(foto Ansa)

il colloquio

Il rettore dell'Università di Pisa ci dice che su Israele la Crui è sembrata un collettivo studentesco

Luca Roberto

Parla Riccardo Zucchi, a capo dell'ateneo pisano: "La conferenza dei rettori? Avrei preferito una posizione più articolata. No a boicottaggi nei confronti delle università israeliane. Il nostro compito è costruire ponti, non fossati"

Il rettore dell’Università di Pisa Riccardo Zucchi sintetizza così gli equilibrismi nella Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui) sulla guerra in medio oriente: “Nell’ultima riunione che abbiamo fatto regnava un clima pre-elettorale, visto che settimana prossima si vota il nuovo presidente. Sembravamo un collettivo studentesco. Nella condanna avrei preferito una posizione più articolata. Ma non si è tenuto conto delle varie sfumature di pensiero ed è prevalsa un’altra priorità: offrire delle garanzie ai nostri docenti e studenti, in particolare alle comunità colpite”. 

A capo dell’ateneo pisano, Zucchi nell’immediato del progrom ha condannato “gli attacchi di Hamas”, uno dei pochi rettori a fare il nome del gruppo terroristico. E allo stesso tempo ha chiesto di solidarizzare nei confronti delle vittime civili “della successiva reazione israeliana”. “L’università è una comunità fondata sulla fiducia nella ragione e nel valore della persona umana, che è il luogo dove la ragione si incarna e manifesta. La guerra è la negazione di questi valori, tanto più se comporta, come nel caso attuale, la soppressione di persone umane innocenti, come i civili e addirittura i bambini, rapiti e sgozzati da Hamas, o uccisi sotto le bombe israeliane a Gaza. Niente può giustificare tutto questo”, dice al Foglio. “E allora la prima cosa che deve fare l’università non è schierarsi da una parte o dall’altra, ma chiedere di risparmiare altre vite, di cessare il fuoco e liberare gli ostaggi. Il resto, l’analisi delle cause e delle responsabilità, viene dopo. Non è una questione di equidistanza fra le parti, ma di priorità di valori”.

 

Come spiega ancora Zucchi in questo colloquio con il Foglio, “questo ragionamento però non vuol dire stare nel mezzo, spartire il 50 per cento delle ragioni per parte. Perché l’università ha anche il compito, ascoltando tutti, di ricondurre poi le esternazioni in una cornice di razionalità”. Zucchi, per esempio, guardando all’ospitata dell’ex terrorista palestinese Leila Khaled in un evento organizzato dai collettivi all’Università di Torino, verso cui lo stesso rettore del capoluogo piemontese s’è dissociato, dice che “il compito dell’università è ristabilire un’analisi obiettiva degli eventi”.

Il che vuol dire anche, forse, avere il coraggio di offrire, all’interno delle aule universitarie, un controcanto alla narrazione filopalestinese propagandata dai collettivi rossi. “E’ per questo che abbiamo in programma, con la rete delle Università italiane per la  pace, una serie di eventi con esperti della materia. Alcuni ce ne sono già stati. Per far capire che ogni semplificazione manichea mal si concilia con la comprensione di ogni conflitto”. A ogni modo il rettore dell’Università di Pisa, dopo un confronto con la presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane Noemi Di Segni, si è reso conto di persona che la situazione, per quel che riguarda l’insorgenza di casi di antisemitismo in Italia e in tutta Europa, “preoccupa e merita la nostra massima attenzione. Nel nostro ateneo, per fortuna, toccando ferro, di casi non ce ne sono stati. Ma continueremo a monitorare offrendo il massimo delle garanzie ai nostri studenti e al nostro personale”. Mentre per quel che riguarda l’appello sottoscritto da oltre 4 mila docenti universitari, che chiedono il boicottaggio di Israele, sdoganando termini come “apartheid” o “genocidio”, Zucchi non ha particolari dubbi a riguardo: “Tagliare i rapporti e le vie di comunicazione non è una buona idea. L’università nella sua storia è stata il luogo della critica, l’istituzione che anche in stati totalitari ha dato spesso rifugio a chi dissentiva dalle opinioni dominanti e dalle imposizioni del potere. E’ nata per costruire ponti, non per boicottare e scavare fossati”. Ecco, la Conferenza dei rettori messaggi così semplici e chiari non ha ancora avuto il coraggio di fissarli e farli suoi.

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