L'età dell'occupazione

Maurizio Sgroi

L'aumento della speranza di vita ha cambiato il mercato del lavoro

Vivere di più, nel nostro tempo, non vuol dire solo posporre l’ingresso in quella che Sartre chiamava l’età della ragione. Ai giorni nostri la vita più lunga comporta una giovinezza infinita, talché si può arrivare a un'età un tempo impensabile e accorgersi d’essere ancora molto lontani da quella stabilità, innanzitutto economica, alla quale il progresso ci ha abituati, a tal punto che ci sorprendiamo quando scopriamo come tale stabilità sia divenuta nei fatti una chimera. Viviamo, infelicemente consapevoli, una lunga giovinezza senza però il conforto e i sogni della giovinezza autentica, e tantomeno le sue infinite opportunità. Si entra più tardi nell’età della ragione e ancor più tardi in quella dell’occupazione, di conseguenza, e anzi, come è accaduto in questi anni negli Usa ma anche da noi, succede persino che sono i più attempati gli unici che godono di quel po’ di ripresa che è arrivata dopo il disastro del 2008. Sono i soli che hanno visto sempre crescere i posti di lavoro, mentre i più giovani, che oggi vengono considerati under 55, sono a saldo zero, o poco più. La lunga giovinezza, che vuol dire lavoro tardivo e pensione sparita, a ben vedere, lo è per natura.

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