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Social media horror

Daniele Raineri

Un giorno ti sveglia una telefonata e sei dentro una storia dell'orrore online. Il caso scuola della “sfasciafamiglie”

Monika Glennon è una americana di origine polacca che fa l’agente immobiliare a Huntsville, Alabama. Marito ex marine, molto brava nel suo lavoro, due figli tutti e due già cresciuti e militari. Nel settembre 2015 un collega la chiama al telefono alle sei di mattina per dire che il suo nome e la sua foto sono finiti su un sito che mette alla gogna le donne che hanno relazioni con uomini sposati. “She’s a Homewrecker”, si chiama il sito, “Lei è una sfasciafamiglie”, materiale da vendetta, disegnato apposta per creare un’atmosfera di panico tra mariti, mogli, parenti, amici, conoscenti e colleghi.

  

Le note sotto la sua foto sono scritte da una donna che dice di avere sorpreso suo marito e la Glennon assieme in flagrante tradimento, durante quella che doveva essere la visita a una casa nuova che la coppia intendeva comprare. Un tizio di nome Ryan Baxter sta spargendo il link che parla di Monika dappertutto. L’ha postato sulla pagina dell’agenzia immobiliare, l’ha mandato al marito, “mi dispiace di dover essere io a darti la cattiva notizia”, l’ha mandato anche a molti contatti Facebook della donna. Lei è sbigottita. Non ha fatto quello che c’è scritto sul sito, capisce che è una vendetta ma non sa trovare una spiegazione. Chi può fare una cosa del genere? Il link finisce su un sito specializzato in questo genere di spazzatura, lo vedono novantacinquemila persone, ormai quando qualcuno mette il suo nome su Google il primo risultato che esce è quella storia. I clienti cominciano a diminuire, di solito sono le coppie a cercare una casa da acquistare, mandereste vostro marito a trattare con Monika Glennon? Gli affari rimpiccioliscono, lei stima di avere perso duecentomila dollari in un paio di anni. Forse è tutta colpa di qualche concorrente che la voleva fregare. Si rivolge a un avvocato, fa denuncia, il procedimento permette alla polizia di indagare e di trovare chi l’ha messa su “Sfasciafamiglie”, risalendo attraverso l’IP all’identità di chi la vuole distruggere. Si tratta di una donna, Mollie Rosenblum, non si conoscono, ma un anno prima avevano litigato su Facebook sotto una notizia. Uno scambio di vedute opposte, come succede ogni giorno milioni di volte sotto milioni di notizie.

  

Era successo che un’adolescente in visita al campo di concentramento di Auschwitz si era fatta un selfie ridanciano, Rosemblum voleva una punizione esemplare, Glennon aveva scritto che in fondo si trattava di un’adolescente stupida, come sempre succede nessuna era riuscita a convincere l’altra, sembrava finita lì. Ma Rosemblum era in un brutto periodo, metanfetamine, l’anno successivo si metterà ancora più nei guai con un rapimento. A discussione finita scrive le finte note, prende la foto di Glennon dal sito dell’agenzia immobiliare e la mette su “Sfasciafamiglie”. Poi se ne dimentica, passa un anno, era stato un raptus di rabbia – come picchiarsi per strada con un automobilista. “Credeva io fossi una ricca stronza, l’ha pure detto. Questo è il problema dei social. Credi di sapere com’è la gente senza conoscerla”. Entra in scena Ryan Baxter, che è un nome finto su Facebook che nasconde una donna, Hannah Lupian, con l’hobby curioso di leggere “Sfasciafamiglie”, di cercare su Facebook le persone citate e di mandare a coniugi, datori di lavoro e amici la gogna digitale. Quando è scoperta svanisce nel nulla e cancella il finto account su Facebook.

  

Le indagini sono costate a Glennon centomila dollari di avvocato (Rosemblum è quasi nullatenente, non sarà possibile rifarsi). Il giudice ha ordinato la cancellazione del materiale che la riguarda, ma internet è internet e, per chi vuole cercare, qualche traccia di fango c’è sempre. Questo caso è stato raccontato (sul sito Gizmodo) da Kashmir Hill, una giornalista americana specializzata nel raccontare come i social media rendono le nostre vite un inferno. L’occhiello vicino al titolo diceva: American Horror Story, ma può succedere ovunque.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)