La chiesa di tutti i santi di Lund, in Svezia. Il teologo Alan Hirsch ha appena detto che “qui il cristianesimo può estinguersi in una generazione”

L'altro Dio svedese

Giulio Meotti

Il cristianesimo scomparso. Come un intero paese è passato all’ateismo. Sulle chiese deserte si alza però ogni giorno il canto di un muezzin

Mercoledì le autorità di Vaxjo, una cittadina di settantamila abitanti in Svezia, hanno autorizzato la moschea locale a eseguire per la prima volta l’adhan, la chiamata alla preghiera islamica dal minareto. Si terrà ogni venerdì e avrà una durata di tre minuti e quarantacinque secondi. “Tutta la società svedese è costruita su religioni diverse” ha detto il premier Stefan Lofven a giustificazione della decisione, contestata invece dalla destra nel consiglio comunale e in Parlamento. Di decisione “felice” ha parlato anche il vescovo di Vaxjo, Fredrik Modéus. Non è la prima volta. Nel 2013 le autorità svedesi accordarono la chiamata alla preghiera alla moschea Fittja di Stoccolma. I musulmani, numerosi e devoti, meritavano questo gesto multiculturale. A Malmö pochi mesi fa è stata inaugurata la mega moschea Umm al Mu’minin Khadijah, costruita grazie ai tre milioni di dollari donati dal Qatar e che può accogliere fino a duemila fedeli. Lo stesso problema non c’è alla chiesa Hedvig Eleonara di Stoccolma. Accoglie di media meno di quaranta fedeli, scrive il Wall Street Journal, sono tutti vecchi e sette sono dipendenti stessi della chiesa. Le panche potrebbero ospitare mille fedeli. Da qualche anno, la chiesa non fa più nemmeno lezioni di catechismo la domenica. Erano rimasti soltanto cinque bambini.

 

“La nostra chiesa perderà un milione di membri nei prossimi dieci anni”. Crollo dei battesimi. Solo l’uno per cento va in chiesa

La chiesa di San Giacomo a Stoccolma, costruita per accogliere 900 fedeli, la domenica non ne ha più di trenta

In Germania non si fa che discutere da un po’ di simboli religiosi. C’è la Baviera che vuole mettere i crocifissi negli edifici pubblici, ci sono gli ebrei intimoriti dal portare la kippah per strada, ci sono i musulmani che reclamano i propri segni religiosi anche sul luogo di lavoro. E’ una società ipersecolarizzata, ma che mostra ancora segni di una qualche resipiscenza culturale. Più a nord, nelle felici lande svedesi, è stata costruita invece una prima, vera società riformata. C’è una battuta in Svezia: “Uno svedese va in chiesa quattro volte nella vita, per il battesimo, la cresima, il matrimonio e il funerale”. Tutto qui.

 

La chiesa di Svezia dovrà iniziare a vendere i suoi immobili, perché “perderà ben oltre un milione di membri entro un periodo di dieci anni” ha detto Börje Holgersson, presidente del consiglio ecclesiastico di Lima-Transtrand a Västerås. Pochi giorni fa sono usciti i dati dei battesimi in Svezia. Quasi cinquantamila neonati sono stati battezzati nel 2017, un dato che corrisponde a un minimo record del 42 per cento. “Nel 2000, il 73 per cento dei neonati svedesi fu battezzato, ma in seguito la cifra si è progressivamente ridotta, nel 2010 avevamo battezzato poco più della metà dei bambini appena nati, e ora siamo a poco più del 42 per cento”, ha dichiarato alla radio svedese l’analista della chiesa di Svezia, Pernilla Jonsson. Nella contea di Stoccolma, solo il 32 per cento dei bambini neonati viene oggi battezzato, ovvero la percentuale più bassa nel paese e nella storia svedese. Oggi, la chiesa di Svezia ha circa 6,1 milioni di membri, circa il 60 per cento della popolazione totale del paese, ovvero siamo al minimo storico. Per fare un paragone, nel 1990 la chiesa di Svezia contava 7,8 milioni di membri, il che indica un calo del 22 percento in meno di trent’anni. Prosegue intanto la fuga. Nel 2016, oltre 85.848 persone hanno lasciato la chiesa, seguite da altre 93.093 nel 2017. E secondo una previsione del giornale ufficiale della chiesa svedese, il Kyrkans Tidning, nel 2020 si perderà un altro milione di membri. Dire “chiesa svedese”, ovvero luterana, significa parlare de facto del cristianesimo, perché i cattolici e gli altri sono piccole minoranze, che di recente però sono cresciute grazie alle ondate migratorie.

