Ansa

Atenei militanti

Nei cv dei prof. che hanno siglato l'appello per il cessate il fuoco c'è tanto odio anti israeliano

Nicola Mirenzi

"L'apartheid in Sudafrica e Israele", "logica genocidaria" israeliana, resistenza e decolonizzazione sono solo alcuni dei contenuti ricorrenti nelle lezioni dei professori firmatari dell'istanza per l'interruzione delle ostilità

Il primo insegna che Israele è uno stato fondato su una “logica genocidaria”. Il secondo si intenerisce di fronte ai video dei terroristi di Hamas con i bambini ebrei rapiti in carrozzina. La terza organizza seminari in cui si accosta “l’apartheid in Sudafrica e Israele”. Il podio dei primi firmatari dell’appello di “accademici e accademiche italiane per un’urgente azione per il cessate il fuoco” offre un panorama mozzafiato sull’università usata come scudo scientifico delle proprie convinzioni. Un esempio di come, con l’aureola del sapere ufficiale, si insegnino piuttosto i teoremi della propria militanza. Si parte da Roberto Beneduce, firma numero uno del testo sottoscritto da 4 mila professori, antropologo dell’Università di Torino. Dal 2020, tiene un laboratorio il cui titolo è già un’indicazione di rotta: “Il ciclo della violenza e i nodi della memoria. Apartheid, genocidi, colonialismo, a partire dalla questione palestinese”. Nella presentazione, Beneduce scrive che l’oppressione israeliana, “in ragione della perdurante violenza e della recente e illegale annessione di ulteriori territori, offrirà lo spunto e il paradigma di riferimento per analizzare altri contesti”. Quali? “Indios, indiani nell’America del nord, armeni, curdi, tutsi, Cambogia, Indonesia”. In fondo, tutte le persecuzioni portano dritte a Israele.


Per accompagnare gli studenti nella traversata, si consiglia il libro di un’autrice palestinese, Samah Jabr: “Dietro i fronti. Cronache di una psichiatra psicoterapeuta palestinese sotto occupazione”. Il saggio è pubblicato dalla casa editrice di Renato Curcio, fondatore delle Brigate Rosse, Sensibili alle Foglie. L’autrice, direttrice dell’Unità di salute mentale del ministero della Salute palestinese, è una donna che ha il dono della chiarezza. Il 7 ottobre? “È solo una piccola porzione della violenza che noi palestinesi abbiamo subìto nel corso di tutta la nostra storia”,  ha detto in un’intervista rilasciata al canale YouTube Palestine Deep Dive.  La firma numero due dell’appello – in cui si chiede al governo “l’interruzione immediata delle collaborazioni” con le università israeliane, mentre i saggi dei funzionari palestinesi si adottano come libri di testo – è Guido Veronese, associato di Psicologia clinica all’Università Bicocca di Milano. Il suo orgoglio accademico sono le “bell hooks lectures”, un ciclo di seminari in cui si affrontano i temi del “femminismo islamico”, della “decolonizzazione”, della decostruzione del genere, della “depatriarcalizzazione”. Il nome è un tributo alla femminista nera bell hooks, il cui nome deve essere scritto in minuscolo perché l’attivista desiderava si ponesse l’accento sul suo lavoro, non sul proprio io. Tutta questa sensibilità verso i fragili e gli indifesi ha portato il professor Veronese, il 13 ottobre, a ri-postare sul suo profilo Twitter il video dei terroristi islamici che cullano i bambini israeliani presi in ostaggio. “Mentre le notizie secondo cui i combattenti della Resistenza al Qassam avrebbero ‘decapitato’ i bambini israeliani sono state confutate – si legge nella didascalia del tweet – stanno emergendo nuovi video di combattenti di Hamas che fanno esattamente l’opposto: confortano i bambini israeliani”. Chiaro, no? In braccio a Hamas, i piccoli sono in buone mani. 


La terza firma è quella di Simona Taliani. Insegna Antropologia dell’infanzia all’Università di Torino. Nel 2018, ha tenuto un seminario il cui titolo iniziava così: “Apartheid in Sudafrica e Israele” (questo era fuori discussione). E poi proseguiva: “Il ruolo del boicottaggio” (su questo si poteva discutere). Introducendo il dibattito, ha spiegato perché è sbagliato definire “Israele l’unica democrazia del medio oriente”, consigliando piuttosto di usare il concetto di “etnocrazia”. Il seminario venne organizzato con studenti del gruppo “Progetto Palestina”. Il 9 ottobre, queste attente sentinelle studentesche della democrazia hanno lanciato una manifestazione, scrivendo nel proprio volantino: “La Palestina vive! La resistenza vive!”. Per evitare dubbi sulla parte che avevano scelto, hanno usato l’immagine della ruspa che distrugge la recinzione che separa Israele dalla Striscia di Gaza, aprendo il varco ai terroristi per il pogrom del 7 ottobre. Con i professori che hanno, difficile sorprendersi.