Il professore Carlo Rovelli (foto LaPresse)

Il programma politico di Carlo Rovelli è un manifesto di pacchianeria scientifica

Umberto Minopoli

Dalle guerre alla diseguaglianza economica, dal riscaldamento globale agli arsenali atomici. Tante banalità nell'agenda del professore. Meglio i suoi libri

Ho letto sul Corriere l’agenda politica del professore Carlo Rovelli, un fisico che a me appassiona. L’ultimo dei suoi agili e straordinari lavori (L’ordine del tempo) è imperdibile: il concetto del “nulla” in fisica che si rivela essere non il niente ma “qualcosa”. Un tema affascinante, dischiuso dalla straordinaria originalità di Rovelli negli studi sulla struttura della materia e dello spazio-tempo nella fisica quantistica. Ma sul Corriere del 3 gennaio, Rovelli si misura con il tema di un programma politico per l’Italia di oggi. E qui mi scade. Il suo articolo si segnala come un manifesto, esposto con pathos dotto, di banalità e luoghi comuni di sinistra (sinistra), di vacuità e persino, nel suo caso, di pacchianeria scientifica. Rovelli ci comunica che siamo afflitti da “quattro grandi questioni: le guerre, la diseguaglianza economica, il riscaldamento globale, gli arsenali atomici”. E che lui voterà per il partito che gli apparir più “credibile” nell’affrontare queste questioni. Una premessa che dovrebbe garantire rigore di analisi e profondità di soluzioni o indicazioni dello scienziato. E invece, la lettura fa cadere le braccia. E il rigoroso e fascinoso fisico quantistico lascia il posto a un propagandista. Peraltro scontato, svogliato, disinformato e distratto nella stancante elencazione pappagallesca di frasi fatte, banalità retoriche e luoghicomunismi di sinistra (sinistra). Vediamo.

 

Primo: le guerre. E’ una priorità? Forse sì, ovviamente. Ma certamente controversa. Il numero di conflitti nel mondo si riduce. E si concentra sia territorialmente (in alcune regioni specifiche) sia nelle motivazioni. A fare da pivot nei conflitti è, ovviamente, la guerra civile interaraba e oggi l’emergenza della minaccia coreana. Ma Rovelli, invece, vede un catastrofico quanto generico “dilagare (dei conflitti) in atto che crea sofferenze, la tragedia dei profughi e instabilità che finirà per coinvolgerci”. No Rovelli, chiamiamo le cose col loro nome: la guerra civile araba, col suo carico di profughi e con il terrorismo islamico, ci ha già coinvolto. E da tempo. Diamo nome e cognome ai conflitti in e mettiamo in campo, anche nel dibattito elettorale del nostro paese, le “soluzioni”. Quali sono? Anche un bambino capirebbe che sono quelle di una politica estera coraggiosa e autorevole, di engagement sui teatri di guerra con diplomazia competente e concerto con gli alleati, di utilizzo della nostra presenza, militare e diplomatica, di principale potenza nel Mediterraneo per un ruolo attivo nella repressione e limitazione delle minacce. Invece che cosa trova “credibile” lo scienziato di “sinistra”? Scrive “ritiriamo i soldati dai teatri di guerra, non stiamo alla ruota dell’Europa e mettiamo l’esercito italiano nelle mani dell’Onu”. Figo per un volantino da black bloc ma avvilente (e alquanto idiota) come idea “politica” partorita da intelligenza finemente acculturata. Da dove dovremmo ritirarci? Dal contrasto all’Isis? Dai teatri in cui aiutiamo stati poveri a darsi una difesa, una polizia, un esercito, una struttura civile (case, scuole, ospedali) per contrastare la barbarie terrorista e gli assalti ai civili? Dai confini (come in Niger) aggrediti che minacciano popolazioni indifese? Questo sarebbe “credibilità” sulle guerre? Irritante.

 

Secondo, la diseguaglianza economica. Uno pensa: lo scienziato adesso ci spiegherà che solo la crescita economica fa in modo che la limitazione ai ricchi non si trasforma, paradossalmente, in aumento della povertà. Invece no! Leggi Rovelli e sei costretto ai banalotti luoghi comuni di sinistra sulla redistribuzione e l’auspicio di una sola cosa, “più tasse”. Deprimente.

 

Terzo: il riscaldamento globale. Uno si aspetta da uno scienziato che conosce la fisica del pianeta e del sistema solare, al tema, una riflessione non scontata e ripetitiva sul tema. E sul dilemma vero e inquietante del “riscaldamento globale”: trent’anni di retorica catastrofista e di politiche penalizzanti della CO2 ma prive di risultati reale e di efficacia (le emissioni aumentano, indifferenti alle penalizzazioni). Macché. Per Rovelli è “credibile” una politica che “riduca l’ossido di carbonio”. Da matita blu per un astrofisico: non solo ripete stancamente una cosa che è fallita (ridurre le emissioni con politiche coercitive e stagnazioniste) ma confonde la chimica. E così il biossido di carbonio (la CO2 riscaldante) diventa l’ossido di carbonio (un inquinante) che c’entra coi polmoni ma non con il riscaldamento serra. Errore da matita blu o malizia del propagandista che vuole suggestionare le persone comuni confondendole su inquinamento e riscaldamento? Orribile.

 

Infine: gli arsenali atomici. Da ridurre certamente. Che ovvietà. Ma che c’entrano con l’emergenza “atomica” vera del momento? Che non ha a che fare con gli arsenali atomici (in riduzione da anni senza che Rovelli ne fosse informato). La minaccia vera è la proliferazione, la nascita di nuovi stati atomici. Che non hanno arsenali da ridurre e che vorrebbero farseli. E, così, indurre i vicini a farseli anch’essi per autodifesa. E sono Corea del nord, il drammatico ultimo “prodotto di fissione” del comunismo fossile, e l’Iran, la teocrazia islamica totalitaria, oggi “in onda” per turpitudine e fallimenti economici, che con l’atomica minaccia di distruzione lo stato ebraico? Perché Rovelli non trova il tempo di dare nome e cognome alla “minaccia atomica” reale? Perché scambia lucciole (Corea e Iran) per lanterne (gli arsenali atomici dormienti o in riduzione)? Rigore zero. Il miscuglio che lo scienziato, noto per il suo ateismo propagandato, fa di scopiazzature papiste maliziose (gli italiani descritti come “mercanti di armi”) e faziosità ideologiche di sinistra, di pacifismo a senso unico è ai limiti della decenza. Per finire: Rovelli scrive che è in attesa di partiti che testimoniino, per poterli votare, la sua bizzarra idea di “credibilità” circa le emergenze globali dell’Italia (guerre, riscaldamento, atomica, diseguaglianze). In realtà da ciò che scrive, dalle banalità, dai luoghicomunismi e dall’incompetenza che dimostra si sta, forse, solo dilaniando nel busillo tra due (convergenti) programmi politici ciarlatani: quello del gruppone incompetente di Di Maio e quello del grappino incompetente di Grasso. E fu così che la cotanta fisica del professor Rovelli dimostrò che, in politica, il “nulla” esiste. E resta il “niente”.