 

I cattolici in Svezia hanno denunciato la proposta e la promessa di bandire tutte le scuole religiose. I socialdemocratici vorrebbero chiudere tutte le “scuole confessionali” nel paese, convinti che non contribuiscano ai “valori democratici” degli studenti. “Nelle nostre scuole, insegnanti e presidi dovrebbero prendere le decisioni, non i preti o gli imam”, ha detto il ministro della Scuola secondaria Anna Ekstrom in una conferenza stampa. “C’è un dibattito pubblico molto negativo con molti pregiudizi contro di noi e la religione in generale” ha detto Paddy Maguire, preside della scuola cattolica di Notre Dame a Göteborg. Ci sono 71 scuole religiose nel paese, di cui 59 cristiane, undici musulmane e una sola ebraica.

 

Da centocinquant’anni, la Svezia vive in pace con il mondo intero, ma non con se stessa. Ha sempre avuto soltanto nemici interni da sconfiggere: le allergie, l’arretratezza dell’agricoltura, i complessi freudiani, la disoccupazione, i bassi redditi. Così la Svezia oggi vive e programma il suo avvenire dentro gli schemi delle risultanze statistiche, come il globo terrestre gira avvolto nella rete dei meridiani e dei paralleli. La statistica è il nuovo dogma. E la religione è stata finalmente eliminata.

 

Parlando con il Dagen, il principale giornale cristiano di Svezia, il teologo e scrittore Alan Hirsch ha appena detto: “Il cristianesimo qui può estinguersi in una generazione. Il cristianesimo sta decadendo in tutto il mondo occidentale”. Si iniziò nel 1987. “Immortale l’anima? Una tradizione quasi senza appoggi nella Bibbia, cui non mi sento di prestar fede”. A dirlo non fu un militante della società svedese per l’umanesimo, ma Krister Stendahl, il vescovo luterano di Stoccolma. Quando il Dagens Nyether, il primo quotidiano nazionale, uscì con un breve fondo del presule sull’argomento, il centralino della Curia, al Domkapitlet, il concistoro, andò in tilt. Poi nel 1995 arrivò la decisione di separare stato e chiesa. Il primo passo fu consentire ai bambini nati da almeno un genitore luterano di non diventare più automaticamente membri della chiesa. Durante i successivi quattro anni, il paese avrebbe poi denazionalizzato in gran parte la propria chiesa luterana, una delle chiese di stato più antiche del mondo. Il luteranesimo era diventato la religione di stato nel 1593 e per tre secoli tutti gli svedesi dovevano appartenere alla chiesa. Dal 1850, non avevano nemmeno dovuto essere battezzati per essere considerati membri.

 

Da allora, c’è stato il passaggio di un intero popolo dal cristianesimo all’ateismo. Un sondaggio Gallup ha detto che soltanto in Cina ci sono più atei che in Svezia. David Thurfjell in un libro lo ha chiamato “Det Gudlösa Folket”. Il popolo senza Dio. Il professor Thurfjell descrive il paesaggio religioso della Svezia oggi come “post-cristiano”. Vuol dire che la fede religiosa non modella più in alcun modo la cultura o la società, che la religione è vista come una questione privata o una reliquia indegna di entrare nei dibattiti pubblici, che il cristianesimo è percepito come qualcosa che appartiene al passato piuttosto che al presente. Il pastore evangelico David Moench ha detto che “l’argomento più imbarazzante” che si possa sollevare nella società svedese è Dio.

 

I socialdemocratici vorrebbero chiudere tutte le scuole religiose nel paese. Un libro ha definito quello svedese “un popolo senza Dio”

La chiesa ha chiesto ai suoi di usare un “linguaggio inclusivo” quando si parla del divino. Niente pronomi maschili

Le prove della lunga storia del cristianesimo sono ancora evidenti, ma solo nella forma di migliaia di chiese sparse in tutto il paese, vuote e frequentate da pochissime persone. La conoscenza della fede cristiana è rudimentale, assente tra i più giovani. Nelle scuole, la catechesi cristiana è proibita per legge. In società è considerato inappropriato parlare di religione.

 

Molte persone percepiscono la fede in primo luogo come causa di violenza e di conflitti in tutto il mondo e sono quindi riconoscenti del fatto che la religione abbia un profilo molto basso in Svezia. Lo svedese medio “pratica” la religione andando in una chiesa vicina per i matrimoni e i funerali o guardando un sermone in televisione a Natale.

