Un flash mob nella giornata nazionale contro la violenza verso medici e infermieri nel 2022 - foto Ansa

Violenza in corsia

Nel 2023 oltre 16mila aggressioni a medici e infermieri. Schillaci: "Sensibilizzare i cittadini"

Redazione

In prevalenza le vittime sono donne. "L'aspetto culturale è cruciale. Abbiamo il dovere di tutelare chi si prende cura della nostra salute. È una priorità", ha detto il ministro della Salute. Il sindacato degli infermieri: "Fenomeno figlio del cattivo funzionamento del sistema sanitario"

Nel 2023 sono state segnalate oltre 16mila aggressioni contro medici, infermieri e più in generale nei confronti di tutti i lavoratori del mondo sanitario e ospedaliero. Si tratta di aggressioni fisiche, verbali e contro la proprietà degli operatori. È il dato che emerge dal monitoraggio dell'Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie (Onseps), istituito dal ministero della Salute e che ha specifici compiti di monitoraggio, studio e promozione di iniziative volte a garantire la sicurezza dei professionisti sanitari. Oltre al monitoraggio del governo, ci sono i dati anche di Inail e dei suoi assicurati. Il quadro completo è stato presentato oggi, 12 marzo, in occasione della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari.
 

"Troppo spesso arrivano notizie di aggressioni fisiche, alcune particolarmente violente che possono provocare la morte di operatori sanitari. Ogni volta che un professionista sanitario perde la vita sentiamo un senso di sconfitta che non vogliamo e non possiamo permetterci", ha detto il ministro della Salute, Orazio Schillaci, intervenendo all'evento organizzato al ministero. "Abbiamo il dovere – ha proseguito – di fare in modo che quanti si prendono cura di noi, della nostra salute, lavorino senza dover temere per la propria incolumità". I numeri, intanto, raccontano storie di "donne e uomini che hanno subito aggressioni, fisiche o verbali, che comportano sofferenza, paura di tornare al lavoro, ricadute emotive e psicologiche. E nei casi più tragici lutti e dolore per le famiglie".
 

Secondo quanto riporta il monitoraggio del ministero, le segnalazioni in prevalenza arrivano da professioniste donne, che nel settore rappresentano il 65 per cento della forza lavoro. Mentre l'ambito delle maggiori segnalazioni è quello del pronto soccorso. Il monitoraggio è stato chiesto dal ministro della Salute Orazio Schillaci ed è il primo che tiene conto di una rilevazione fatta dalle regioni. L'obiettivo era dare una fotografia omogenea del fenomeno.
 

A maggio 2023 sono state introdotte pene più severe per chi aggredisce un medico o un infermiere (da 2 a 5 anni di reclusione anche in caso di lesioni non gravi o gravissime), attraverso quello che era il "decreto bollette". Inoltre, attraverso un'iniziativa con il ministero dell'Interno, sono stati potenziati i posti di polizia negli ospedali. Un problema che è stato da subito un "priorità" per il governo e per il ministro Schillaci: "Abbiamo introdotto la procedibilità d'ufficio per chi aggredisce un operatore sanitario, inasprito le pene per gli aggressori e potenziato, insieme al ministro Piantedosi, i presidi di polizia negli ospedali".

Ma non solo. Per il ministro, "la formazione è essenziale per dare ai professionisti sanitari gli strumenti utili a prevenire e gestire il fenomeno della violenza". Allo stesso modo "è fondamentale  informare e sensibilizzare i cittadini. L'aspetto culturale è cruciale e per questo abbiamo lanciato un’attività di sensibilizzazione, in collaborazione con le federazioni e gli Ordini professionali. Vogliamo che si recuperi un rapporto di alleanza tra cittadini e operatori sanitari".

Durante tutto lo scorso anno è stata lanciata anche la campagna comunicativa "La violenza non cura" che ha avuto essenzialmente tre obiettivi: informare i cittadini sulla gravità che rivestono gli atti di violenza nei confronti del personale sanitario, promuovere un sentiment positivo nei confronti degli operatori sanitari che dovrebbero essere visti come professionisti quotidianamente impegnati a far funzionare al meglio un servizio fondamentale per la comunità e ricostruire il rapporto di fiducia con la popolazione, che valorizzi il lavoro dei professionisti della salute impegnati a far funzionare il sistema sanitario.
 

"Vorremmo poter dire di aver voltato pagina e invece, purtroppo, siamo ancora lontani da una soluzione al gravissimo problema delle aggressioni nei confronti degli operatori della salute", ha poi detto Andrea Bottega – segretario nazionale del Nursind, il sindacato delle professioni infermieristiche. "Lo dico con l'amaro in bocca, rappresentando la categoria più colpita nella sanità. Sia che si tratti di violenze fisiche e sia che si tratti di violenze verbali, infatti, gli infermieri hanno il triste primato di essere le principali vittime di aggressioni, come rivelano tutti i dati, inclusi quelli raccolti dall'odierno Osservatorio nazionale".

Del resto, continua, "non può che essere così, dal momento che questo fenomeno è figlio del cattivo funzionamento del nostro Ssn di cui si dà il caso che questi professionisti rappresentino la prima interfaccia. Basta solo smetterla di nascondere la testa sotto la sabbia. Ben vengano i presidi di polizia, ma non è militarizzando gli ospedali che si può eradicare il problema. Di fronte a disservizi e mancate cure, infatti, non c'è presidio difensivo che tenga. Solo riorganizzando il nostro Ssn e quindi investendo in sanità si potranno dare le sacrosante risposte di cura ai cittadini che non avranno più motivi per scaricare la loro rabbia contro i sanitari", ha concluso Bottega.