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I semi di Michele Stanca che il coronavirus non potrà cancellare

Roberto Defez

Lo scienziato è morto all'età di 77 anni dopo essere stato contagiato dal virus. Se si potesse riassumere in una frase il suo percorso umano, scientifico e pubblico sarebbe: non c’è agricoltura senza genetica  

Non c’è agricoltura senza genetica. Se si potesse riassumere in una frase il percorso umano, scientifico e pubblico di Michele Stanca, scomparso ieri di coronavirus a 77 anni, si dovrebbe partire da questa sua granitica convinzione per rendersi conto immediatamente dopo che questo non basta a descriverne lo spessore morale e la visione strategica che ha ispirato tutta la sua vita.

 

Nato a Soleto in Salento a una quarantina di chilometri da dove è iniziata l’epidemia di Xylella che fa strage degli ulivi, ha lavorato tutta la vita a Fiorenzuola D’Arda ad una quarantina di chilometri da Codogno che oggi tutti conosciamo. Mai nemmeno un minuto della sua vita ha dimenticato il suo Salento e vedere il negazionismo sulla Xylella è sempre stato un suo cruccio che ha combattuto tanto quanto le diffidenza sull’uso di piante Ogm. Fiorenzuola D’Arda appare nel panorama scientifico internazionale per l’incredibile forza, tenacia e capacità di progettare il futuro di Michele Stanca.

 

Alla fine degli anni ’70 era una sconosciuta e periferica azienda agricola connessa a prestigiosi centri di ricerca nazionali sulla genetica dei cereali. Michele si insedia e con metodo, ostinazione e enormi capacità scientifiche ne fa un centro di riferimento internazionale della genetica e genomica di orzo e frumento che oggi pubblica ogni anno numerosi articoli scientifici su Nature e Science: un successo scientifico senza eguali nel Paese. Avere una visione a quarant’anni non è da tutti. Avere la forza e la capacità di perseguire un sogno così ambizioso avrà fatto sorridere più di un ricercatore, ma non solo Michele è riuscito in questa sua impresa, ma ha messo le ali al suo centro.

 

Da saggio condottiero ha generato una scuola. Da saggio genitore ha fatto in modo che tra le centinaia di suoi discepoli, allievi e colleghi fosse possibile cambiare le generazioni e continuare a far progredire il centro di Fiorenzuola fino a farlo diventare il punto di riferimento per le più moderne tecniche di Genome editing applicato al miglioramento genetico vegetale. Il tutto condotto all’interno degli Istituti di ricerca del Ministero delle Politiche Agricole che da oramai vent’anni hanno indirizzato la ricerca in agricoltura su traiettorie diverse se non talvolta opposte.

 

Ma Michele è riuscito a perseguire il suo disegno e trascinare scettici e dubbiosi con una capacità di affabulare l’interlocutore in maniera scientificamente e moralmente ineccepibile. Partendo da un’azienda agricola irrilevante è diventato prima presidente della Società di Genetica Vegetale (SIGA), poi dell’Unione delle Accademie agricole nazionali, vice-presidente dell’Accademia dei Georgofili per arrivare all’ambito e prestigioso ruolo di presidente dell’Union of European Academies for Science Applied to Agriculture, Food and Nature (Ueaa). Ma i successi internazionali non ne hanno offuscato l’entusiasmo, l’energia indomabile, la capacità di vedere e cambiare il futuro, la competenza e semplicità di comunicare direttamente con gli agricoltori parlando la loro lingua come con gli scienziati, i politici o con gli studenti che incontrava. E’ stato la dannazione degli organizzatori di convegni e dibattiti pubblici: quando iniziava a parlare aveva così tanto da dire, aveva argomenti così importanti da dire e sapeva tanto bene comunicarli che era capace di prendere il doppio del tempo stabilito a sua disposizione. Ma nonostante questo tutti tornavano a chiedergli di condividere le sue conoscenze.

 

Non c’è agricoltura senza genetica, sosteneva Michele. Ora appaiono tante agricolture, senza chimica, senza aratura, senza meccanizzazione, integrata, biologica, sinergica e via via sempre più esotiche fino ad arrivare a quelle esoteriche: tutte sono possibili, ma senza genetica non può esserci nessuna agricoltura. Senza modifica e adeguamento continuo della pianta al clima, al suolo, ai parassiti, ai nutrienti, non ci può essere agricoltura. Da questo punto di vista tornare ai frumenti antichi per usarli un secolo dopo con delle temperature e piovosità profondamente mutate, non solo vuol dire non fare un raccolto che giustifica l’impiego di tanto suolo, ma anche negare i cambiamenti climatici avvenuti nel frattempo. La strada tracciata da Michele Stanca passa per la genetica, la genomica, la post-genomica e il miglioramento genetico continuo e progressivo. Un miglioramento capace di produrre buona parte dei pochi semi davvero italiani in un panorama in cui in Italia quasi tutti i semi piantati sono semi progettati e pensati all’estero. A Fiorenzuola D’Arda si fanno ancora semi di cereali buoni e competitivi, pieni di conoscenze agronomiche e della più prestigiosa ricerca scientifica internazionale, ma fatti in Italia. E, oltre ai semi da piantare, i semi culturali e scientifici tracciati dalla visione Michele sono già germogliati e stanno già dando ottimi frutti.

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