 

I legami familiari sono deboli, i tassi di divorzio sono alti e la maggioranza delle persone vive da sola. La fiducia nello stato ha soppiantato quella nella religione. E’ una società radicalmente post-cristiana che può essere fatta risalire al sorgere del Partito socialdemocratico come forza dominante nella società svedese nel corso dell’ultimo secolo. All’inizio del Ventesimo secolo, i socialdemocratici vollero liberarsi della chiesa protestante di stato, la chiesa di Svezia (Svenska kyrkan). La vedevano come un’istituzione piena di conservatori, reazionari e puritani, molto simili al vizioso vescovo Vergeus nel film premio Oscar di Ingmar Bergman del 1982 “Fanny e Alexander”.

 

Ma l’ostilità dei socialdemocratici verso la chiesa si arrestò dopo la Seconda guerra mondiale, quando si resero conto che la chiesa di Svezia poteva svolgere un ruolo efficace nello stato sociale, anche se perlopiù decorativo. Così hanno mantenuto la chiesa di stato, ma in questo processo la religione in Svezia si è del tutto secolarizzata. Un esempio della scelta consapevole di separare la chiesa dalla vita politica in Svezia è il funerale del primo ministro Olof Palme, che si è tenuto nel 1986 nel municipio di Stoccolma e non in una chiesa.

 

Oggi il cristianesimo svedese fa notizia per i suoi esperimenti teologici. Lo scorso dicembre, la chiesa di Svezia ha esortato il clero a usare “un linguaggio neutrale rispetto al gender” quando si riferisce anche alla divinità suprema, il Dio giudaico-cristiano, astenendosi dall’usare termini come “Signore” in favore di quelli meno specifici. “Teologicamente, ad esempio, sappiamo che Dio è al di là delle nostre determinazioni di genere, Dio non è umano”, ha detto l’arcivescovo Antje Jackelén, una donna.

 

E’ il primate della chiesa, l’equivalente del Papa cattolico o dell’arcivescovo di Canterbury. I papi e gli arcivescovi hanno tradizionalmente motti ufficiali. Il motto di Papa Francesco è “Miserando atque eligendo”. Era il suo motto come arcivescovo di Buenos Aires e scelse di mantenerlo dopo la sua elevazione al papato. Il motto di Jackelén è “Dio è più grande”. In svedese, Gud är större. Una specie di Allahu akbar luterano, scherzano i critici.

 

L’anno scorso, tre donne sacerdotesse della chiesa di Svezia avevano avviato una campagna di hashtag, #Mittkors (La mia croce), in solidarietà con le vittime cristiane del terrorismo islamico in medio oriente. Il portavoce di Jackelén, Gunnar Sjögren, ha visto bene di condannare pubblicamente questa campagna, definendola “non cristiana”, suggerendo che si trattava di un invito alla “guerra religiosa”. Il vescovo di Stoccolma Eva Brunne, il primo apertamente gay al mondo, ha ordinato che le chiese sotto la sua supervisione rimuovano i crocifissi e installino uno spazio di preghiera per i musulmani. Intanto, il cristianesimo agonizza nel paese.

 

La chiesa di San Giacomo a Stoccolma è stata costruita con una capacità di novecento fedeli: oggi, la domenica, non se ne vedono più di trenta. Solo l’uno per cento degli svedesi, specie nelle città, frequenta infatti la chiesa ogni domenica. Non esistono percentuali più basse in tutto l’occidente. Per questo alcuni evangelici stanno cercando di rispondere all’ondata di secolarizzazione. Come il pastore Stanley Sjoberg, per decenni uno dei più famosi leader cristiani in Svezia. Ma l’immigrazione dal medio oriente sta cambiando tutto di nuovo.

 

Il mese scorso, l’imam Awad Olwan è stato invitato alla chiesa Engelbrekt per parlare del Ramadan, il mese del digiuno musulmano. Il sacerdote Gunnar Stålklint ha difeso la decisione della chiesa di invitare un musulmano. “La chiesa ha molti compiti diversi, e penso che uno di loro sia conoscere altre religioni. Il cristianesimo non ha diritti esclusivi in Svezia”. Non poteva dirlo meglio. Nel 2050, secondo un recente rapporto del Pew Forum americano, dal venti al trenta per cento della Svezia sarà islamica. E la penisola scandinava tornerà sotto l’asse del sacro.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.