriccola monicelliana da “Amici Miei” impegnata con i suoi burlesque in una generosa girandola di quattrini, sentimenti, piaceri e affetti privati all’insegna del donizettiano “Elisir d’amore”. Questi tartufi senza aroma si paravano dietro al fatto che il capo di questi giochi privati fosse anche il presidente del Consiglio, un “privato” come Bill Clinton e tanti altri, in realtà usavano il comune senso del pudore, anticaglia moralistica sopravvissuta indenne all’ombelico della bella Raffaella, per una sporca operazione di correttezza politica e di strumentalità civile contro chi era stato scelto in quel ruolo dagli italiani con una legittima maggioranza politica e culturale. 

 

Invecchiando abbiamo perdonato tutto, anche l’imbecillità che è sempre il peccato più grande, ma non abbiamo dimenticato niente. Non dimentichiamo l’Italia delle mezze calzette che ha obbligato una maggioranza parlamentare a votare Ruby nipote del Rais, che ha sputtanato le istituzioni tribunalizzando cene e sollazzi privati con la scusa costituzionale della dignità e dell’onore delle cariche pubbliche, che ha portato alla crisi di un matrimonio per via di un adulterio multiplo, ha cercato di distruggere un carattere, una personalità e una parabola che avevano dato a questo paese nientemeno che l’alternanza di governo. 

 

La banda inquisitoriale del Bunga Bunga ora celebra l’atmosfera di libertà ombelicale determinata dalla grande performer appena scomparsa. E a nessuno di loro viene in mente che ci sono un malfatto e un maltolto all’origine della loro sconfinata e ipocrita chiacchiera moralistica. E i moralisti veri, cioè noi, quelli che conoscono il legno storto dell’umanità, quelli che comprendono, quelli che hanno visto con raccapriccio un tredicenne messo accanto a Umberto Eco a significare in un comizio da bordello l’integrità e la purezza etica di questi marrazzoni, si limitano oggi a ricordare i tanti ombelichi che hanno fatto la nostra storia culturale e di costume anche attraverso la televisione e i suoi creatori e ricreatori come la Carrà e Silvio Berlusconi.
 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.